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Il gatto e il topo

© 2000 Sabrina Sposito

Racconto terzo classificato al Premio Courmayeur, su gentile concessione della Keltia Editrice.

Nero, per confonderla nella notte.
Spesso, per proteggerla dai rilevatori d'energia.
Morbido, per assecondarla nei movimenti, e caldo per ripararla dal freddo dell'inverno.
Con un sospiro la ragazza indossò il mantello che l'altro le porgeva. Sembrava un comune chador, ma era più pesante ed era stato progettato per salvarle la vita. I loro sguardi s'incrociarono ancora una volta: Myriam calò sul volto il cappuccio e il velo trasparente e assicurò le chiusure del sottocollo. Senza una sola parola l'uomo abbassò una leva e gli schermi d'energia furono disattivati.
La ragazza saltò oltre il lieve luccichio e uscì nell'oscurità. Dietro di lei una comunissima parete di vecchi mattoni d'argilla non rivelava traccia d'aperture. L'oscurità brillava di stelle, e le due piccole lune di Golden appena sorgevano, gemelle, ad est. Si guardò intorno, percependo i suoni e gli odori della fredda notte invernale, ripercorrendo ancora una volta il cammino da fare per raggiungere la sua meta. Il minuscolo carico che portava su di sé sembrava vibrare d'energia. Guardò oltre le luci della città, oltre le scure, altissime vette che circondavano il Piccolo Mare Salato, laggiù, dove decine di disperati morivano ogni giorno, dopo pochi mesi di massacrante lavoro nelle miniere di goldite.
La goldite! Questa meravigliosa fonte d'energia che faceva volare oltre le stelle le navi astrali, che riscaldava e illuminava le città di pianeti interi e rendeva possibile la vita nelle profondità degli oceani, che poteva trasformarsi in arma micidiale, era là a poche centinaia di chilometri nel duro cuore della roccia di Golden. Opportunamente schermata non era pericolosa per la vita umana, ma non poteva essere estratta in altro modo che manualmente, perché le rocce, sature, non sopportavano altri carichi energetici. Le esplosioni, inghiottendo uomini e macchinari, erano ritenute antieconomiche: la goldite, dopo, non era più recuperabile, e la miniera doveva restare chiusa per mesi. Per questo un barile di goldite costava così caro. Per questo un barile di goldite era così pericoloso. Tutto l'universo dipendeva dal cartello delle Compagnie Estrattive, che per antica tradizione erano sempre state sette, ed erano indipendenti dai governi. All'apertura delle borse d'ogni pianeta era la quotazione della goldite quella che veniva data per prima, e un rialzo del suo prezzo poteva avere gravi conseguenze sull'economia d'intere nazioni.
Era così irragionevole!
Si guardò intorno, apprezzando il silenzio e la solitudine che in questo momento rappresentavano sicurezza, e con un dito sfiorò il microchip annidato in una piega del mantello: il prezioso carico d'informazioni che aveva giurato di difendere a costo della vita. Doveva solo consegnarlo all'ambasciata terrestre, tutto qui! Una sola difficoltà: il dittatore era venuto a conoscenza di parte del piano, e la stava cercando su tutto il pianeta per ucciderla e impossessarsi del microchip. Spie satellitari, non solo umane, scrutavano la notte trasformando il suo cammino in un pericoloso gioco mortale. Altro che passeggiata al chiaro di lune! Ma Myriam sapeva di essere perfettamente addestrata per il suo incarico, e in ogni caso aveva il suo mantello!
Il gatto nero scese dal muro dietro di lei e amichevolmente le si strusciò contro, ma balzò di lato con il pelo dritto e un miagolio di protesta appena toccò il mantello. Myriam sorrise e si chinò sulla bestiola accarezzandola.
Era tempo di andare.
Camminando rasente ai muri per proteggersi le spalle raggiunse ben presto i vecchi magazzini dello spazioporto abbandonato.
Relitti d'astronavi e container sfondati davano rifugio ad un'accolita di disperati. Umanità derelitta e altri rifiuti dell'universo avevano trovato riparo in quello squallore, gente senza passato né futuro che poteva essere più pericolosa delle squadre di Thyr. Delle voci in lontananza le rallentarono per un istante il cuore:
"Sono tre. Forse quattro. Posso farcela. Grande madre! Che non siano di più" - pensò continuando a dirigersi verso l'uscita, nel dedalo di vicoli attorno agli edifici sbarrati.
Un tipo alto, con lo sguardo allucinato le sbarrò il passo. Era ubriaco, o forse sotto l'effetto di qualche stupefacente, e dietro di lui si materializzarono dal nulla altri tre individui. Myriam li valutò con un'occhiata: erano autentici barboni, e non spie di Thyr. Questo la rincuorò, ma avrebbe preferito evitare uno scontro. Con un gesto altero fece loro cenno di sgomberare la strada, confidando nel condizionamento delle classi inferiori, ma uno, quello più alto, fece un passo avanti, chiudendole ogni uscita:
"La signora si ha perduta la strada dritta!" - gracchiò l'uomo con un sogghigno sdentato. L'alito del vecchio puzzava d'alcool e di miseria, e il disgusto le strappò una smorfia. Gli altri risero sgangheratamente, dandosi manate sulle spalle, indicandola l'un l'altro come in una vecchia comica. "La signora si ha perduta anche la voce." - continuò il vecchio compiaciuto del successo riscosso dalle sue prime parole - "Ma io sono un galua… galuana…. un signore ecco!, sono un signore, io! Ero pilota di astronavi, ai miei tempi! Volavo sulle belle astronavi che vanno per le stelle. Non sono un topo di miniera come voi, miserabili!" - proseguì con voce aspra rivolto ai suoi compari che smisero di ridere. - "E adesso faremo un giro di ballo insieme, io e la bella signora." - si tolse il cappello in un grottesco inchino. - "Poi ballerete anche voi altri! Ma io per primo: perché io sono un galantuomo! Ecco! Questa è la parola giusta!" gli altri risero di nuovo, più forte di prima, e Myriam ebbe paura che arrivasse altra gente. Doveva fare in fretta!
Così, prima che il vecchio facesse un solo passo, si girò su se stessa e con un colpo secco lo colpì alla gola, non abbastanza forte da ucciderlo, ma abbastanza per mandarlo a stramazzare con la faccia in un rivolo fetido.
Gli altri le si gettarono contro tutti insieme, ma la ragazza aveva previsto le loro mosse impacciate e facilmente si liberò di loro, colpendone uno al plesso solare con il tallone e gli altri due in una rapidissima successione di gomito e ginocchio. Ansante si guardò intorno, in ascolto, ma solo il rantolo di uno dei poveri diavoli stesi in terra spezzava il silenzio assoluto della notte. Esercitò una decisa pressione delle dita in due punti precisi del collo e quello smise di lamentarsi, svenuto. Myriam era irritata con se stessa. Avrebbe dovuto liberarsi di loro senza fatica, invece l'ultimo si era spostato più velocemente di quanto avesse previsto, e aveva dovuto perdere tempo per non farlo risvegliare troppo presto. Se invece di quattro ubriachi avesse incontrato una squadra degli sgherri di Thyr l'errore avrebbe potuto costarle molto caro. Si rassettò il mantello, ancora irritata, e il sangue le si gelò nelle vene: un chiodo, un piccolo chiodo arrugginito si era impigliato nella stoffa. Probabilmente uno dei vagabondi lo teneva in mano quando l'avevano aggredita e cadendo aveva graffiato il tessuto. Il mantello, la meravigliosa stoffa che assorbiva le radiazioni emesse dal suo corpo era stato violato.
Da quel momento non era più protetta dai rilevatori di energia, e poteva essere individuata in qualsiasi istante dalle truppe del dittatore Thyr. Rammentò la voce del suo maestro, Julius:
"Potrebbero individuarti, se fossero attenti, perché con il mantello sei come un'ombra più scura nell'ombra, ma loro cercheranno il positivo, la tua traccia. O quelle di altri di noi. Sai che ognuno di noi ha un'emissione particolare, unica, impronte digitali di energia?" - lei aveva annuito. Sapeva che il dittatore aveva i tracciati di tutti i cittadini negli schedari della polizia segreta. - "Cercheranno qualcosa di evidente, non si fermeranno a valutare quell'assenza totale di emissione che si sposta nella città. Confronteranno i tracciati di tutti, stanotte, con i tuoi, con quelli di noi che sono sospetti, tirando giù dal letto i tecnici dell'archivio al minimo dubbio che un'emissione possa condurli a noi. Ma finché il mantello è intatto sei al sicuro, e potrai raggiungere tranquillamente la sede dell'ambasciata terrestre. Hai capito?" - lei aveva annuito ed aveva indossato il mantello conscia del pericolo mortale a cui andava incontro. Ed ora, uno banalissimo chiodo poteva rovinare tutto! Chi usava più i chiodi, ormai?, un retaggio del passato, quando le tecniche costruttive non usavano i fissatori ad energia, uno strumento inadeguato di un'epoca di barbarie! pensò con rabbia. Cercò di regolare la respirazione, mentre pensava al da farsi e sorrise tra sé: non doveva disprezzare gli antichi costruttori, era proprio un loro segreto quello che custodiva tanto gelosamente! Continuò a camminare veloce verso l'uscita.

La stampante collegata al satellite accumulò una pila di fogli prima che il tecnico di turno si decidesse a sospendere il videogioco e controllare. Diede una scorsa alle prime pagine e si convinse ancora di più della stupidità delle macchine. Quell'imbecille del computer satellitare non sapeva distinguere una scarpa vecchia da una barca di lusso, e lui non aveva tempo da perdere: stasera voleva battere il record del campione dell'ufficio, quell'antipatico di Harry. Il punteggio richiesto era vicino ormai, e al diavolo le emissioni anomale! Il capo poteva aspettare! Con un calcio alla scrivania impresse la giusta dose di movimento rotatorio alla sedia, in modo da trovarsi perfettamente piazzato davanti al video: l'eroina stava per essere violentata da una banda di alieni bavosi, e lui doveva salvarla in fretta, se voleva essere il prescelto.
Quando finalmente l'ultimo alieno verdastro cadde a terra con il cranio fracassato, lo schermo del gioco si commutò nel sito NT di sesso virtuale più realistico del momento.
Ce l'aveva fatta!

Ora poteva godersi in pace la sua ricompensa.

Myriam camminava tenendosi nell'ombra, rasente i muri, soffermandosi prima di ogni angolo, in ascolto. La prudenza non poteva salvarla dagli occhi dei satelliti, ma il suo era il comportamento istintivo, e sapeva bene che l'illimitata fiducia che le squadre di Thyr avevano nella loro tecnologia li rendeva disattenti e superficiali. E questo giocava a suo favore.
Seguì nell'asfalto rovinato le guide dei sollevatori magnetici, che avevano caricato per anni di preziosa goldite le immense stive delle astronavi, e ben presto fu nei pressi dei cancelli senza altri intoppi. Un altro gruppo di vagabondi sostava accanto ad un fuoco, ma non le badarono, quando passò poco distante da loro, e sembrava non si fossero accorti di nulla.
Intanto Myriam rifletteva: ora che non era più totalmente protetta aveva comunque speranza di sfuggire agli occhi di Thyr? Il mantello poteva in qualche modo confondere i satelliti rilevatori, ma questi avrebbero sicuramente registrato un'anomalia energetica, e un tecnico attento poteva captarla e riuscire a localizzarla. Doveva essere veloce. Trovò facilmente il varco nelle rete e si lasciò alle spalle il vecchio porto. Il viale che aveva davanti costeggiava sul lato nord la zona industriale. Lei sarebbe andata verso sud, percorrendo un lungo tratto allo scoperto.

In una stanza schermata, all'interno dell'astronave-bunker dell'ambasciata terrestre, il vecchio professore si tolse gli occhiali, si massaggiò il segno rosso che gli lasciavano

sul naso e si appoggiò allo schienale della poltroncina.
Il giovane che era con lui sorrise: nessuno portava più gli occhiali, ormai, ed era diventato difficile anche trovare qualcuno in grado di ripararli; ma il vecchio si compiaceva del suo vezzo innocente, e tutto il mondo accademico associava le sue innovative teorie archeologiche con gli occhi chiari, cerchiati di metallo dorato, come aveva associato la teoria della relatività alla chioma ribelle di Einstein. Lo guardò senza posare il testo che aveva in mano. Quando, come adesso, si massaggiava il solco nasale, inevitabile anche con le montature più leggere, era sicuramente in uno stato d'animo agitato.
E anche lui cominciava a preoccuparsi.
Il loro contatto doveva avvenire tra pochi minuti, e ancora non c'era stato nessun segnale. Il professore guardò per l'ennesima volta l'orologio, si schiarì la voce e:
"Sean, credi davvero possibile che … che tutto questo sia vero?". L'atro non rispose subito. Posò con cura il libro sul tavolo di legno e si alzò. Versò in un bicchierino di plastica un po' di caffè e lo porse al professore con un sorriso rassicurante, poi ne riempì un altro per sé, aggiunse dello zucchero e tornò a sedersi sulla poltroncina di stoffa azzurra. Accese una sigaretta.
"ti fa male, lo sai. Il fumo uccideva migliaia di persone sulla Terra prima che fosse vietato! E anche tutto questo zucchero! Dovresti pensare di più alla tua salute, adesso che sei giovane, e se i Consoli sapessero che contatti certa gente per procurarti questa droga…" - il vecchio s'interruppe offeso dalla risata allegra di Sean. "Non c'è niente da ridere" - mormorò piccato. Il giovane lo guardò gravemente:
"Su questo pianeta sono vietati gli alcolici, ma non il tabacco, lo sai. E ti assicuro che non porterò sigarette sulla Terra. Quanto alle preoccupazioni per la mia salute, sai bene che abbiamo molte più probabilità di morire per il fuoco dei fulminatori di Thyr, stasera, che per il fumo delle sigarette tra venti o trent'anni." - Ribatté pacato.
Il professore tacque sconfitto. Difficilmente Sean poteva essere costretto da chicchessia a fare una qualsiasi cosa contro la sua volontà, ma, al di là dell'atteggiamento scanzonato con cui affrontava la vita, era il migliore assistente che avesse mai avuto, e il vecchio sperava davvero che la politica non lo distogliesse dagli studi accademici. Bevvero il caffè restando in silenzio e nella calma, carica di tensione, che seguì al battibecco, Sean si immerse nei suoi pensieri. Era trascorso un anno standard, da quel giorno……
…E anche adesso nella Borgogna i campi dovevano ondeggiare al vento come un mare di spighe dorate. Le foglie delle viti coprivano i grappoli ancora acerbi che tra pochi mesi sarebbero annegati nel loro stesso nettare. L'aria era carica di promesse, e il caldo sole di giugno risvegliava migliaia di insetti che ronzavano volando inebriati dal profumo di mille e mille fiori. Tutto era cominciato l'estate scorsa, poco più di un anno fa.
Aveva conosciuto Myriam a New Grange, in Irlanda, una settima prima del solstizio d'estate. Torme di turisti sudaticci e distratti si riversavano sui prati davanti alle tombe megalitiche, qualcuno con la radio accesa. I pullman vomitavano ogni 45 minuti nuovi vandali, che totalmente noncuranti della sacralità del luogo si arrampicavano sulle pietre scolpite, e sui muri a secco, indebolendo le strutture. Sean aveva notato subito quella ragazza riservata, in disparte. Aveva una tipica aria irlandese con i riccioli rossi e gli occhi azzurro cielo, e così lui le aveva dato il buongiorno in gaelico!
Uno sfoggio inutile. La ragazza era sembrata infastidita e lui si era scusato, in galattico standard:
"Sono un archeologo" - aveva spiegato - "e mi irrita molto vedere l'ignoranza della gente. Molti di loro avranno anche fatto un lungo viaggio, per venire fin qui, ma …" - lei aveva sorriso: "Anch'io ho viaggiato a lungo, per arrivare qui, ma devo fare ancora molta strada"
"Sei di Boston?"
"Oh no! Vengo da Golden City" - lui aveva lanciato in un'occhiata stupita ai capelli sciolti, le gambe scoperte nei pantaloncini corti, la maglietta verde. E Myriam aveva riso vedendo l'aria perplessa di lui:
"Non tutte, su Golden, osservano i precetti coranici. Io sono di origine europea, la mia famiglia è oriunda di Ballynagreve, qui vicino. E non seguo nessuna religione particolare".
Si erano incamminati verso il ritorno passando per i campi. E Myriam parlò:
"Non credere che io sia tanto ingenua da fidarmi del primo venuto. Sapevo che ti avrei trovato qui, tu sei l'assistente del professor Grant, vero? Sei Sean Hills."
"Si." rispose seccamente, a disagio.
"Conosci la goldite, vero?"
"Chiunque viva in questa galassia la conosce!" sbottò amaramente. "E' il potere di Thyr. La melma che sta espandendo per tutta la galassia il suo governo di preti!". "Possiamo cambiare ciò. Sappiamo che qui sulla Terra c' è un'immensa fonte di energia. Devi aiutarci a trovarla!" "Aiutare chi?"
"Tutta l'umanità! Tutta l'umanità sta per essere assorbita nel mostruoso sogno di potere di Thyr"
"Fai parte di qualche setta di fanatici?"
"No!" - rispose indignata la ragazza. Poi fece un profondo respiro, come per prendere coraggio e aggiunse - "Non mi dai il tempo di spiegare. Ricominciamo con calma." - propose tendendogli la mano. Sean la guardò ancora diffidente, poi accettò. Myriam proseguì: "Come ti ho già detto, sono sulla Terra in viaggio di studio. Vivo e lavoro su Golden, e lì sono nata. Conosco quindi, molto bene i metodi e le mire di Thyr, e come me, molti altri che si sono uniti per combattere il suo potere. Ma la grande ricchezza di cui Golden dispone, la goldite, appunto, è tutta in mano al dittatore e alle Compagnie estrattive, che non esitano a servirsi dell'embargo e del ricatto per raggiungere i loro scopi. Ora lo scopo del mio viaggio, e il motivo per cui ti abbiamo scelto come nostro interlocutore dipende proprio da questo: sulla Terra c'è un'immensa riserva d'energia, che gli antichi conoscevano, e che forse non sapevano bene come usare, data la diversa tecnologia di cui facevano uso. Ma sicuramente…"
"Se la Terra avesse tutta questa ricchezza non credi che qualcuno ci avrebbe già messo la mani sopra? La Terra non è stata scoperta ieri! Non hai studiato a scuola che le fonti energetiche del pianeta sono quasi esaurite?" - rispose sarcastico.
"Si, questo è quello che dicono tutti ma….senti hai mai sentito parlare del 'mulino mistico'?"
"Il mulino mistico?" - ripeté assorto "Vuoi dire la Bibbia, il vecchio e il nuovo testamento? Sì, certo, ma non vedo proprio…."
"Ci sono molti luoghi, sulla Terra, che da sempre sono considerati magici. Nei secoli sono stati luogo di culto e pellegrinaggio per tutte le religioni che…"
"Senti" - l'interruppe - "Stiamo parlando d'energia cosmica, profezie, miracoli, o di cose reali?"
"Oh si! Molto reali. Stiamo parlando dei più grossi giacimenti che goldite che tu possa immaginare!"
"Goldite, qui? Sulla Terra, sulla vecchia sfruttata Terra? Tu sei matta!"
"No! Ascoltami. Ho qui una cartina che ti aiuterà a capire. Ecco! Vedi questi segni? Dovresti conoscerli: sono i luoghi di culto di San Michele, almeno i più importanti, legati alle apparizioni dell'arcangelo. Se tracci una linea di congiunzione.. da qui, dal Monte Carmelo, e li unisci tutti, fino a ..qui, alle isole Skellig, ottieni un 'allineamento', qualcosa di molto simile ad una linea retta. la Terra è tonda, non puoi disegnarci una riga sopra ed aspettarti che non sia almeno un po' curva. Ecco, guarda!" - Sean osservò la cartina d'Europa che la ragazza gli tendeva:
"Beh, questo non dimostra niente!"
"Questi sono luoghi carichi d'energia. Totalmente saturi d'energia. Erano riconosciuti sacri molto prima che il cristianesimo riedificasse sopra le sue basiliche. Solo che tutti hanno sempre pensato fosse, come dicevi tu, 'energia spirituale'. Poco pratica. Ma non è così. Qui sotto ci sono enormi giacimenti di goldite. Basta scavare."
"Solo un pazzo andrebbe a cercare goldite in mezzo a territori abitati."
"E se invece fosse facile estrarre la goldite? Pensaci! Se fosse facile, e sicuro, cosa ne sarebbe di Thyr?"
"Vuoi dire che Thyr sa di questa…. linea d'energia e non …. Ma sarebbe mostruoso!"
"Sì, bravo!" - Myriam batté la mani contenta. "Adesso hai capito! E' per questo che noi andremo alle Skellig! Si comincia da lì."
Non fu facile trovare una barca che li portasse all'isola Michael Skellig. Nel secolo precedente un regolare servizio di traghetti portava diverse decine di turisti ogni giorno a visitare il monastero e la riserva naturale delle isole. Finché mantenere l'osservatorio naturalistico era diventato troppo costoso, e le isole erano state abbandonate alla loro impervia solitudine. Ma erano riusciti a trovare un certo O'Sullivan che aveva acconsentito ad accompagnarli alla maggiore delle due isole.
A Portmagee, nel lungo fiordo, l'oceano sembrava un calmo lago, ma appena usciti nel mare aperto le onde avevano cominciato a sballottare la fragile barchetta, tanto che Sean aveva vomitato fuori bordo, mentre Myriam sembrava perfettamente a suo agio. Anche l'attracco al piccolo molo di pietra era stato difficoltoso, e c'era voluto più di un tentativo per saltare sul gradino di pietra, stretto e scivoloso che costituiva tutto il porto dell'isola. Avevano pochissimo tempo, perché il mare aumentava ancora, e il pescatore che li aveva portati aveva fretta di tornare alla terraferma.
Salirono la ripidissima scalinata intagliata nella roccia dai monaci. Migliaia di gabbiani e pulcinelle di mare si alzavano in volo disturbati dal loro passaggio e i gradini erano resi scivolosi dal guano e dalla pioggia recente. Quando giunsero in cima il mistero quasi tangibile del luogo li fece sentire barbari come i vichinghi che varie volte avevano saccheggiato il monastero. Le costruzioni di pietre a secco resistevano da migliaia di anni alle intemperie e la solitudine perfetta era rotta solo dal loro respiro ansante dopo la faticosa salita. Appoggiarono gli zaini accanto ad una delle celle dei monaci, e restarono in silenzio per un po', respirando l'energia che le vecchie pietre emanavano.
"Antiche pietre
Sotto il cielo cupo.
Oh dolce morte !".
Così mormorò Myriam inginocchiandosi nel minuscolo cimitero e Sean la imitò. Quando si alzarono si sentirono colmi di pace, e di forza. Trovarono la tomba di San Finiano, fondatore del monastero e scavando a mano, sotto le pietre che custodivano il corpo del mistico fecero una buca profonda circa mezzo metro. Misurarono l'energia: Sean non voleva credere ai suoi occhi: "E' rotto! Questo maledetto aggeggio è rotto!"
"Ma no, lo abbiamo provato stamattina, ricordi? Funziona benissimo! Qui sotto è pieno di goldite!". Si erano guardati increduli: "Dove sono gli altri luoghi sacri a San Michele?" - aveva chiesto Sean con voce strozzata.
La sera, in albergo, avevano studiato attentamente la carta geografica d'Europa.

Come aveva detto Myriam, dal monte Carmelo alle isole Skellig i luoghi di culto dell'arcangelo erano disposti secondo un allineamento preciso che attraversava il vecchio continente: Monte Sant'Angelo e Sacra di San Michele, in Italia; Mont Saint Michel, in Francia, luogo sacro per i leggendari Cavalieri Templari - che, probabilmente, asseriva Myriam, avevano capito tutto della goldite, e il re di Francia li aveva fatti fuori perché non volevano rivelarne il segreto; e, infine, Michael Skellig, in Irlanda.
"Non ne sono sicuro, ma, in tempi antichi, un luogo sacro al nostro arcangelo, si trovava anche in Grecia, più o meno per qui" - disse Sean indicando la zona delle Meteore. - "Ma la goldite è un materiale instabile, e di solito si trova a profondità proibitive."
"Forse qui sulla Terra è diverso."
"Ma non sarebbe possibile estrarla in ogni caso. Nessuno ha ancora trovato il modo per rendere facile l'impossibile" - concluse scettico l'uomo. Myriam annuì, pensierosa:
"Una volta, quando facevo l'università sono andata a casa di Thyr. Ogni anno riceve nel suo studio privato i cinque migliori studenti dei corsi d'ingegneria, informatica, economia, e chimica e fisica, uno per facoltà. Io sono andata per la mia, chimica. Lo fa perché è un modo come un altro di attirare consenso. Si sente un principe illuminato, un mecenate, e passa la giornata facendosi bello agli occhi della stampa interplanetaria. La giornata fu di una noia mortale, e non ricordo quasi niente, ma una cosa mi colpì in modo particolare. Thyr è un uomo ricco, molto più di quanto tu possa immaginare: un Creso, un Paperon de' Paperoni. Ha buon gusto, e ama circondarsi di cose preziose e rare.

Allora perché al posto d'onore, proprio dietro la scrivania, in una cornice di legno antico, c'è una fotografia?"
"Sarà la mamma, o l'amante!"
"Non scherzare!" - lo redarguì lei severa -"E' un bassorilievo. L'uomo più ricco del pianeta, e forse della galassia, dietro la scrivania tiene la fotografia di un bassorilievo romanico. Perché non l'originale? Al gabinetto ho visto quadri più preziosi! Non solo, ma quando si è accorto che ero incuriosita, mi si è avvicinato e mi ha detto: 'Bello, vero? E' un caro ricordo di famiglia.' Ed era falso perché ho riconosciuto la tecnica fotografica. Quella foto non può avere più di cinque anni. Poi mi ha presa sottobraccio e mi portata in un'altra stanza"
"Dove scommetto non si è comportato da gentiluomo"
"E invece perderesti. Mi voleva solo allontanare dalla fotografia."
"Sei riuscita a scoprire che cosa …"
"Si. Credo di si." - lo interruppe lei. "Erano Mosé e San Paolo che versano il grano nel mulino di Dio, e ne ottengono la farina. Sai quella citazione sui mulini del Signore che macinano lenti…. o qualcosa del genere… ah, dimenticavo, il mulino rappresenta il Cristo, ed infatti é a forma di croce.".
"Thyr non è cristiano! Non credo abbia altro dio che il denaro e il potere. E' del tutto incongruente!"
"Vero?, è la stessa impressione che ha fatto a me. Ma c'è dell'altro."
Sean si accese l'ennesima sigaretta - "Ti ascolto" - la sollecitò
"Quella scultura… è un capitello, è il capitello rubato nella cattedrale di Vezelay, in Borgogna, circa dieci anni fa. Più o meno quando Thyr cominciò la vertiginosa scalata al potere. Ricordi? L'episodio suscitò un certo scalpore, e la scultura non fu mai ritrovata "
La sigaretta cadde dalle labbra dell'archeologo per atterrare sui pantaloni di lui. "Accidenti! Ho fatto un buco sul ginocchio! Ragazza mia tu sei matta. Tu sei completamente matta. E' stato un piacere conoscerti, ma credo che a te serva più un dottore che un archeologo."
"Allora non mi credi?"
"Oh certo! Come credo alle fate, alla magia della macumba, e ai biglietti della lotteria. Ti credo, maledizione! E sono sicuro che siamo tutti nei guai."
Myriam sorrise serena: "Mio fratello e mio padre sono morti troppo presto, uccisi dalle squadre di Thyr. Io sono nei guai da quel giorno".

Il giorno dopo avevano lasciato l'Irlanda, e avevano raggiunto Vezelay. Ma la cattedrale era chiusa per restauri e non sarebbe stata aperta al pubblico per un bel pezzo. Era diventata proprietà privata, perciò erano state anche ritirate pubblicazioni e fotografie, in attesa di rinegoziare le royalty: non riuscirono a trovare niente sul capitello scomparso.
"Ma perché? Confesso che ancora mi sfugge il senso" - disse l'archeologo spengendo l'ennesima sigaretta.
"Perché il capitello è la sola esatta descrizione di come fare per estrarre la goldite a basso costo. Estraendo il minerale con un 'mulino' a forma di croce, così come descritto dalla scultura, l'energia eccedente sarebbe convogliata sulle uscite laterali, e la roccia stessa riassorbirebbe il sovrappiù. In questo modo diventa un'energia inesauribile! Non ci sarebbero più esplosioni e la goldite costerebbe meno di un decimo rispetto ad oggi. Solo non sarebbe più il motore economico della galassia, e questo Thyr lo sa."
"Se avessimo le prove di tutto ciò!"
"Sono sicura che è lui il nuovo padrone della cattedrale. Sì! sono sicura che Thyr ha comprato la cattedrale. Sean! Le prove devono esserci! Ma non qui! Le prove sono su Golden!"
"Non puoi ritornare là. Thyr sarà sicuramente informato delle tue ricerche. Ti manderà a lavorare nelle miniere. Però… potresti sposarmi. Diventare cittadina terrestre ti metterebbe al sicuro dalla vendetta di quel fanatico, e potremmo con tutta calma sottoporre i nostri sospetti e le nostre prove alle autorità interplanetarie."
"Sean, non c'è tempo. Fra poco più di un anno ci saranno le nuove nomine al Consiglio Generale Federale. Thyr diventerà troppo potente e sarà impossibile fermarlo. Devo tornare ora!"
"D'accordo, ma non ti lascerò sola. Racconteremo tutta la storia al professor Grant e sono sicura che lui riuscirà a convincere qualcuno a finanziare una spedizione di studi su Golden."
"Sean, sarebbe troppo pericoloso per noi incontrarci su sotto gli occhi di Thyr. Dobbiamo trovare un modo… ecco! Ho trovato. Oggi è il 21 giugno. Tra un anno esatto, c' incontreremo su Golden alla sede dell'ambasciata terrestre e io ti fornirò le prove che tu e Grant potrete portare al Consiglio Federale. Tu non cercarmi. Quando potrò ti darò io istruzioni, in modo sicuro."
E adesso quel momento era giunto. Sean ritornò a fatica nel presente, e si rese conto che Myriam doveva arrivare entro pochi minuti, altrimenti sarebbe stato tutto inutile.

La scommessa erotica del tecnico addetto al rilevamento d'emissioni anomale permise a Myriam di percorrere parecchia strada. Aveva sempre disprezzato quel genere di perversione, preferendo un antiquato, efficace, contatto tra esseri umani reali, ma se avesse saputo di dovere il successo della missione e forse la vita ad una performance di sesso virtuale, stasera avrebbe certo raccomandato l'inventore di Sexy-Raider alla Grande Madre di tutte le creature.
Ma Myriam ignorava tutto ciò ed era col cuore in gola che spiava ogni più piccolo movimento intorno e sopra di sé. Mancava poco più di un chilometro all'ingresso segreto che l'avrebbe portata nel sotterraneo dell'ambasciata terrestre, ed era il momento più pericoloso.
Nei quartieri alti le squadre del dittatore pattugliavano coscienziosamente le belle strade, per rassicurare gli onesti - ed abbienti - cittadini di Golden City che il governo di Thyr agiva nel loro interesse. La violenza, la sistematica violazione dei diritti civili, la soppressione di alcune delle libertà fondamentali erano scarsamente rilevanti quando il commercio interplanetario andava a gonfie vele, la sicurezza dei cittadini per bene era assicurata e la potenza di Golden Planet cresceva di giorno in giorno! E Thyr era l'uomo che rendeva possibile tutto ciò, garantendo il sottile gioco di potere ed equilibrio tra il proprietario della goldite, - il popolo sovrano di Golden - i proprietari delle compagnie estrattive, che avevano tutti i diritti per lo sfruttamento, e il resto dell'universo, che pagava lo standard di benessere e sviluppo economico di tutti gli interessati. Era una bella torta da dividere e, appunto, in patria, come nel resto della galassia, il motto che troneggiava sul recentissimo stemma familiare di Thyr era 'divide et impera'.
"Ci hai ridotto come cani affamati intorno ad un osso spolpato" - rifletté amaramente la ragazza mentre costeggiava un alto muro, da dove provenivano i suoni di una festa. "Ma i cani a volte si ribellano ai loro padroni, se tenuti troppo alla catena. ". Rimase nascosta nell'ombra, le spalle protette da un muro su cui si arrampicava una krathua profumatissima, e fu allora che vide il posto di blocco. Si appiattì ancora di più contro il muro, diventando tutt'uno con l'ombra. Doveva cambiare strada: passando per la città vecchia avrebbe allungato molto, ma avrebbe avuto una possibilità di salvezza

La grande porta di vetro blindato si apri leggera al tocco della mano della donna bionda, vestita di bianco. Il computer della sicurezza aveva riconosciuto l'impronta del maggiore White, capo della sezione 'rilevamento energie satellitari' un modo elegante di definire l'ufficio tecnico della polizia segreta di Thyr. Deferente, la guardia alla porta chiamò l'ascensore per portarla all'ultimo piano, dove arrivavano alle stampanti le rilevazioni di emissioni personali anomale.
"Il tecnico di guardia non ha inviato nessuna segnalazione?" "No signor maggiore" - rispose l'uomo e si scostò per farla

passare. La moquette attutiva il rumore dei passi del piccolo corteo. Il maggiore, dottoressa Emilia White, e le tre guardie di scorta. La donna entrò nella stanza delle stampanti e si bloccò:
"Ma che diavolo?!…..". Il tecnico di turno era ancora completamente immerso nel videogioco che lo aveva tenuto occupato tutta la serata. Rosso e sudato, sembrava prossimo al collasso psico-fisico. Non si accorse subito dell'arrivo del maggiore White e quando finalmente le pupille dilatate misero a fuoco la donna non la riconobbero:
"Ah! Ma c'è n'è ancora un'altra! E' fantastico! Questa sembra proprio vera! Le sorprese sono continue!" - fece per alzarsi dalla sedia, ma con un ultimo gemito s'accasciò sulla tastiera, privo di conoscenza, sul volto disfatto un sorriso ebete.
"Sicurezza!" - l'ordine imperioso fece accorrere le guardie che si erano fermate sulla porta "Portate via quest'uomo. Fatelo sparire immediatamente! Alle miniere, alla corte marziale, non mi interessa! E mandatemi subito qualcuno di affidabile, una donna! Subito!" - le guardie trascinarono via il tecnico privo di sensi. La voce gelida aveva messo loro i brividi, e mentre portavano via il tecnico svenuto, che ancora sussultava e gemeva osarono appena un'occhiata avida allo schermo dove una decina di corpi nudi si contorcevano e gemevano in varie lingue. Il maggiore li guardò, trafiggendoli con uno sguardo glaciale e le guardie si affrettarono ad allontanarsi dalla stanza, lasciandola sola. La donna spense lo schermo con una smorfia di disgusto e esaminò i primi fogli della pila traboccante. Un gemito soffocato le sfuggì nonostante il ferreo autocontrollo. Si avvicinò al telefono e compose il numero diretto della casa presidenziale: "White. Mi passi il generale Takabana."


Myriam si guardò intorno ansante. Sapeva che non avrebbe mai raggiunto l'ingresso segreto dell' Ambasciata della Terra . Gli agenti di Thyr si tenevano distanti, ma ben visibili. "Probabilmente aspettano di ricevere ordini dalla sede centrale." - pensò - "Mi vorranno viva o morta?" - aggiunse tra sé con un lungo brivido, mentre si addentrava in un vicolo oscuro.
Decise di approfittare del momentaneo vantaggio. La cosa più importante era mettere al sicuro il microchip e per fare questo doveva ricorrere al suo unico amico, quello che le era stato vicino in tutti quegli ultimi mesi di vita condotta sul filo del rasoio: il suo gatto, l'amico Pangur, nascosto in una capace tasca interna del mantello. Lo aveva chiamato così perché le aveva rammentato il frammento di un' antichissima poesia di un monaco irlandese:
"Spesso un topo cede,
sopraffatto dall'eroe Pangur;
spesso il mio acuto, maturo pensiero
prende in trappola una nuova idea".
Il gatto nero, con la bella coda striata di rosso, era entrato nella sua vita come un' ombra, una notte d' autunno, saltando silenzioso dal davanzale della finestra del rifugio clandestino. E la loro amicizia era nata così, come il riconoscersi di due anime braccate. Pangur la seguiva in tutti i suoi spostamenti; affettuoso nei momenti di sconforto, l'osservava curioso e riservato durante le lunghe

ore d'addestramento. Si capivano al volo, ed ora le rivolse uno sguardo attento, come se già sapesse quale era la sua missione, come se la loro amicizia fosse nata per culminare con questa dolorosa separazione e salvare i documenti racchiusi nel microchip.
"In fondo, non siamo altro che degli strumenti nelle mani di una volontà superiore", disse Myriam pensando ad alta voce, mentre con una siringa iniettava il microchip sotto la pelle del gatto, sul dorso dove il pelo nero era più folto. "Vai ora. Non farti prendere. Tu sai riconoscere gli amici, vai a cercare Sean. Addio Pangur".
Aprì il mantello per far uscire il gatto e mormorò con la morte nel cuore:
'Occhi di gatto
nella brezza oscura.
Nobile amico.'
Lo seguì con lo sguardo mentre spariva nella notte, lasciandola completamente sola. Un fascio di luce improvviso illuminò il vicolo e lei si trovò di fronte Thyr che le ghignava in faccia chiamandola per nome:
"Myriam, Myriam. Cattiva ragazza. Finalmente ti ho trovata. Molto astuta l'idea del mantello, ma come vedi sono ancora io il più forte e adesso sei perduta".
Non si rese conto subito che era un ologramma e perse del tempo prezioso. Si ritrovò infatti circondata dagli agenti di Thyr. Erano otto ed anch' essi avevano un ghigno orribile sul volto. Indossavano l'uniforme chiazzata grigia e nera e portavano come insegna sulla spalla sinistra un disco rosso con all' interno una stella nera con la punta rivolta verso il basso: erano le guardie speciali di Thyr. Percepì tutto il loro odio e capì in un istante che la volevano morta e che la volevano far soffrire. Per un attimo si sentì mancare e le si gelò il sangue nelle vene.
"Non devo avere paura. Ho pensato alla morte tutte le mattine in questi ultimi mesi, svegliandomi nei rifugi più impensati. Morire è un solo attimo. Ma io voglio vivere, accidenti! Eppure non ho speranza". Poi si riprese, con un profondo respiro fece il vuoto dentro di sé e si concentrò sulle parole del suo maestro: "morire è solo un attimo, ma se il corpo cade, lo spirito può vincere". Qualcosa scattò dentro di lei. Adesso era pronta. Non aveva più paura. Tutto questo avvenne in un battito di cuore. Osservò i suoi nemici: si vedeva dalla loro postura che erano esperti di combattimento e adesso la sfidavano, ognuno in una posizione di guardia diversa, ognuno armato con qualcosa di diverso, ognuno che la fissava dritto negli occhi, mentre una luce alla sua sinistra la infastidiva e le toglieva la visuale.
L' addestramento ricevuto fluì dentro di lei, lasciandole la mente libera di concentrarsi sulle risposte automatiche del suo corpo. Con un unico movimento si liberò del mantello lanciandolo verso la fonte di luce ed evitò il primo attaccante che voleva colpirla all' addome con un coltello, arma antica per quei tempi. In un attimo fu dietro di lui e si ritrovò con le spalle al muro per fronteggiare gli attaccanti. Il movimento era stato così veloce che nessuno degli altri agenti di Thyr avevano visto le dita della mano di Myriam che colpivano la gola del suo avversario. Erano sorpresi di vederlo agonizzante per terra e adesso anche loro ebbero paura. Sapevano che era esperta in un' antica arte marziale ma non conoscevano il livello della sua
bravura ed ora che li fronteggiava sembrava che diventasse, sotto i loro occhi, più alta e più grossa. Una belva pronta a sbranarli.
Quello che sembrava essere un vantaggio, il numero, ora giocava contro di loro. Non era onorevole attaccarla tutti contemporaneamente, perciò esitarono, ma un comando fu urlato ed essi si slanciarono in avanti. Lei affrontò quello più vicino, armato di un laser speciale il cui effetto era simile ad una spada delle più affilate. Sfruttando il suo slancio, lo disarmò e lo mandò a rompersi l' osso del collo con una proiezione. Con quell' arma anticipò il movimento di un secondo attaccante armato dello stesso laser e con un urlo terribile quasi lo tagliò in due all' altezza dell' addome. Una specie di lancia la ferì ad una spalla, ma lei non sentì neanche il dolore mentre uccideva un terzo avversario con un colpo in diagonale alla testa. Si muoveva in circolo in modo che gli altri si impicciassero a vicenda e con un ampio movimento del laser ne uccise altri due. Gli altri si sottrassero al combattimento ma dall' oscurità comparve il nono uomo di Thyr, il capo della squadra ed il più spietato. Aveva avuto l' ordine di intervenire. Era provvisto di un' arma da fuoco e sparò a colpo sicuro. Il proiettile colpì Myriam al cuore. Lei si rese conto di morire ma non fu come se l' aspettava. Non c'era l'oscurità ad aspettarla, come quella volta che era svenuta durante un allenamento con il suo maestro. Con l'occhio della coscienza vide una luce, un puntino luminoso che diventava sempre più grande, e capì in un istante che la sua missione era compiuta.
Gli uomini di Thyr si avvicinarono e per terra videro soltanto un' esile ragazza, le labbra atteggiate ad un sorriso. Anche Thyr la vide, nell' immagine dell' ologramma proiettato nel suo quartier generale. Anche lui era un esperto di combattimento ed aveva registrato tutto pensando di carpire chissà quali tecniche segrete, e per la prima volta, lui, che portava il nome di una divinità nordica dei tempi passati e che si credeva un dio, ebbe un dubbio.
"La missione è stata compiuta come lei ha ordinato", gli comunicò il capo delle guardie dal vicolo insanguinato, per nulla scosso da quella strage.
"Mandate il cadavere immediatamente in laboratorio e portatemi quel maledetto microchip", comandò Thyr, pur sapendo dentro di sé che non lo avrebbero trovato.
"Cosa è stato quel movimento del mantello quando è entrata nel vicolo ?" - chiese al tecnico dietro di lui.
"Non lo so, signore. Un ombra si è mossa rasente il muro".
"Rivediamo l' ologramma".
"Si direbbe..., signore, non sono sicuro, direi che è una di quelle maledette bestie, un grosso topo, probabilmente".
Thyr lo fulminò con lo sguardo. "E' un gatto, idiota. Un gatto nero. Non sapete riconoscere un gatto? Ci ha giocato! Trovatelo, trovatelo subito!", urlò ai suoi ufficiali sbigottiti.


Un gatto nero, dal pelo arruffato, s'intrufolò nel condotto di aerazione della ambasciata. Stette qualche secondo con la zampina anteriore sinistra alzata, come in ascolto, poi, deciso, si diresse verso la biblioteca, dove Sean e il professor Grant sostenevano un burrascoso colloquio con il

generale Stone, comandante in capo delle squadre speciali di Thyr. I due terrestri erano appena stati informati della morte della ragazza. Il gatto si intrufolò tra le gambe dei due soldati, che non fecero caso a lui. La tensione presente nell'aria gli fece drizzare il pelo della schiena, e guidato dall'istinto si nascose dietro una pila di libri.
"Non potete incriminarci" - stava urlando il più giovane - "Non potete trattenerci contro la nostra volontà! Siamo cittadini terrestri, in missione diplomatica. Se ci arrestate, o se solo osate trattenerci, il Consiglio Federale terrestre voterà una mozione di sfiducia al vostro Presidente!" . Il generale Stone annuì gravemente:
"Non è nostra intenzione creare incidenti diplomatici, in un momento delicato come questo. Le elezioni sono vicine, troppo vicine, ma, d'altra parte, abbiamo le prove di una cospirazione interplanetaria. Quella donna là fuori…. Sappiamo che vi conoscevate, dottor Hills, e sappiamo che era una pericolosa sovversiva."
"Allora saprete anche che qui non è arrivata, né viva né morta. E sapete anche che da quando ha lasciato la Terra non ci siamo più incontrati. Non avete prove di nulla, solo sospetti infondati." Sean incrociò mentalmente le dita, sperando che il sistema di comunicazione che avevano adottato fosse stato davvero efficace.
"Professor Grant, mi può dare la sua parola di uomo di scienza che non avete avuto contatti con nessun elemento del cosiddetto 'movimento clandestino'?"
Il professor Grant si tolse gli occhiali, si massaggiò il solco sul naso e piantò lo sguardo sereno degli occhi azzurri totalmente miopi e innocenti in faccia al militare:

"Ecco, io.. veramente non saprei. Dato che si tratta di un movimento clandestino….. non posso assicurarle che il garzone del lattaio non ne faccia parte. Ma d'altra parte non ho conosciuto nessun garzone da quando sono qui. Posso ragionevolmente darle la mia parola di scienziato, generale Stone"
Il goldeniano e Hills si guardarono negli occhi: entrambi sapevano che non c'erano vincitori ma solo vinti. Forse solo la ragazza morta là fuori non era stata sconfitta: addosso a lei non avevano trovato nulla e agli uomini di Thyr rimaneva solo qualche sospetto niente più di un pugno di mosche. Il generale si congedò:
"Se avete fretta di tornare sulla Terra, vi consiglio di partire al più presto." E con un secco cenno del capo lasciò la sede terrestre.
I due archeologi rimasero in silenzio, finché furono sicuri che tutti gli squadristi di Thyr erano scesi dalla nave. Poi commentarono in modo neutro e distaccato i fatti della serata.
Non si fidavano molto della polizia di Thyr, e finché non fossero stati al sicuro nello spazio profondo non potevano sapere di essere veramente soli. Il gatto si risvegliò qualche ora dopo, quando nella stanza non c'era più nessuno. Fiutò l'aria e quando riconobbe l'odore si Sean saltò sulla poltrona preferita dal giovane archeologo, si acciambellò e si addormentò tranquillo facendo le fusa, completamente a suo agio, nonostante tutto.

Solo molte ore più tardi, quando la nave aveva già effettuato il primo dei salti nell'iperspazio, Sean si

accorse del gatto dal pelo nero tanto affezionato a Myriam, la coraggiosa Myriam uccisa dai fulminatori del dittatore, la dolce Myriam, che lui non avrebbe rivisto mai più. Ricordò un giorno, anzi l'ultima notte, di quella estate in Borgogna.
"Sarà pericoloso. Mi devi promettere che avrai molta cura di te, quando sarai di nuovo su Golden." - aveva sussurrato stringendola tra le braccia.
"Non lo sai che ho nove vite, come i gatti?" - aveva risposto lei con aria maliziosa - "anzi, facciamo un patto: ti prometto che se mi succederà qualcosa ritornerò da te ….. nel corpo di un gatto"
"Uhmm, preferirei una gattina, morbida, con la bella coda flessuosa…"
"D'accordo!" - aveva riso Myriam - "Vada per la gattina dalla lunga coda, ma stai attento! Le gatte hanno gli artigli!" - aveva concluso minacciandolo scherzosamente.
Il giorno seguente si erano recati a Huston, molo di partenza del traghetto per la stazione orbitante lunare, da dove Myriam si sarebbe imbarcata sull'astronave interplanetaria che l'avrebbe riportata su Golden, e si erano detti addio.
Il dolore lo colpì al petto come un pugno di ferro. Prese in braccio la bestiola che subito si mise a fare le fusa. Sentiva che il dolore non l'avrebbe lasciato mai più, perché Myriam era morta, e la missione fallita. E questo era davvero ingiusto. Il gatto si faceva accarezzare felice, ricambiando l'attenzione con piccoli colpetti della testa alla mano del giovane. Sean l'accarezzava, assorto nei suoi pensieri e non si rese conto subito che c'era qualcosa di diverso: anzitutto la bestiola non era mai stata per così tanto tempo in braccio a lui, e poi … ma no! Non era possibile! Eppure … ecco il piccolo rigonfiamento tra le scapole che si era aspettato di trovare. Myriam aveva davvero mandato un gatto al suo posto! Ecco il prezioso microchip. La missione era salva.

Un mese dopo alla Conferenza interplanetaria che doveva eleggere il Presidente della Federazione, il delegato terrestre produsse davanti a tutta l'assemblea le prove inconfutabili che la Terra aveva dei giacimenti di goldite più accessibili e più ricchi di Golden, e che inoltre era stato creato uno speciale strumento di estrazione e schermatura del minerale che rendeva economica e inesauribile la meravigliosa fonte d'energia. Le prove della collusione di Thyr con le Compagnie Estrattive furono insabbiate, in cambio della rinuncia del dittatore, nonché maggior azionista delle Compagnie, alle pretese di sfruttamento dei giacimenti di Golden, che furono affidati ad una commissione di geologi ed economisti, che oltre al risanamento della zona doveva occuparsi delle vittime e delle loro famiglie.
La cattedrale di Vezelay fu restituita alla municipalità. Sean continuò la ricerca del sito archeologico del culto di San Michele in Grecia. Quando lo individuò gli ingegneri si accorsero subito che era posato sul più grande giacimento di goldite mai scoperto. La miniera, che fu aperta in brevissimo tempo, ancora oggi porta il nome di Myriam.