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10. Cyberpunk

 

Il cyberpunk è la più recente corrente letteraria della fantascienza, inaugurata negli anni Ottanta da William Gibson* e teorizzata da Bruce Sterling*. Indaga gli effetti dell'irruzione del computer e delle nuove tecnologie nella vita e negli stessi corpi umani. Una letteratura cibernetica e un filone neuromantico per i quali la mente è come una cassettiera in cui è possibile innestare, grazie alla tecnologia, ricordi o emozioni.

James G. BALLARD, The Atrocity Exhibition, 1970

[La mostra delle atrocità, Bompiani, Milano 1995]

Secondo Larry McCaffery, questo è il libro di Ballard che ha contribuito a plasmare lideologia e lestetica cyberpunk. The Atrocity Exhibition raggruppa in un corpo unico quindici distinte storie, pubblicate tra il 1966 e il 1969. Il filo che lega i testi non è certamente il plot (la storia), ma latmosfera. Ballard ha dichiarato: Ho cercato di analizzare quello che succede nel punto in cui si incontrano il sistema dei media e il nostro sistema nervoso.

Si può considerare The Atrocity Exhibition come la risposta di Ballard alla paranoia, alla violenza e al caos che attanagliavano gli Stati Uniti negli anni Sessanta. Il punto più alto è nellultimo capitolo, dal titolo lunghissimo: Lassassinio di John Fitzgerald Kennedy considerato come una gara automobilistica in discesa (verrà incluso anche nella raccolta di racconti The Day of Forever).

Il libro è una sorta di nucleo magmatico delle idee che animano tutti i suoi romanzi, sempre estremi. La radicalità di Ballard sta nel fatto di estremizzare la modernità, una modernità che diventa mitologia (...) portando alle più radicali conseguenze situazioni già esistenti nel nostro quotidiano (Decoder).

Nel 1970 la Doubleday mandò al macero la prima edizione di The Atrocity Exhibition, preoccupata delle possibili conseguenze legali per il testo Ecco perché voglio fottere Ronald Reagan. Il libro uscì negli Stati Uniti con il titolo Love and Napalm: Export USA (1972).

 

William Gibson*, Neuromancer, 1985

[Neuromante, Nord, Milano 1984]

Con questo romanzo-culto nasce il successo di William Gibson* e si afferma la definizione "cyberpunk" per indicare una precisa tendenza della narrativa fantascientifica. Ipotizzando un futuro molto prossimo, Gibson* fonde atmosfere noir e tecnologia hard, narrando le avventure di John Case, un cowboy della consolle, abilissimo nel muoversi all'interno dello spazio cibernetico, ma anche intenzionato a trarre profitti personali da questa sua dote. Case era il migliore nel suo campo, ma aveva perso la possibilità di navigare nel ciberspazio perché il suo sistema nervoso era stato danneggiato come ritorsione ad uno sgarro: quando i suoi furti cibernetici confliggono con gli interessi di forze economiche e criminali e potenti, per Case iniziano i problemi.

Le pagine del libro sono un'ottima occasione per immaginare i futuribili viaggi nel ciberspazio, che ricordano nella scrittura di Gibson* un'escursione nei sogni o nelle visioni psichedeliche. Secondo Scott Bukatman, Neuromancer trasformava lo spazio dei terminali rendendolo in termini fisici. Il linguaggio complesso di Gibson*, però, perde molto nella traduzione italiana, che non a caso è stata da più parti criticata. Lo stesso titolo originale, Neuromancer, è in parte intraducibile, perché in italiano si perde ogni allusione al "romanticismo" cibernetico, che invece è costitutivo dell'estetica di Gibson*.

Il romanzo ha vinto il Premio Hugo nel 1985, oltre al Premio Nebula e al Premio Philip K.Dick.

 

Bruce STERLING* (a cura di), Mirrorshades, 1986

[Mirrorshades, Bompiani, Milano 1994]

Mirrorshades (occhiali a specchio) è il titolo dato da Bruce Sterling* a questa antologia che raccoglie il meglio della allora nascente fantascienza cyberpunk. Mirrorshades group fu infatti uno dei primi nomi usati per indicare alcuni scrittori che, oltre ad avere un legame generazionale, si nutrivano di una comunanza di punti di vista, di temi, di certi strani simboli. Gli occhiali a specchio erano proprio uno di questi simboli: significavano imperscrutabilità, limpossibilità alle forze della normalizzazione di accorgersi se uno è impazzito, se è potenzialmente pericoloso. Quando nel 1986 Gardner Dozois (il curatore della Isaac Asimovs Science Fiction Magazine) conia il termine cyberpunk, il gioco è fatto.

Cyber = pulito, punk = rifiuto: insomma la cibernetica, la scienza pulita per il controllo degli organismi artificiali, e il punk, la rottura di gruppi musicali come i Sex Pistols che sputano sul pubblico e dei Clash dellalbum Sandinista che si scagliano contro le Sette Sorelle. E questo il mondo che traspare da Mirrorshades, una nuova sensibilità elettronica, macchine e reietti, high-tech e garage-band, lunione di anima e corpo concretizzata nella creazione di interfacce sofisticate che penetrano nella carne.

Nella sulla introduzione, Sterling* dice che per gli scrittori cyberpunk la tecnologia è qualcosa da vivere in maniera viscerale. E si deve usare la tecnologia contro chi ne ha fatto uno strumento di potere: così, in Mozart con gli occhiali a specchio, scritto da Sterling** e Shiner*, si discute sul vero significato di sviluppo, troppe volte confuso con sfruttamento.

 

William GIBSON**, Burning Chrome, 1986

[La notte che bruciammo Chrome, Mondadori, Milano 1994]

Ulteriore libro-culto del movimento cyberpunk, questa raccolta di racconti (alcuni scritti in collaborazione con John Shirley*, Bruce Sterling**, Michael Swanwick*) riunisce le più importanti storie brevi di Gibson**, dove si trovano accennati, con un linguaggio fortemente contaminato dallhard boiled, tutti i temi e i personaggi dei romanzi che seguiranno, dai cowboy della consolle agli innesti software ed hardware sul corpo umano: un approccio destinato a cambiare gli orizzonti della science fiction, proiettandola in un futuro immediato dominato dai computer e dalla rete, e operando una fusione con lestetica noir

Incontriamo assassine professioniste con protesi incorporate, la yakuza (la mafia giapponese) al servizio delle più importanti multinazionali, tecnocrati e contrabbandieri. Ma i veri protagonisti di questo mondo degradato, dove la nuova cultura della realtà virtuale ha sostituito tutti i valori, sono gli hacker, i pirati informatici che operando nel ciberspazio (cyberspace: un non-luogo generato dalla matrice, che Gibson** è stato il primo a descrivere in maniera compiuta) diventano gli unici ad opporsi allo strapotere delle multinazionali.

Non mancano i testi lirici e commoventi, come Fragments of a Hologram Rose (Frammenti di una rosa olografica), scritto da Gibson** nel 1977.

Uno dei racconti è alla base del film Johnny Mnemonic, diretto nel 1995 da Robert Longo.

 

Michael SWANWICK*, Vacuum Flowers, 1987

[Lintrigo Wetware, Nord, Milano 1988]

Rebel Elizabeth Mudlark non ricorda molto del suo passato. Quando si risveglia sul pianeta Eros, si trova imprigionata in un corpo che non è il suo. Niente di strano, dato che in questo ipotetico futuro (già prefigurato da Swanwick* nel suo racconto del 1980 Ginungagap) è possibile integrare e sostituire le personalità proprio come si fa con un programma per computer. Il fatto è che intorno a Rebel si scatena una caccia feroce, perché lei rappresenta qualcosa di speciale.

In Vacuum Flowers, oltre ad alcuni temi della fantascienza hard, appaiono molti personaggi che si possono riprogrammare, tema ripreso anche da altri scrittori cyber (vedi, per esempio, i romanzi di Pat Cadigan*). Ma soprattutto interessante è lidea del wetware, concepito da Swanwick* come reti o strutture neuronali che partecipano al processamento dellinformazione di un organismo. Lintera Terra è diventata un enorme organismo, una rete, che elabora informazioni (non si può non pensare, oggi, ad Internet). Il riferimento - indiretto - è al fenomeno della globalizzazione: linterrogativo che viene posto da Swanwick*, qui più che altrove proiettato verso la trascendenza, è se questo sia un arricchimento o un impoverimento. Piergiorgio Nicolazzini ha definito Vacuum Flowers un tour de force... una delle punte di diamante del cyberpunk anni 80.

 

Pat CADIGAN*, Mindplayers, 1987

[Mindplayers, ShaKe, Milano 1996]

Cosè il mindplay? Si tratta di una sorta di telepatia che si ottiene grazie allimpiego dei computer. Con il mindplay Allie la Sfinge - unex criminale in libertà che ora svolge la funzione di psicoterapeuta - riesce a navigare nei pensieri e nel subconscio dei suoi pazienti, utilizzando la macchina pathosfinder, condividendo con loro gli incubi e le allucinazioni. Nel mondo di Mindplayers - in modo simile a The Dream Master di Roger Zelazny* e a certi testi di Philip K. Dick* - si possono prendere in franchising le personalità e i ricordi possono essere clonati. E lo spazio mentale condiviso con altri in cui agisce Allie è una realtà consensuale che, secondo Antonio Caronia e Domenico Gallo, si trova in bilico tra unesperienza onirica e la materializzazione dellinconscio... una dimensione analoga allallucinazione consensuale introdotta da Gibson*.

Mindplayers è il romanzo desordio di Pat Cadigan*. Fin da questa prima opera si evidenzia il suo interesse per i mondi interni alla mente umana e per linterfaccia uomo/macchina, esplorata in tutte le possibili varianti. Per definire Pat Cadigan* e questo libro si sono usati molti termini: cyberfemminismo letterario, psychopunk. Di certo la scrittrice si dimostra veramente ricca di immaginazione, tanto che lo stesso William Gibson** ha detto di essere rimasto impressionato dai suoi lavori.

 

Bruce STERLING*, Islands in the Net, 1988

[Isole nella rete, Fanucci, Roma 1994]

Sulla scia del suo primo successo, Schismatrix (1985), un grande affresco di storia futura ipertecnologica, Sterling* torna ad occuparsi di un intrecci cibernetici. In questo caso i riferimenti politici sono più trasparenti, perché lambientazione è in un futuro più vicino (il 2023) e la descrizione dei grandi potentati delle comunicazioni non si discosta troppo da una realtà già esistente. Come scrive Dario Voltolini, la letteratura cyberpunk, che parla del domani per parlare delloggi, ha in Isole nella rete un testo che parla di domattina per dirci di stasera.

Come in gran parte dei romanzi cyberpunk, si scorge linfluenza dei romanzi dazione, per quanto rimaneggiata in chiave cibernetica. Con meccanismi da thriller, e modelli ereditati dalla narrativa di spionaggio, Sterling* narra di fuorilegge cibernetici (annidati nei Caraibi e in oriente) armati di fantastici ritrovati tecnologici, in lotta contro le multinazionali politico-industriali che dominano le società dellavvenire. Ma Sterling* illustra nello stesso tempo la sua attitudine al ciber-riformismo, fantasticando di democrazie economiche in cui le corporations sono basate sullo spirito di comunità, con radici pacifiste e politically correct, come la Rizome di Laura Webster, la protagonista del romanzo, dove il consiglio di amministrazione è eletto dai soci.

Il libro ha vinto il premio John W.Campbell del 1989.

 

Tom MADDOX*, Halo, 1991

[Halo, Phoenix, Bologna 1997]

In questo suo primo romanzo Maddox*, uno dei pionieri letterari del ciberspazio e della realtà virtuale, contamina le atmosfere cyberpunk con il noir, fondendo un intreccio thriller con i temi dellingegneria genetica e delle tecnologie informatiche.

Le sezioni del libro, aperte da citazioni di Jean Baudrillard, Donna Haraway e Jorge L. Borges, indagano, in un linguaggio molto singolare, le prospettive dellintelligenza artificiale e cercano di esplorare il limite tra la vita e la morte, tra il sé e laltro. La storia prende lavvio da un enigma di difficile comprensione e che va oltre le possibilità umane: ad assumere ruolo di primaria importanza nellintreccio, allora, sarà la travagliata scoperta di sé e del mondo da parte di una Intelligenza Artificiale, Aleph (palese richiamo proprio a Borges), che diventa lio narrante e il vero protagonista di Halo. Aleph, o meglio la sua mente composta di sfere e cavi sepolti nel cuore della città, disquisisce sulla vita e sulla morte.

Aleph è la macchina ordinatrice universale, ma deve scoprire la sua vera natura, la sua identità: questa indagine pone le basi per una riflessione esistenziale più profonda sulle realtà tecnologiche e sulla complessità della vita umana e artificiale. Insomma, Maddox* ci indica come la macchina, dopo essere riuscita ad acquisire lautodeterminazione, si interroghi su se stessa.

 

Neal STEPHENSON, Snow Crash, 1992

[Snow Crash, ShaKe, Milano 1995]

Hiro Protagonist divide la sua vita in due: di giorno è un recapitator per la CosaNostra Pizza, di notte invece diventa un hacker freelance solitario, un avatar, e si proiettata nel Metaverso, la realtà parallela digitale dove la matrice è ormai diventata un secondo mondo. Nel Metaverso, che è il vero protagonista di Snow Crash, esistono città enormi dove ognuno, in contrasto con la vita diurna, ha i suoi spazi e può rivestire i panni che più desidera. Improvvisamente, allinterno di questo fantastico mondo virtuale viene diffuso un virus molto potente, lo Snow Crash per lappunto, che colpisce chi opera nel Metaverso. Quando ormai il destino di unintera comunità sembra segnato, entra in scena proprio Hiro.

Fortemente visionario, il libro di Stephenson è nato dal tentativo di scrivere un romanzo grafico, cioè interamente creato al computer. Lautore, nel preparare il suo lavoro, oltre a scrivere ha programmato molto e ha collaborato con lartista Tony Sheeder. Ma alla fine il suo proposito innovativo non ha trovato sbocco, ed il romanzo grafico è diventato un romanzo nel normale senso della parola.

Segnalato come uno dei testi migliori della seconda generazione cyberpunk (la rivista The Voice ha definito Stephenson il Quentin Tarantino della fantascienza postcyberpunk), Snow Crash ha vinto nel 1994 il premio Arthur C. Clarke.

 

William GIBSON*, Virtual Light, 1993

[Luce virtuale, Mondadori, Milano 1994]

In un suo saggio Lance Olsen ha scritto che i personaggi di Gibson* non vanno da nessuna parte, ma viaggiano a una velocità terribile. Effettivamente i primi romanzi di questautore quasi non attribuivano importanza alla trama e si concentravano sulle ambientazioni e sul linguaggio. Rispetto agli altri romanzi di Gibson*, Virtual Light è una storia più naturalistica, con più forti richiami alla realtà contemporanea e un linguaggio più scorrevole. Lo scenario è la California del prossimo secolo, immersa in un degrado che aveva trovato nella rivolta di Los Angeles del 1992, scoppiata mentre Gibson* stava scrivendo, la testimonianza più diretta ed eclatante.

In una San Francisco semidistrutta dal terremoto, Chevette Washington corre sulla sua bicicletta per consegnare plichi. Chevette è un corriere che cade nella tentazione di rubare un paio di occhiali. Ma questi occhiali sono in molti a volerli: ecco perché sulle sue tracce viene sguinzagliato Berry Rydell, un ex poliziotto, protagonista della prima parte del romanzo, un detective cocciuto, solitario e profondamente onesto che ricorda Marlowe, secondo Delio Zinoni.

Ritorna - e si perfeziona - lo schema narrativo preferita da Gibson* fin dai primi romanzi della trilogia dello Sprawl, cioè la ricerca di un oggetto o di una persona, una struttura ripresa dallhard-boiled classico.

 

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