4. Catastrofi
La descrizione della catastrofe ha attratto la fantascienza
sin dai suoi primi passi. Si tratta di romanzi e racconti che immaginano gli
effetti di immani disastri: possono essere disastri ecologici (nubi velenose,
alterazioni drammatiche dellecosistema) o bellici (scenari postatomici , civiltà
distrutte dai conflitti), spesso in relazione ad invasioni dallo spazio. Storie
a carattere apologetico, dunque, che analizzano la mutazione dell'ambiente
e della vita degli esseri umani come conseguenza della catastrofe.
M.P. SHIEL, The Purple Cloud, 1901
[La nube purpurea, Adelphi, Milano 1967]
La fine del mondo è stata elaborata più
volte dallimmaginario umano. Sotto forma di catastrofe appare nella letteratura
di fantascienza già in alcuni precursori, secondo modalità e
schemi che ritorneranno più volte nei testi del genere. Un esempio
importante in questo senso è rappresentato da The Purple Cloud, dove
uneruzione vulcanica rilascia nellatmosfera il pericoloso gas idrocianico,
che risulta irrespirabile per tutti i mammiferi.
La nube rossastra del gas mortale farà strage,
e sopravviveranno solo due persone, un uomo e una donna. Come moderni Adamo
ed Eva daranno di nuovo adito alla speranza, perché il progresso e
levoluzione dellumanità - insegna Shiel - non possono essere fermati.
Ma gran parte del romanzo descrive la solitudine del superstite maschile,
sullorlo della follia di fronte alla sciagura globale che ha investito lumanità.
Matthew Phipps Shiel, tipico esponente della comunità letteraria britannica
di fine secolo, inserì nel testo le sue riflessioni sulla fragilità
e relatività delluomo di fronte a forze più potenti e inconoscibili
Un romanzo-ammonimento, dunque, al quale nel 1913
si ispirarono Arthur Conan Doyle con The Poison Belt, e J.H. Rosny con La
force mystérieux, due storie di gas velenosi. Ma Shiel, che scrisse
tra laltro varie storie sulle guerre del futuro, ottenne anche gli apprezzamenti
incondizionati di H.P. Lovecraft*.
John WYNDHAM*, The Day of the Triffids, 1951
[Il giorno dei Trifidi, Mondadori, Milano 1974]
Negli anni Cinquanta gli scrittori inglesi si sono
ripetutamente occupati di temi catastrofici: uno dei risultati più
impressionanti di questa ossessione britannica per il disastro è senza
dubbio The Day of the Triffids. Il romanzo apparve a puntate sulla rivista
popolare Colliers ed ebbe un immediato successo, grazie anche allinvenzione
di alieni sotto forma vegetale.
La catastrofe che potrebbe portare alla fine del
mondo ha inizio quando una meteora acceca quasi tutti gli abitanti dellInghilterra,
con la sua fortissima luce. Solo poche persone riescono ancora a vedere, e
quindi possono fronteggiare linvasione di una torma di gigantesche piante,
animate e assassine. I significati metaforici sono evidenti: la cecità,
il pericolo di uninvasione, infine la soluzione dopo mille peripiezie. Ma
Wyndham* non lascia spazio a troppo facili ottimismi, perché la lotta
è ancora lunga e difficile, come suggeriscono le ultime righe del romanzo:
Dovremo ancora lavorare per anni, forse per decenni, prima che i nostri figli
o i nostri nipoti possano riavventurarsi liberamente su questa Terra che già
fu dominio delluomo. Soltanto allora lera dei trifidi potrà dirsi davvero
terminata.
Dal romanzo di Wyndham* è stato tratto il
film The Day of the Triffids (Linvasione dei mostri verdi - Il giorno dei
Trifidi, 1963) e una serie televisiva prodotta dalla Bbc nel 1981.
John CHRISTOPHER, The Death of Grass, 1957
[Morte dellerba, Mondadori, Milano 1973]
Uno squilibrio ecologico provocato dal micidiale
virus Chung-Li provoca la morte delle graminacee, comprese quindi le erbe
che contribuiscono allalimentazione umana, grano, avena, orzo, segale. Presto
spariscono anche la carne, il formaggio e il pollame. La situazione drammatica
è descritta nella lettera di un protagonista del romanzo: Nella valle
non è rimasto un solo filo derba. Ieri ho ucciso le ultime mucche.
Ho sentito dire che a Londra, lo scorso inverno, alcuni hanno avuto il buon
senso di ingrandire i magazzini frigoriferi. Ma non saranno sufficienti a
contenere tutte le bestie che verranno macellate nelle prossime settimane.
Io sto salando le mie. Anche se le cose andranno per il meglio, ci vorranno
anni prima che questa nazione torni a conoscere la carne fresca, o il latte,
o il formaggio.
Il mondo precipita nel caos, e la violenza prende
il sopravvento. The Death of Grass si concentra su un gruppo di sopravvissuti
inglesi, costretti ad armarsi per difendere se stessi e le proprie famiglie.
Assistiamo così al mutamento della personalità di individui
comuni e tranquilli, che le circostanze catastrofiche inducono a trasformarsi
in una sorta di guerriglieri in lotta contro i propri simili
Nel 1970 il regista Cornel Wilde ha girato No Blade
of Grass (2000: la fine delluomo), tratto dal romanzo di Christopher.
Walter MILLER*, A Canticle for Leibowitz, 1960
Un cantico per Leibowitz, La Tribuna, Piacenza 1964]
Nato dalla fusione di tre racconti, A Canticle for
Leibowitz prefigura la dispersione del sapere scientifico in seguito ad uno
spaventoso conflitto planetario. I sopravvissuti danno inizio ad una faticosa
risalita verso la riorganizzazione sociale, ma sembra che il fango nucleare
abbia bruciato ogni cosa: tutto ciò che è stato prodotto dalla
cultura umana pare perduto. In mezzo a tribù che vivono allo stato
primitivo, i monaci dell'ordine di Leibowitz (nome di uno scienziato del XX
secolo) tentano di ricucire i brandelli di quella che era stata una cultura
fiorente. Il protagonista del romanzo è Francesco: egli copia, senza
capirle, le frasi e le formule riportate nei libri che gli sono stati affidati.
E da questo lavoro di devozione nascerà un nuovo rinascimento che porterà
la società ai livelli raggiunti prima dellolocausto, anche se all'orizzonte
si affaccia un nuovo conflitto.
Più che sulla scienza, però, il romanzo
si concentra sulla dimensione religiosa (Miller* si era convertito al cattolicesimo
nel 1947, dopo il trauma della Seconda guerra mondiale). Lordine di Leibowitz
immaginato da Miller* è una vera e propria chiesa, svincolata dai legami
con il potere che invece caratterizzano la comunità scientifica. Le
riflessioni di Miller*, così, si avvicinano a quel tipo di science
fiction a sfondo religioso inaugurato da C.S.Lewis*.
Kurt VONNEGUT*, Cats Cradle, 1963
[Ghiaccio nove, Rizzoli, Milano 1986]
Sintetizzare la trama di Cats Cradle non è
facile. Il romanzo infatti è costituito da un disorganico insieme di
appunti, citazioni, frasi... I personaggi che si accavallano sulle pagine
sono decine, mentre lunica presenza costante è quella del narratore.
Il protagonista del romanzo è reduce da
una serie di fallimenti. Egli decide di indagare sulla vita del dottor Hoenikker.
Costui, prima di morire, ha affidato ai tre figli la sua scoperta, lice-nine
(il ghiaccio nove) in grado di gelare qualsiasi sostanza con cui venga a contatto.
Come di consueto nelle storie di Vonnegut*, i nomi
dei personaggi rientrano sempre in un grande gioco simbolico. Ed infatti ironicamente
i tre figli dello scienziato Hoenikker, che con il loro atteggiamento folle
ed irrazionale contribuiscono alla distruzione dellumanità, si chiamano
Franklin, Newton e Angelo.
Ma il simbolismo di cui Vonnegut* permea ogni sua
composizione di SF si esprime proprio nella terribile sostanza congelante,
un surrogato molto potente della bomba atomica. Arma destinata a congelare
e a distruggere la Terra e i suoi abitanti, lice-nine rappresenta il gelo
che si nasconde nellanima delluomo, la desolazione della vita moderna. Quando
questo liquido si sparge sulla terra, significa che lumanità ha già
perso la sua battaglia contro il male.
Infine, è interessante constatare come alcune
immagini finali di questo romanzo, in cui la sostanza chimica dellice-nine
muta istantaneamente ogni materia in biancore mortale, ricordino certe pagine
di The Crystal World, il romanzo di Ballard*.
James G. BALLARD*, The Drought, 1964
[Terra bruciata, Mondadori, Milano 1989]
Uno strato nebuloso, causato da una perdita industriale,
rende impossibile levaporazione e provoca così una terribile siccità
su tutto il globo terrestre. E questo il nucleo centrale di The Drought, uno
dei primi romanzi di Ballard*.
Luniverso descritto dallautore è puramente
meccanicistico, dove si attiva un processo implacabile non appena luomo viene
a turbare le leggi che lo regolano. Sono le scorie industriali, infatti, a
provocare sulle superfici marine una pellicola che impedisce levaporazione.
The Drought essenzialmente è il racconto
di una catastrofe, quando su tutto il pianeta cessa ogni precipitazione piovosa.
La narrazione è dominata dalla sabbia (e correlati, come polvere, cenere,
sale). I paesaggi consistono in letti di fiumi asciutti, distese fangose,
dune di sabbia e la fuliggine degli edifici in fiamme che ottenebra laria.
Ballard* è sempre stato un maestro nelle metafore della distruzione
ecologica (cfr. gli altri romanzi del ciclo Terra-Acqua-Fuoco-Aria), e qui
offre lefficace suggestione della distesa di sabbia. Per Ballard* lacqua è
il simbolo del passato, e la sabbia il simbolo del futuro: una sabbia secca
e sterile, essenzialmente informe.
Come nota giustamente David Pringle, in The Drought
- e in altri suoi racconti - Ballard* crea unimmagine del futuro in cui luomo
è diventato una creatura sempre più mentale ed intellettuale,
allontanandosi dalle sue radici biologiche e inaridendo ogni pulsione naturale,
fino ad assomigliare a sabbia, appunto.
Philip K. DICK*, Doctor Bloodmoney. Or We Got
Along After The Bomb, 1965 [Cronache del dopobomba, Einaudi, Torino 1997]
Alla fine, le bombe cadono e distruggono tutto.
Pochi i sopravvissuti, che non sono più gli stessi e lentamente si
trasformano in freak. In una realtà del genere Hoppy, il focomelico
dotato di poteri psi, diventa un personaggio di primo piano, una sorta di
semidio. In sintesi è questo il cuore narrativo di Doctor Bloodmoney,
ambientato in un piccolo centro della California, un mondo in cui la natura
ha subìto, dopo le esplosioni, molte mutazioni. I ritmi vitali, poi,
sono scanditi dal passaggio di unastronave bloccata in orbita, dalla quale
Walt Dangerfield manda messaggi alla Terra (a simboleggiare lisolamento delluomo
in una situazione del genere).
Philip Dick* tiene fede alla sua fama di narratore
dellassurdo: le bombe che cadono una dopo laltra dal cielo non sono state
infatti scaricate dai russi o dai cinesi, ma da Washington. I sistemi di difesa
americani sono impazziti e, come un cancro, si sono rivoltati contro il proprio
corpo. Scrive Dick*: Era la guerra e la morte, sì, ma per errore (...)
era come essere investiti dalla propria automobile. Era una cosa reale, ma
senza senso.
Nella realtà del dopobomba ci sono funghi
mutanti, camion a legna, faine volanti e automobili a cavallo. I gatti hanno
sviluppato nuovi modi di comunicare e sembra che siano diventati molto aggressivi,
assalendo i bambini piccoli: nel dopobomba di Dick* la superstizione e le
leggende tornano a farla da padrone e parlano addirittura di mostri marini.
James G. BALLARD*, The Crystal World, 1966
[Foresta di cristallo, Longanesi, Milano 1975]
Quarto romanzo di Ballard*, The Crystal World chiude
il ciclo con The Wind From Nowhere, The Drowned World e The Drought, completando
la serie dei romanzi catastrofici basati sui quattro elementi.
Il dottor Sanders arriva nellAfrica centrale a
seguito di una strana lettera inviatagli da un amico. Lì egli si troverà
intrappolato in una fantastica foresta cristallizzata. Terra, piante, animali
e uomini subiscono infatti una mutazione molto simile a una specie di lebbra:
in realtà è il prodotto di lontane forze che stanno causando
la divisione delle galassie. Il romanzo, insomma, associa stelle e cristalli,
come già avvenuto in tanta letteratura fantascientifica del passato.
Il cristallo per Ballard* simboleggia leternità,
lassenza del tempo: il mondo di cristallo è senza tempo, è diventato
un frammento di eternità. Le cose viventi che vengono catturate in
questo processo non muoiono, ma finiscono imbalsamate per sempre. Nel mondo
di cristallo gli opposti si fondono: luce e buio, uomo e animale, vita e morte,
spazio e tempo, tutto si trasforma in un intero.
La narrazione riesce a riproporre la poesia di
molti dei racconti brevi di Ballard*, anche se la forma è meno sperimentale,
e se il romanzo paga un debito a Heart of Darkness di Joseph Conrad. Scrive
Brian Aldiss*, sullOxford Mail del gennaio 1963, a proposito di Ballard*:
In verità cè un solo tema importante che ricorre con fedeltà
ossessiva nei suoi scritti [...] è lentropia, la tendenza di
tutte le cose a tornare a uno stato più semplice e omogeneizzato, che
alla fine porterà, stando a quanto asserisce una scuola di pensiero
scientifico, alla morte termodinamica delluniverso.
David BRIN*, The Postman, 1985
[Luomo del giorno dopo, Nord, Milano 1987]
Romanzo intenso e visionario, The Postman è
la storia di uno strano viaggiatore che ha deciso di non far morire i ricordi
e le speranze.
Gordon Krantz è uno dei molti disperati
che percorrono unAmerica distrutta dalla Guerra Fatale e dallInverno dei Tre
Anni, il disastro ecologico che ne è seguito. La sua è una vita
senza scopo che trascorre passando da un villaggio allaltro, dove recita a
memoria brani shakespeariani in cambio di ospitalità e cibo. Una sorta
di cantastorie del medioevo prossimo futuro. Finché un giorno, per
dormire, si rifugia in una jeep dove trova lo scheletro di un postino e delle
lettere. Da quel momento la sua vita cambia, perché Gordon diventa
la speranza: passa per i pochi insediamenti rimasti e consegna lettere, non
sa nemmeno lui perché, spargendo la notizia che un neonato governo
dellest sta cercando di riportare la situazione alla normalità. Una
leggenda, ma Gordon dice alla gente quello che la gente vuole sentirsi dire:
ne rimarrà ben presto intrappolato.
Nato dalla fusione di diversi racconti, The Postman
è un romanzo epico sulla rinascita della civiltà in un mondo
regredito tecnologicamente, e minacciato da un esercito di fanatici con a
capo Nathan Holn. Non a caso Brin* si riallaccia al più grande racconto
epico mai scritto, con Gordon Krantz nei panni del novello Ulisse che nel
suo vagare affronta ogni sorta di pericolo.
Isaac ASIMOV*, Martin Harry GREENBERG, Charles
G. WAUGH (a cura di), Catastrophes!, 1981
[Catastrofi!, Mondadori, Milano 1984]
Una panoramica ad ampio raggio delle catastrofi
immaginate dalla science fiction è contenuta in questa antologia, curata
dal terzetto Asimov*-Greenberg-Waugh che nel corso degli anni ha pubblicato
innumerevoli raccolte analoghe. Qui sono collezionati venti racconti (scritti
tra gli anni Cinquanta e Settanta), divisi in cinque sezioni che indicano
tutte le varianti della catastrofe fantascientifica, in ordine decrescente
per gravità: la distruzione delluniverso, la distruzione del sole,
la distruzione della Terra, la distruzione dellumanità, la distruzione
della civiltà. Gli autori vanno dallo stesso Asimov* a Ben Bova*, Harlan
Ellison*, Edmond Hamilton*, Harry Harrison*, Fritz Leiber* (questultimo con
il suggestivo A Pail of Air, Un secchio daria, del 1951).
La tesi di Asimov* è che rispetto alla letteratura
realistica che si occupa di disastri, quella di fantascienza è più
interessante: E evidente che la fantascienza (come già accade per mille
altri motivi) offusca ogni altro tipo di narrativa: infatti, dove se non nelle
sue pagine si trovano i disastri più genuini? Proprio Asimov*, del
resto, aveva già pubblicato un saggio sulle catastrofi (Catastrofi
a scelta, Mondadori, Milano 1980) dove catalogava i diversi livelli di devastazione
e affidava alluomo la facoltà di decidere di non avere nessun tipo
di catastrofe.