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Prenderli per la gola

di

Massimo Mongai

 

"No signor ammiraglio, non ho sfruttato la nostra tecnologia per arricchire, lo giuro. Su questo pianeta della nostra tecnologia non sanno che farsene, anzi. E non ho usato nessuna forma di addestramento ricevuto, equipaggiamento o armi in dotazione per subornare i locali, figuriamoci, subornare i Gurbahtaellaesee! sarebbe più facile convincere un Neorazzista ad accoppiarsi con una Mutante.Lei non ci crederà ma ho seguito alla lettera il regolamento: mi sono adattato e confuso con la popolazione locale per quanto mi era possibile.

Non dico di non aver tentato di violare il regolamento, no, onestamente ero disperato e ci ho provato ma non ha funzionato, anzi mi ha ficcato più che mai nei pasticci ed i soldi che ho guadagnato me li sono guadagnati con il sudore della fronte. Anche se sembra difficile crederci, lo so: ho fatto portare a bordo quasi due tonnellate d'oro, di platino e di pietre preziose di tutti i tipi, ma giuro li ho guadagnati onestamente. Naturalmente, per provarlo sono disposto a sottopormi a qualunque siero o macchina lei voglia usare ma solo per sua tranquillità.

E non dica che sarei obbligato per legge marziale: le ricordo che il regolamento spaziale per gli Esploratori da Suolo, in caso di nanfragio prevede che il periodo di naufragio valga come ferma, moltiplicato per due: essendo stato sul pianeta otto anni io ho finito la mia ferma, anzi sono in credito con la Marina Spaziale di 16 anni di stipendi arretrati e non sono più soggetto alla legge marziale né alla sua autorità. Se vuole offrirmi il passaggio verso casa, bene, lo pagherò, e poi pagherò il ritorno sul pianeta; se no, non importa, mi rimetta sul pianeta ed io aspetterò la prossima nave, tanto fra un pò ne verranno molte ed io sul pianeta ci sto benissimo! Consideri infine che sono un membro rispettato e stimato di questa comunità e che molto probabilmente data la mia doppia cittadinanza verrò nominato plenipotenziario per eventuali contatti con l'Agorà.

Anche se, noi Gurbahtaellaesee (come tale mi considero e mi onoro di essere) a dire la verità non siamo molto interessati. Eh, lo so, sembra strano. Sembrò strano anche a me quando atterrai alla meno peggio su Gurbahtaelluh otto anni fa.

Ero in zona, come dice quel rapporto che ha davanti a sé, per verificare lo stato di civilizzazione degli abitanti umani dei pianeti della zona che avevano perso tutti i contatti con l'Agorà dopo il Grande Caos di 500 anni fa.In realtà qui li avevano persi ancora prima, lo sapeva? Si, si, erano fuori da qualunque contatto con altri pianeti umani da almeno duemila anni, dai tempi dell'Impero, e sa la cosa buffa? per loro scelta! Non gli piaceva il clima dell'Impero, le continue guerre, guerricciole per motivi dinastici o per protagonismo dei generali di frontiera, insomma decisero di troncare i rapporti e di creare una loro autonoma civiltà.

L'isolamento scelto ha funzionato così bene che sul pianeta nessuno o quasi ricorda l'Impero; solo alcuni storici e sacerdoti conoscono la storia, gli altri, la massa é solo concentrata sulle proprie attività quotidiane. Sono pastori, allevatori di bestiame, contadini ed artigiani. Ma praticano tutti un culto dell'autodisciplina pressoché totale, al punto che per tutti é fondamentale per definirsi cittadini a pieno titolo essere anche degli ottimi guerrieri, artisti, filosofi e chi più ne ha ne metta. La loro civiltà é stabile da circa 500 anni e sembra un misto della Grecia classica e del Giappone dei Samurai, un misto di etica guerriera e di democrazia basata sulla "polis", in cui però a differenza di quelle due civiltà, normalmente votano anche le donne (anche se non tutti hanno diritto al voto) e non ci sono schiavi.

Insomma é tutto nel mio rapporto: in buona sostanza sono pronti,anzi prontissimi ad inserirsi nell'Agorà, sempre che lo vogliano, e dato che non esiste un governo planetario occorrerà trattare con tutte ed ognuna delle 35.470 "polis" in cui é diviso il pianeta (dato che oltretutto non esistono nemmeno nazioni per come le intendiamo noi).

Le dicevo del mio inserimento, allora... atterrai alla meno peggio, con la vedetta danneggiata da una tipica tempesta solare, nel continente sub equatoriale quello a forma di pera, sa?, e, beh... insomma mi detti da fare per adattarmi, inserirmi.

Comunicazioni con l'Agorà non ne avevo e per quel che ne potevo sapere avrei potuto benissimo, anzi era estremamente probabile, passare il resto della mia vita su questo pianeta "barbaro". Decisi allora che tanto valeva approfittare delle mie conoscenze e del mio addestramento per diventare almeno re o imperatore o qualcosa del genere. Si, lo so che é contro il regolamento ma lo sa come succede nei casi in cui sia un Esploratore da Suolo a trovarsi in queste situazioni. Normalmente diventiamo leaders locali e anche se la cosa, eventualmente scoperta, dovrebbe essere punita il vantaggio in termini di contatti recuperati e civilizzazione avviata sono tali che l'Agorà chiude un occhio, su, lo sappiamo tutti.

Beh non ha funzionato. Le ho provate tutte per affascinarli; ma non c'é stato verso. All'inizio ho provato con la superiorità tecnologica, tanto per non perdere tempo. Ma non si sono fatti impressionare. Prima di tutto avevo poco a disposizione; ad esempio la scialuppa non poteva più volare. Ma pensavo che le armi laser, gli esplosivi e le armi chimiche avrebbero fatto colpo.Invece niente. Cercai di convincere un capo di una tribù di nomadi a nominarmi suo consigliere bellico, ma lui mi disse chiaro e tondo che pensava che le mie armi fossero incivili, vigliacche ed inutili.

Incivili e vigliacche perché il valore di un guerriero su questo pianeta si vede sempre e solo su base personale e combattere in due o dieci contro uno é considerato inaccettable anzi non é proprio considerato; e stupide perché capì subito che le scorte di energia e di materiali che le alimentavano sarebbero presto finite. Alle mie affermazioni di poterne produrre almeno una parte (polvere nera e cose così) mi disse che non ci pensava nemmeno, anzi lasciassi perdere o avrebbe violato le leggi dell'ospitalità facendomi mettere al rogo come vile.

Pensai fosse un pazzo e andai a cercare altri uomini più interessati al potere di lui. In due anni non ne ho trovato nemmeno uno e giuro che ho cercato! Allora ho provato ad insegnare tecniche di combattimento individuale e come fabbricare nuove armi bianche con nuove leghe, ma anche qui un fallimento completo. Loro usano una tecnica di combattimento chiamata "Keemaenuhpaerpreemoh Maenuhdoovortaeh" che é un misto di combattimento senz'armi, scherma e filosofia tipo Zen che li rende veramente imbattibili: é eccezionale! Dovreste vedere un combattimento, o ancora meglio un combattimento in uno dei loro campionati generali! I due combattenti a volte si combattono per ore, senza esclusione di colpi fino a quando uno dei due non riesce a penetrare le difese dell'altro con un colpo solo e lo elimina; oppure si guardano per dieci, venti, trenta minuti o anche solo un paio di secondi ed uno dei due si inchina all'altro e si arrende subito perché ha capito di essere inferiore!

Abbiamo molto da imparare, ammiraglio, mi creda dai Gurbahtaellaesee; io, con quattro anni di addestramento intensivo e sei di campagne, beh, ero uno dei migliori del corpo, campione di Ju-Jitsu della Flotta per due anni, controlli la mia scheda personale; eppure non ho mai vinto un solo combattimento. Uno che sia uno. Mi battevano perfino i bambini dodicenni! Allora ho provato con la tecnologia a largo raggio, tipo rivoluzione industriale, macchine a vapore e chimica evoluta.

Poco c'é mancato mi linciassero; in molte polis mi hanno cacciato in malo modo, ognivolta che capivano bene ( e ci mettevano pochissimo a capirlo) le implicazioni a breve termine del cambiamento che proponevo: aumento incontrollato della popolazione, dei consumi, dell'inquinamento e dello sfruttamento delle risorse del pianeta. Mi fu detto chiaro e tondo in molte occasioni: nessuno in città mi avrebbe mai dato retta, ma dato che le vie della pazzia sono infinite non si poteva mai sapere; lasciassi subito la città entro l'alba del giorno dopo o non l'avei vista, l'alba... per le nostre teorie di addestramento e contatto una figura barbina! Insomma dopo quattro anni di tentativi nulla di ciò che portavo con me, fisicamene e metaforicamente, era servito non dico ad innalzare il mio livello sociale ma nemmeno a garantirmi la sopravvivenza, dato che era sempre stata l'ospotalità delle polis a farmi vivere. Certo dovevo cambiare città in continuazione per farcela. Raggiunsi infine dopo molte peripezie ed in preda ad una profonda depressione la città di Veelluhborgaesae, città di floricoltori. Era una città nella quale si coltivavano oltre 4000 specie di piante, tutte con una qualche utilità per una qualche arte umana, dalla pittura, all'omicidio, dalla tessitura alla divinazione. La città era veramente strana. Abitata da circa 40.000 anime, di tutte le razze del pianeta, aveva non meno di 4000 serre e oltre 6000 appezzamenti di terreno nei quali venivano coltivate le piante più incredibili. E per i più diversi usi, da quelli medici a quelli alimentari a quelli puramente estetici.Per non parlare delle droghe. Riconobbi una pianta simile alla marijuana, ma le variazioni sul tema delle droghe vegetali erano infinite.

Decisi di cambiare ateggiamento e di cercare di capire meglio la realtà locale e come usarla a mio vantaggio; per questo dovevo trovare un lavoro, una ragion d'essere, un qualche "ubi consistam" su quel pianeta pazzo ed affascinante; e possibilmente arricchire.

Mi guardai intorno a lungo a Veelluhborgaesae. La città era ricca, grazie ai suoi commerci, e governata da un Console, eletto da 300 anni dalle Gilde dei Mercanti e dei Proprietari delle Serre, e restava in carica per un anno. Gli eletti erano gli appartenenti alla Gilda dei Vetrai, che fornivano vetri per le Serre a tutti, e gli elettori erano solo i più ricchi fra i Mercanti ed i Proprietari delle serre.

In pratica una repubblica oligarchica capitalistica, che per i livello locale del pianeta era il minimo della democrazia ed il massimo della dittatura. Tutto funzionava: commerci, coltivazioni, difesa, tutto era poggiato su un equilibrio di poteri e di interessi che arrivava a garantire al popolo, fatto in maggioranza di emigranti di prima e seconda generazione, un discreto benessere.

In una città di questo tipo io non potevo fare il guerriero, perché non ero all'altezza degli standard locali; non il genio tecnologico perché non mi davano retta nemmeno i bambini; non il Proprietario di Serra perché il gruppo era chiusissimo e costituiva una vera e propria aristocrazia; non il contadino, ché non mi attirava e poi non ne sapevo niente; non il mercante, ché non volevo andare altrove finché non avessi le idee più chiare; né l'artigiano ché non sapevo fare nessuno dei mestieri locali.

C'era una sola cosa che sapevo fare bene e che li nessuno sapeva fare veramente bene. E decisi di fare quello.

Feci il cuoco.

Io ho sempre amato cucinare e come cuoco dilettante non ero affatto male, anzi: a detta dei miei amici della Prima Vita, come ormai la chiamavo ero piuttosto bravino.

Nel tempo che avevo passato fino a quel punto sul pianeta, avevo constatato che si mangiava dappertutto da schifo. E non perché non ci fossero materie prime, ma perché non sapevano cucinare. Praticamente il menù di base era dato da carni arrosto di diverso tipo ma di tre o quattro animali di base, pesci bolliti o arrosto, frutta, pochi tipi di verdure condite con solo sale, pane di un paio di tipi, praticamente solo bianco e integrale e di un solo tipo di grano, vino imbevibile per quanto era forte e mostoso, bianco e rosso, e praticamente basta. C'era un mondo intero da colonizzare e da stupire!

Il problema era: come cominciare? Ormai alcune cose le avevo capite: la regola fondamentale era "basso profilo".

Lasciai la locanda vicino alla piazza del mercato dove avevo abitato fino a quel momento e mi trasferii in una locanda più povera e di periferia. Ne scelsi una vicino alla porta Sud della Città, dove arrivava il maggior numero di carovane e dove era il maggior numero di locali di ristoro e cercai lí intorno una taverna, un ristorante, una bettola di qualche tipo nella quale offrirmi come sguattero tutto fare. Il caso mi aiutò e dopo poco ne trovai una. Facevo lo sguattero. Ma intanto ero legittimamente in una cucina.

Per due mesi lavai piatti e studiai le materie prime del ristorante.

Fra le carni avevo da tempo riconosciuto manzo, maiale, pecora, montone, agnello, più un paio di tipi sconosciuti che mi dissero essere in un caso uno di quei "dragoni" da 40 metri di cui mi avevano già parlato e nell'altro una specie di grosso roditore dei boschi; insaccati niente, se non dei cosciotti di una specie di capra affumicati; fra i pesci tutte specie sconosciute ma estremamente simili a quelle Terrestri, dei vini ho già detto, superalcolici neanche a parlarne; le uova le mangiavano solo crude, come le verdure; nella città molte piante alimentari che conoscevano erano coltivate solo per le sostanze chimiche che se ne potevano ricavare e non come alimenti e fra queste aglio, cipolla, rosmarino, delle bacche rosse molto simili ai pomodori, delle melanzane, delle patate; di dolce conoscevano solo il miele selvatico che mangiavano però solo a cucchiaiate in tazza.

Decisi di non esagerare. Una sera chiesi al cuoco, che avevo fatto di tutto per ingraziarmi, se potevo preparare un piatto del mio paese perché soffrivo di nostalgia e lui mi diede il permesso. Preparai delle fettuccine: mi fabbricai un setaccio con un pezzo di seta a trama larga, e passai la farina più fina che riuscii a trovare; la impastai con uova di gallina e stesi la sfoglia con un mattarello che era il manico di una lancia (era stata la cosa più difficile a trovare) tagliandone poi delle strisce di dieci centimetri di larghezza per 60 di lunghezza; sotto gli occhi perplessi del cuoco arrotolai le strisce e ne tagliai delle listarelle di spessore inferiore al centimetro, che lasciai ad asciugare; le fettuccine erano fatte.

Per il condimento decisi di andare sul semplice: una carbonara, sostituendo il guanciale con fette di cosciotto di capra cotto in olio di semi, con aglio e cipolla, con le uova e vari altri odori.

Bollii l'acqua in un orcio di terracotta e scolai le fettuccine cotte con un forchettone di legno; le condii e l'odore di cipolla ed aglio per la prima volta si sparse nell'aria del pianeta. Mi sedetti ad assaggiarle usando come forchetta la più piccola forchetta da arrosto che avevo trovato.

Erano buone. Non perfette, ma data la situazione decisamente buone. Mi accinsi a mangiare e poi come per cortesia dissi al cuoco se voleva assaggiare. Lui mi aveva guardato sempre più perplesso. Ma all'offerta e con quell'odore...

Le assaggiò. Dopo il primo boccone, rimase stupito. Finí il primo piatto in tre minuti e i successivi quattro in mezzora...

E' così che sono diventato rapidamente ricco e famoso.

Il cuoco mi prese come aiuto perché preparassi quel piatto ai suoi ordini. Ai clienti diceva che era una sua ricetta ma a me non importava: ormai potevo sperimentare le materie prime locali con comodo ed inventare una cucina locale degna di questo nome.

La bettola divenne famosa in tutta quella zona della città, e molto presto in tutta la città. Infine venne il cuoco del Console.Poi venne il Console, in pompa magna.Mangiò, si esaltò, chiese doppia porzione, volle conoscere il cuoco e gli chiese se voleva andare a cucinare per lui a Palazzo. Il cuoco non sapeva che pesci prendere: sapeva di non essere all'altezza di quel piatto né per il resto. Ma disse di si.

Dopo due settimane venne da me a chiedermi altre ricette, poi di lavorare con lui.

Divenni ufficialmente il suo assistente ma in realtà io ero "l'eminenza grigia dietro il trono". Lo convinsi che i piatti che conoscevo e le ricette, e le innovazioni erano tali che avremmo potuto cambiare il mondo intero: dovevamo però creare una Gilda.All'inizio pensò che ero pazzo, ma cambiò idea quando gli servi una cena completa a base di sei diversi tipi di pasta, otto secondi a base di stufati, frittate semplici e ripiene, contorni di verdure saltate, una specie di patate locali fritte, bollite con maionese e aglio, vini dolcificati con miele ed un paio di torte alla crema con frutta; ed una bottglia di grappa di mele, un po' rozza per un palato terrestre ma eccezionale per quello di uno di Veelluhborgaesae.

Fu il mio rozzo "calvados" a convincerlo. Con il suo aiuto (in fondo era un onest'uomo ed una persona capace) e con l'assenso del Console di quell'anno e dei tre anni successivi creammo la Gilda dei Cuochi, senza diritto al voto nel governo della città, ma con l'esclusiva del copyright sui piatti. Nessuno poteva cucinare i nostri piatti se non un cuoco uscito dalla Scuola Cuochi della Gilda, sotto pene severissime. Chiunque poteva iscriversi alla Scuola, da qualunque Gilda provenisse, purché si impegnasse a versare alla nostra Gilda l'equivalente del 25% dei suoi guadagni per i primi dieci anni. Diventammo immensamente ricchi. Il copyright infatti si estendeva non solo alle ricette in se e per se, ma anche alle ricette dei preparati di base, quali salse, conserve, metodi di coltivazione, di distillazione.

Solo con i superalcolici e l'industria dello zucchero diventammo ricchi a palate nei primi due anni. Avevo creato non ostante l'opposizione di principio della gente del pianeta il nucleo di un impero industriale ma avevo usato anche l'accortezza di usare sempre metodologie di produzione ecologiche e rispettose dell'Ambiente ed accordi con i lavoratori, i mercanti ed i distributori tali da diffondere al massimo la ricchezza che derivava dall'impresa prelevandone una minima porzione: nelle mie tasche arrivava non più dell'uno per cento del totale; ma il totale ammontò rapidamente a cifre spaventose ormai veniva gente da sempre più lontano per comprare i nostri prodotti alimentari ed imparare i segreti della nostra cucina.

La popolazione della città, solo coi nuovi addetti alle nuove industrie raddoppiò in tre anni; fu necessario costruire una Nuova Veelluhborgaesae vicino alla prima, in funzione delle nuove coltivazioni e delle nuove industrie relative. All'inizio del quarto anno da quel primo piatto di fettuccine la Gilda dei Cuochi pagava da sola al console tante tasse quante tutte le altre Gilde messe insieme. Certo, stanno tutti ingrassando un pò troppo e c'é già chi dice che per un guerriero degno di questo nome non mangiare i piatti della "nonvelle couisine" é un dovere morale. Ma si tratta di pochi fanatici.

E poi siete arrivati voi. Naturalmente nessuno ha riconosciuto nel cielo i segni di aurora boreale artificiale lasciati dai campi di distorsione spaziale dell'astronave. Ma io si. Ed ho aspettato di cominciare a sentire qualche notizia di fallimenti degli Esploratori da Suolo, proprio come era successo a me. E ne ho trovati, come lei sa, ben quattro. Insomma...questa é la mia storia. E' tutto nel rapporto che le ho consegnato come ultimo atto di omaggio al Servizio. Vorrei far notare che se é utile fornire agli Esploratori informazioni elementari su come cucinare il cibo alieno per sopravvivere (oltre a tutti i modi possibili per uccidere un essere umano o alieno che sia ) non sarebbe male, dati gli ottimi risultati che ho ottenuto io organizzare per loro, in futuro, anche dei corsi di alta cucina. Vede gli alieni e gli indigeni dobbiamo imparare a trattarli in tutti i modi. Se serve anche a prenderli per la gola..."