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Lo Sposo

© 1999 Domenico Liberati

Letz era stravolto, sfinito. Un'altro insuccesso, un altro fallimento che lo avrebbe ridicolizzato agli occhi della Regina.
Si guardò attorno: il suo cuore batteva veloce. Nella vasca, ormai limpida, lo vedeva: orribile, ripugnante, morto. Letz uscì all'aria aperta e respirò forte. L'aria fresca della valle lo rilassò e lo aiutò a riprendersi dall'emozione. Bisognava prendere una decisione: fuggire o ritentare per l'ultima volta. Si inoltrò nel bosco e lentamente tra i fruscii delle foglie e tra sibili confusi il groviglio dei suoi pensieri andava diradandosi.
Bisognava ritentare, ma questa volta lo avrebbe fatto a modo suo. Decise di agire secondo i propri principi e non secondo i modi imposti dalla Regina: tutto ciò avrebbe potuto condurre a due diverse soluzioni, la morte o il successo. Lentamente, sotto un sole brillante e caldo, risalì il sentiero verso il laboratorio: una vecchia costruzione circondata dalla vegetazione.
Da anni viveva solo in quel posto. Da anni cercava di creare il degno sposo per la Regina. Da anni sopportava i rimproveri crudeli per i suoi insuccessi. Ritornò nel laboratorio e si fermò sulla soglia: respirò gli odori fastidiosi dei soluti organici che bollivano nella vasca: guardò quel corpo maestoso e possente immobile e privo di vita, disteso sul fondo. Gettò un urlo di disperazione, il suo lavoro e la sua vita erano in bilico: il tempo a sua disposizione diminuiva impietosamente.
Ma Letz capì in un solo istante che la soluzione era unica e imprevedibile. Si affacciò alla finestra e contemplò la valle, respirò profondamente e riprese il lavoro.
Il suo lavoro ricominciava, ma con nuove direttive. Si sbarazzò del corpo, rimise a punto tutti gli strumenti, sterilizzò tutte le apparecchiature e iniziò i suoi nuovi calcoli. Questa volta non avrebbe fallito. Per circa dieci giorni, lavorò assiduamente al calcolatore dal quale riceveva le informazioni esatte per la nuova creazione. I risultati dei calcoli furono soddisfacenti e immediatamente iniziò l'opera.
La regina era stata precisa e non si poteva agire di testa propria: le proporzioni, i connotati dovevano essere indiscutibilmente come da progetto ed era proprio questa la difficoltà che Letz aveva sempre avuto, quella di creare un essere mostruoso: ma questa volta era sicuro di non sbagliare, e già si figurava la creatura viva e possente al termine del suo lavoro. Era in anticipo sui tempi e pensò di uscire e di mangiare qualcosa: erano almeno tre giorni che non lo faceva. Discese il sentiero e si inoltrò nel bosco in preda ai suoi pensieri: staccò da un albero un frutto maturo e ne sorbì il succo, bevve nel piccolo ruscello che scorreva silenzioso nel fresco degli alberi, si distese e si addormentò.
A svegliarlo improvvisamente fu un assordante rumore dal cielo: erano i messi della regina che venivano ad informarsi del lavoro: Letz si alzò di scatto e risalì verso il laboratorio dove ad attenderlo c'erano già due guardie. "Allora, professore" disse uno di loro "la Regina è impaziente. Come va il lavoro ?" Letz lo guardò con aria indispettita: "potete anche andarvene e dite alla Regina che può stare tranquilla: i tempi di consegna saranno rispettati. E ora, cari signori, lasciatemi in pace. ho bisogno di tutta la concentrazione possibile".
Rientrò nel laboratorio senza salutare e attese, seduto, che se ne fossero andati. Prese dal banco la cartella dei dati sperimentali, tolse dall'azoto liquido gli aggregati che aveva progettato e iniziò il suo ultimo lavoro. Nei giorni successivi la creatura iniziò la sua vita vera e propria modificandosi e aggiustandosi secondo i precisi schemi decisi da Letz.
Giunse il giorno stabilito. Puntuale come ella era sempre, la Regina giunse. Annunciata dal frastuono della sua nave, atterrò sul pianeta e maestosamente salì fino all'uscio della costruzione ad attendere il suo sposo. Letz capì che il momento era giunto. il suo volto si contorse in un ghigno crudele.
Uscì dalla vasca e si specchiò: questa volta la regina avrebbe avuto il suo sposo .