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HMSS Samekh

di

Carlo Benedetti

1998

Mi svegliai molto tardi. Era una tiepida mattina di primavera, e nonostante il fatto di essere a Londra non avrebbe potuto essere altrimenti visto che in primo luogo era primavera ed in secondo luogo, dopo la Standardizzazione Globale del Clima effettuata dalla Federazione dei Governi Democratici molti anni fa, il clima era in pratica lo stesso tutto l’anno. Magari un po più freddo l’inverno e un po’ più caldo l’estate ma in realtà sempre tiepido.
Tanto il problema di danneggiare l’agricoltura non esisteva più da secoli: le uniche piante sopravvissute alla costruzione intensiva di moduli abitativi erano ormai solo nei giardini pensili della sede principale della Sukioto Corp.
All’inizio avevano resistito le piante ornamentali nei giardini dei livelli superiori, le case dei ricchi per intenderci, ma ormai la mancanza di spazio si faceva pressante anche per loro.
Sapete, il fatto che la superficie della Terra è limitata, benché coperta da molteplici strati di moduli abitativi, più di tanto non può fare. Per utilizzare un simbolismo, direi che è la classica immagine della coperta troppo corta!
Mi alzai dal letto con il netto presentimento che non sarebbe stata una buona giornata, e la conferma non tardò a farsi viva.
Il beeper del monitor che annunciava l’arrivo di un messaggio iniziò ad infastidirmi. Ancora un monitor direte voi...
Certo, sono affezionato al mio vecchio monitor anche se lo utilizzo solo per la messaggistica; preferisco consultarla in maniera testuale piuttosto che farmela leggere dall’immagine tridimensionale di una star del cinema trasmessa dall’olomonitor.
Secondo voi avrebbe dato meno fastidio se fosse stata una bella donna prosperosa, con i vestiti più o meno sexy e scollati, a dirmi che, se non effettuavo il pagamento entro 12 ore, mi avrebbero denunciato per insolvenza?
Collegai allora la mia placca cutanea alla porta di accesso alla rete dell’appartamento e cominciai a surfare cercando di mascherare il più possibile il mio percorso, saltando da un server all’altro in giro per tutta la galassia.
Arrivai finalmente al computer della banca, entrai, non certo dalla porta principale, e misi un bel "PAGATO" sopra a tutti i miei conti in sospeso.
Mi stavo scollegando, quando sentii l’avvisatore acustico di presenza suonare. Qualcuno si trovava nel corridoio davanti alla mia porta di casa. Non poteva certo essere qualcosa di relativo al "pagamento" appena effettuato, quindi, incuriosito, attivai le spie esterne e guardai.
-Cazzo ! - esclamai ad alta voce. Erano i Sint della Sukioto.
La situazione si stava facendo pericolosa. Se fossero stati quei tonti dei robo-poliziotti non mi sarei preoccupato; sapete sono robusti, affidabili ma lenti, in ogni senso, anche di cervello.
I Sint erano tutta un’altra storia.
Hanno la struttura del corpo clonato da quello umano ma irrobustito da una blindatura interna che copre organi vitali e scheletro, cervello positronico dell’ultima generazione il quale, tra l’altro, secondo il mio modesto parer, è stato modificato per non essere condizionato nemmeno dalle Leggi Fondamentali della Robotica, quindi in definitiva sono esseri veloci, pericolosi e intelligenti; ma grazie a Dio non furbi.
Sapevano di operare ai limiti della legalità e se ne fottevano, però ci tenevano a salvare le apparenze, quindi, prima di entrare, avrebbero perlomeno suonato e chiesto il permesso.
I boy-scout della Sukioto non si sarebbero certo scomodati per una fesseria tipo le mie operazioni bancarie; doveva essere qualcos’altro.
Forse avevano scoperto chi aveva stanato in uno dei loro server periferici i dati relativi a quel piccolo "esperimento" fallito, che aveva comportato migliaia di morti nel IV livello dell’area cittadina di Bombay.
Oppure chi aveva mandato ai mass-media i dati relativi a quella clinica degli orrori dove venivano clonati interi esseri umani, solo per prenderne i pezzi per i trapianti per i loro dirigenti che, cretinamente, non si fidavano delle protesi bio-meccaniche attualmente utilizzate in medicina.
Quello sì che alzò un bel vespaio. Certo non è ufficialmente proibito clonare esseri umani, ma farlo per prenderne i pezzi, in molte parti del mondo lo è. Oltre a tutto i componenti della Chiesa Cattolica, che comunque sono sempre una bella potenza, ancora si dichiarano contrari; e in quell’occasione crearono non pochi problemi alla Compagnia, che dovette chiudere il centro di clonazione il più velocemente possibile.
Certo, i danni che avevo portato alla Compagnia erano tanti, ma logicamente con chi deve prendersela un povero hacker se non con la più grossa, anzi direi l’unica, compagnia terrestre?
Controllai con tutte le spie attive e rilevai che tutto il quadrante era controllato. Mi restavano ormai solo 45 secondi prima che entrassero in azione e quindi cominciai ad organizzarmi per essere "preso in consegna".
Presi il connettore universale, che doveva essere inserito sotto-pelle vicino alla placca cutanea. Di norma io quell’arnese, data la mia allergia ai derivati del silicio, evitavo di portarlo continuativamente, visto che mi procurava un grosso prurito al braccio; inserii anche l’interfaccia di comunicazione a distanza, che permetteva di connettermi alla rete anche quando non avevo a disposizione una porta di accesso.
Certo, dovevo essere in vicinanza di un ripetitore di segnale via etere, ma ormai se ne trovavano in ogni pianeta abitato, sulle navi spaziali o anche nello Spazio, se si passa vicino ad un satellite.
Avevo appena finito, quando sentii suonare il campanello; andai tranquillo ad aprire e mi trovai davanti il capo gruppo dei Sint, il quale mi notificò molto cortesemente che stavano compiendo un’azione di supporto alla Polizia e che io avrei dovuto seguirli, tralasciando di dire con le buone o con le cattive, perché tanto si capiva perfettamente dal suo tono di voce e dalla sua espressione.
Il volo in macchina fino alla centrale di New Scotland Yard fu molto breve e devo dire che, per la prima volta in vita mia, il vedere il cubo di vetro della sede di NSY mi rese felice. Non ero completamente convinto che mi avrebbero portato alla Polizia e di norma la polizia è meno pericolosa della Sukioto.
Venni rinchiuso da un Bot poliziotto dentro una stanzetta angusta e buia e rimasi lì in attesa. Dopo alcune ore vennero a prendermi e mi portarono dall’ispettore capo.
-Siediti ragazzo- mi apostrofò il grasso ispettore.
Certo, chiamare ragazzo me che avevo più di 60 anni era un eufemismo, anche se oggi la vita media si aggira intorno ai 160 anni; ma comunque è tipico dei poliziotti usare certi termini.
-Allora, sai bene che è illegale entrare nei computer delle altre persone senza loro permesso.
-Davverooo!? Non me lo sarei mai immaginato!- dissi io.
Il colpo al collo mi arrivò completamente inaspettato. Mi rialzai e mi sedetti di nuovo sulla sedia massaggiandomi la nuca.
-Non credo che tu abbia capito la situazione. Abbiamo effettuato la più grande operazione anticrimine del secolo. Anzi, oserei dire del millennio, se non fosse che circa due secoli fa c’è stata la Grande Retata nella quale vennero distrutte definitivamente tutte le associazioni mafiose italiane, americane, giapponesi, eccetera, del mondo.
-Sì, così gli unici mafiosi rimasti sono quelli della Sukioto!- ribattei.
Il secondo colpo fu meno doloroso del primo, sarà che me lo aspettavo.
-Comunque abbiamo arrestato tutti gli hacker del pianeta e stiamo per rinchiudervi definitivamente sul Pianeta Carcerario Heth III nel sistema di Resh. E visto che nessuno è mai tornato da lì, suppongo che la vostra sistemazione sarà definitiva.
Non ci potevo credere! Era sicuramente una fandonia per vantarsi. Non sarebbero mai riusciti a trovare tutti gli hacker più forti del pianeta. Molti di loro nemmeno io sarei riuscito a scovarli, tanto erano bravi e nascosti bene. Lo aveva detto sicuramente per spingermi a collaborare con loro.
-Non credo che collaborerò con voi- dissi io.
-Non ci serve la tua collaborazione, ragazzo. Non potresti dirci nulla che già non sappiamo e per di più siete stati già tutti presi! Mi diverto solo a vedere le vostre faccie quando vi comunico la felice novella!- ed iniziò a ridere sguaiatamente.
Venni trascinato di nuovo nella mia angusta stanzetta e lì rimasi per altri due giorni.
Vennero a prendermi alle 5 di mattina del terzo giorno. Ma dico io! Va bene che uno è in arresto, ma le 5 di mattina mi sembra una crudeltà ingiustificabile!
Mi misero il blocco alle mani. Si trattava di uno di quei modelli nuovi con una chiusura a campo di forza ed una carica esplosiva interna telecomandabile applicata come deterrente per le fughe. Mi trascinarono fuori, venni condotto allo spazioporto, dove venni infilato nel tubo di carico della navicella di trasporto.
Vidi altre persone ammanettate, ma non riconobbi nessuno, cosa abbastanza normale visto che nella comunità hacker la conoscenza è solo virtuale: difficilmente si conosce il volto dell’altro.
Eravamo in tutto una decina, ma probabilmente ne avremmo trovati altri sulla fregata di seconda classe HMSS Samekh, che ci attendeva nell’area di stazionamento dell’atmosfera terrestre.
Non mi spiegherò mai perché gli Inglesi si ostinino a chiamare le loro navi Her Majesty Steam Ship, come le vecchie navi a vapore.
Ci avvicinammo alla nave spaziale e vidi che era tutto sommato piccola, il che voleva dire che non volevano dare grossa risonanza alla cosa; vidi anche che non c’erano navi militari di scorta, il che mi sembrò strano.
Se l’operazione era così grossa come dicevano loro, almeno una nave di scorta la dovevano mandare.
La navetta si agganciò con uno schiocco metallico alla nave e noi venimmo sbattuti in malo modo nei corridoi dell’area di sbarco della nave.
In fila per due venimmo condotti nella sala riunioni della nave e lì rimasi a bocca aperta.
Forse era vero che avevano preso tutti!
Dentro alla sala si trovavano più di duecento persone, tutte ammanettate!
L’operazione era stata realmente grandiosa, allora.
Poi, una persona dal palco disse:
-Voi siete, anzi siete stati, i migliori hacker della Terra, ma noi della Sukioto siamo più bravi di voi e se per anni avete potuto crearci dei fastidi e perché noi ve lo abbiamo permesso. Da oggi in poi vivrete una vita completamente diversa. Il pianeta sul quale andrete è un pianeta di nuova colonizzazione, sul quale certo i problemi saranno molti ma, soprattutto, è completamente isolato dalla Rete: lì non esistono nemmeno i computer, tranne quelli per la gestione delle cupole atmosferiche, ma sono modelli talmente antiquati che al massimo possono rompersi e farvi soffocare tutti- disse ridendo.
-Da oggi imparerete a vivere insieme senza nessun apparente controllo reale. In realtà sarete controllati continuamente. Sul pianeta il controllo è effettuato 24 ore su 24 tramite satelliti che sono in grado di colpirvi automaticamente ed incenerirvi nel caso creaste dei problemi. Adesso andate verso le uscite dalla sala riunioni e passando poggiate le vostre manette nei contenitori gialli. Cercate di non scordarvelo: uscendo dalla sala riunioni potrebbero inavvertitamente esplodere. Le manette si apriranno precisamente ...ora!
Il rumore di apertura, che è normalmente impercettibile, moltiplicato per il numero di manette che si aprirono contemporaneamente, si fece sentire in modo netto; ma la sensazione di riavere le mani libere era troppo bella e quindi non mi feci sopraffare dal senso di pessimismo che si stava impadronendo di me.
Uscimmo ordinatamente dalla sala, tutti molto "down", ma in realtà ognuno stava pensando a come tirarsi fuori da questa situazione.
E bisognava farlo al più presto. Capirete, in prigione si può anche vivere, ma senza computer... la vedevo dura.
Potevamo girare liberamente per tutta la nave, tranne il settore riservato all’equipaggio, che era off-limits per tutti noi.
Del resto, per tutto il viaggio, da allora in poi, non vedemmo nessun membro dell’equipaggio.
La conversazione languiva alquanto, ma questo era normale, dato che gli hacker sono persone di poche parole; ma pian piano stavamo prendendo confidenza tra di noi; cominciavamo a scambiarci anche qualche parola, soprattutto per sapere se qualcuno aveva un’idea per fuggire; ma nessuno, e quando dico nessuno intendo tutti quelli con cui ho parlato, aveva la benchè minima idea di come risolvere la situazione.
C’era un bel campionario di umanità varia sulla nave: uomini e donne di tutte le età e razze, ed anche diversi bambini. Ma in mezzo a tutta quella babele, notai una ragazza, che trovai bellissima, a dire il vero, ma che aveva un’aria molto strana; cioè, non triste o abbattuta come tutti noi, ma... c’era qualcos’altro in lei...
Così mi decisi.
La raggiunsi e la salutai; mi rispose con un cenno del capo.
-Io sono Andrea- dissi- Sono italiano, ma mi hanno preso nell’area metropolitana di Londra. Tu di dove sei?
-Boston.- mi rispose secca.
-Hai qualche problema oltre a quello comune a tutti? Ti posso essere di qualche aiuto? Mi sembri particolarmente giù...
-Senti, ho già abbastanza problemi senza dovermi difendere dai corteggiatori!
-Vedo che il fatto di essere come si suol dire tutti sulla stessa nave, non ha certo addolcito il tuo carattere!
La battuta era cretina, ma ottenne l’effetto sperato; lei sorrise e mi disse:
-Hai ragione, scusami, ma sono nervosa; la situazione non è molto bella. Mi chiamo Debbie, ma sulla rete mi conoscono come Dark Moon e mi farebbe piacere se mi chiamassi così
-Nessun problema, il mio nick-name è Frodo. Ma puoi chiamarmi per nome se preferisci.
-’Azz... niente-po-po-di-meno-che il grande Frodo, quello che ha rotto le uova nel paniere alla Sukioto in quella storia di Bombay!
-Sono felice che tu mi conosca, anche se non pensavo che fosse una cosa così clamorosa. Non è stato nemmeno troppo difficile, tra l’altro; ma anche io ho sentito parlare di te: se non sbaglio anche tu hai dato filo da torcere alla Compagnia.
-Beh, sì, effettivamente non li amo molto; ed oltre a tutto adesso ci troviamo qui per colpa loro.
-Bisogna trovare il modo di uscire da questa situazione- dissi sconsolato - ho trovato molti amici della rete, grandi nomi, ottimi hacker; pensavo anche che tra tutti ci sarebbe venuta un’idea, ma credo proprio che non ci sia una via di uscita
-Ti sbagli, una via c’è - replicò lei.
-Come fai ad esserne sicura?
-Me lo hanno detto le carte, e loro a me non mentono!
-Sono molto scettico rispetto ai metodi di divinazione, anche se spesso sono rimasto stupito di quante volte abbiano ragione. Però in questo caso non credo che ti abbiano detto la verità. Penso che le vie di fuga siano decisamente tutte chiuse.
-Spesso la gente è scettica, poi, quando si rende conto che quanto gli dici è vero, si ricrede
-Ma dimmi di più riguardo alla possibilità di venir fuori da questa empasse- dissi io molto poco convinto.
-Vedi, con le carte ho visto che saremo liberi: le carte parlano di un’altra possibilità di ricostruirsi una vita e mettono in risalto una figura di un uomo biondo e alto che ci condurrà lontano dopo aver combattuto contro le macchine
-Le macchine? Il problema sono le decine di Sint comandati dal capitano che si trovano nell’area riservata all’equipaggio- dissi io, perplesso
-Beh penso che l’uomo biondo potresti essere tu!
-Io? Naaa! Ma che scherzi? Ci sono hacker molto più in gamba di me sulla nave e tutti pensano che non c’è via di scampo- ribattei.
-Se non credi in ciò che fai non puoi ottenere nulla. Loro non hanno niente che li spinga a credere nella possibilità di riuscire; tu sì!- insistette lei - E secondo le carte devi essere tu a fare qualcosa: sono state molto chiare.
-Ma non saprei proprio cosa fare di utile per tutti noi.
-Ti posso aiutare io! Facciamo le carte per te e vediamo se confermano il fatto che tu sei l’uomo giusto e magari ti indicano qualcosa...
Ci mettemmo seduti da una parte e con tranquillità Dark Moon mi lesse le carte e nonostante il mio scetticismo rimasi impressionato dalla sua sicurezza.
-Le carte confermano che tu sei la persona giusta disse lei e ci indicano un’altra persona e sostengono che sarà il tuo complemento per la vittoria. Ma la cosa è strana... parlano di un grande freddo. Lo trovo inspiegabile
-Forse ho capito... potrebbe essere che il freddo è l’indicazione della persona?
-Potrebbe essere...- mi disse - Ti fa venire in mente qualcuno?
-Seguimi!
Ci dirigemmo verso la stanza che avevano assegnato al mio amico Mr. Freeze, un hacker dell’area cittadina di Firenze, anche lui arrestato insieme a tutti noi, un grande genio dell’elettronica: un processore in mano a lui poteva diventare qualsiasi altra cosa, espertissimo com’era nell’operare con mezzi di fortuna, data la sua cronica carenza di qualsiasi forma di denaro, dovuta più alla poca voglia di cercarlo che alla reale impossibilità di ottenerlo.
Bussai alla porta della sua cabina.
-Entrate- disse Freeze
-Ciao bello! Ti presento Dark Moon, un’amica di Boston. E’ convinta che ne possiamo uscire fuori anche se non ha idea di come
-Anche io ne sono convinto mio caro...-disse Freeze.
-E come è possibile?
-Semplice. Ti sei chiesto perché non vediamo nessuno dell’equipaggio? Te lo spiego io. L’equipaggio non c’è; o almeno non c’è nel senso stretto del termine: siamo su di una nave completamente automatica!
-Ma dai! E’ impossibile! Chi è quel cretino che ci farebbe sorvegliare e trasportare solo da un computer?
-Alla Sukioto si fidano molto dei loro sistemi di sicurezza ed inoltre sono convinti che non abbiamo computer con noi
-Beh, il che e quasi vero... a me hanno levato quasi tutto, ho salvato solo la placca cutanea e l’interfaccia di comunicazione a distanza, che non è rilevabile dai loro scanner- dissi io.
-Cavolo! Una interfaccia di comunicazione a distanza! Ma è la ciliegina sulla torta!- disse Freeze - Adesso ti spiego il piano: ho rimediato da Blob-1, smontandogli la sua vecchia protesi del braccio, un processore modificabile: collegandolo insieme a dei pezzi della mia placca cutanea, che per inciso è già un po modificata, ho ottenuto un terminale intelligente perfettamente programmabile- disse col tono di chi voleva stupire.
-Connettendolo sulla tua placca cutanea e con la tua interfaccia di comunicazione, puoi provare ad entrare nel computer della nave e vedere cosa puoi fare
Connettemmo il suo marchingegno alla mia placca e dopo un paio d’ore di lavoro mi resi conto che nonostante il processore rimediato fosse una schifezza, con le aggiunte della placca modificata di Freeze, era veramente diventato un mezzo potente.
Riuscii a trovare una porta utilizzabile a distanza dentro l’area riservata, ed entrai sperando che il computer centrale della Samekh non se ne accorgesse troppo rapidamente; mi mascherai fingendomi un programma di controllo del sistema di areazione e comincia a guardarmi intorno.
Non era facile come mi aspettavo: non avevo mai visto un sistema così complesso e così ben protetto. I ragazzi della Sukioto dovevano aver dato il meglio di sé stessi; quindi avevo poco tempo!
Per nascondermi meglio l’unico mezzo era distrarre il sistema di sicurezza. Allora inserii uno dei miei virus poliformi; non erano pericolosi per il sistema, ma erano molto duri da eliminare ed il sistema di sicurezza, di norma, si sarebbe dedicato con tutte le sue forze ad eliminarli.
Al primo attacco del sistema di sicurezza il virus si scisse in diverse centinaia di parti ed ognuna assunse una forma diversa. Il sistema di sicurezza, così amabilmente intrattenuto, non si accorse del mio semplice travestimento ed io potei operare tranquillo.
Mi procurai un mio account, al quale feci ottenere poi i privilegi di accesso a tutto il sistema; lo nascosi ben bene e uscii. Non me ne ero reso conto, ma ero rimasto dentro per quasi due ore. Quando lavoro non mi rendo conto del tempo.
-Allora: il sistema è potente, ben protetto, ma non invulnerabile; ho già buttato dentro un account fantasma per riuscire a rientrare e lavorare sul sistema. Non siamo soli sulla nave, ci sono anche una decina di Sint, che devono agire in caso di necessità; e sono ben armati- dissi.
-Caspita! Diventa ancora più divertente!- disse Dark Moon.
-Per i Sint non ci sono problemi - disse Freeze - Sono anni che li studio ed ho trovato il sistema di friggergli il cervello.
Rimasi di stucco. Ritenevo impossibile fermare un Sint, a meno di avere a portata di mano un bazooka, pratica però sconsigliabilissima a bordo di una astronave in viaggio.
-Come ben sapete - continuò - i Sint hanno un sistema di comunicazione tra di loro basato su di una specie di comunicazione telepatica; io sono riuscito ad entrare nei meccanismi di quel sistema ed ho trovato un "bug", un malfunzionamento: mandandogli dei segnali fuori gamma, modulati appropriatamente, inserisco nel loro cervellino positronico un comando ad altissima priorità che li obbliga a trovare per forza la soluzione del primo problema che gli verrà posto. Quindi basta anche una idiozia di comando del tipo: calcola il pi-greco fino all’ultima cifra decimale, e loro iniziano a lavorarci sopra assorbendo piano piano tutte le energie del sistema fino a che la testa non gli inizia a fumare!
-Cavolo! Ma è semplicissimo!- rise Dark Moon.
-Sembra facile! In realtà la difficoltà sta nell’entrarci in comunicazione e nel modificare il loro sistema di sicurezza che gli farebbe escludere un simile problema perché irrisolvibile. Non sai quanto tempo mi ci è voluto per riuscire a modificare il loro codice di sicurezza senza che il sistema di supervisione non se ne accorga!- obiettò Freeze.
-Va bene, poche chiacchiere- dissi io- Sei in grado di farlo con i mezzi a nostra disposizione?
-Certo. Modificando opportunamente la tua interfaccia di comunicazione a distanza con questi circuiti che ho rimediato dall’impianto di gestione del bagno della cabina (che però ho reso però inservibile, anzi, per inciso, ci tengo a precisare che se mi scappa la vengo a fare nella tua di cabina!) possiamo trasmettere sul loro canale i codici di criptaggio. Li conosco perfettamente, e nel giro di una mezzora ti becco il primo. Il comando è in broadcast quindi lo costringi a trasmettere la stessa cosa a tutti i suoi fratellini; tempo un paio di ore li abbiamo stesi tutti
-Così tanto? Ma tra due ore avremo finito la serie dei balzi nell’iperspazio e saremo vicini al sistema di Resh e se lì ci aspettano, come la mettiamo?
-E’ un rischio che dobbiamo correre; comunque in minor tempo è impossibile. Però considera che già dopo un’oretta dalla partenza del processo di esecuzione del mio comando, loro saranno inservibili, per cui tu puoi cominciare a lavorare sul computer centrale della nave, tanto, anche se si accorgesse dell’attacco, non potrebbe chiedere aiuto ai suoi Sint.
Freeze cominciò a lavorare di buona lena e dopo circa un’ora mi dette il via.
Iniziai a sistemare la nave. Per prima cosa gli chiusi tutti i sistemi di comunicazione con l’esterno per impedirgli di far sapere che era sotto attacco, anche se era comunque impossibile comunicare dall’iperspazio.
Lasciai attivo solo quello che comunicava la posizione, di modo che, una volta usciti dall’iperspazio, avrebbe segnalato la posizione che, sulla Terra, si aspettavano dalla nostra nave.
Dopo di che cominciai a cercare di capire come era stato impostato il piano di volo in modo da poterlo variare.
Il sistema di sicurezza mi rilevò, ma io avevo adottato una tecnica semplice ed efficace. Con dei codici utilizzati dal servizio assistenza tecnica di questa marca di computer, che mi ero procurato tempo addietro, ero riuscito nel frattempo a far diventare il mio processo prioritario rispetto al suo: erano codici che variavano continuamente, ma erano codici calcolati e così se eri in possesso dell’algoritmo di calcolo, eri a posto.
Così fu il sistema operativo stesso che dovendo scegliere tra me e il sitema di sicurezza, distrusse lui perché lo riteneva meno importante.
E’ un metodo che mi fa impazzire! E’ lo stesso sistema operativo che si suicida e si consegna nelle tue mani!
Ero ormai padrone del sistema, ma lo lasciavo lavorare in automatico fino all’uscita dall’iperspazio.
Uscii dal collegamento e Freeze mi confermo il buon esito della sua operazione: i Sint si stavano già lambiccando il cervello per calcolare l’incalcolabile.
Guardai verso Dark Moon, che se ne stava con i suoi tarocchi in mano.
Freeze ci disse:
-Va bene: la nave e nostra; ma dove andiamo? Ci riprenderanno se andiamo in giro per lo spazio così senza meta.
-Questo è vero- dissi- Ma il sorrisetto sotto i baffi di Dark Moon mi dice che ha già un’idea
-Effettivamente le carte parlano di un nuovo posto dove vivere e mi hanno anche dato un’idea di dove potrebbe trovarsi. Basta cercarlo con cognizione di causa sulle mappe stellari del computer. Vedi, sono uscite alcune carte significative- continuò- Sono usciti l’Appiccato, la Luna e l’Imperatrice. Allora ti spiego: l’Appiccato vuol dire astrologicamente la Luna in Bilancia, per cui dobbiamo cercare qualcosa che abbia a che fare con la costellazione della Bilancia; poi la Luna, non capisco cosa voglia dire, ma l’Imperatrice sicuramente è il nome del pianeta. Vedi se nel quadrante cè un pianeta di nome Gimel o simile
-Gimel?- dissi io.
-Certo: l’arcano maggiore dell’Imperatrice, nella cabala ebraica, rappresenta la lettera G, che è appunto Gimel
Guardammo le mappe del computer e cercammo il pianeta nel quadrante delimitato dalla costellazione della Bilancia un pianeta di nome Gimel, come indicatoci dalle carte; si trattava di un quadrante poco frequentato e con una bassa densità di pianeti.
Trovammo finalmente il pianeta; in realtà si chiamava Girmeil ma la sua rispondenza all’indicazione delle carte era evidente: era anche il terzo pianeta del suo sistema ed era stato indicato dalla terza carta. Il problema più grande era che il pianeta era invivibile, mai colonizzato o terraformato.
-Mi sa che le tue carte hanno sbagliato...
-Le carte non mentono mai a me - ribatté seccamente Dark Moon -Infatti, guarda qui, ecco la spiegazione della seconda carta: la seconda luna di Girmeil era una stazione mineraria della vecchia Compagnia Mineraria del Sulcis, che è stata abbandonata quando la Sukioto ha fatto fallire la concorrente.
-Cavoli! Possiamo controllare se è ancora funzionante; se così fosse, cosa assai probabile visto che quelle strutture sono molto resistenti, risistemarla e adattarla alle nostre esigenze non dovrebbe essere difficile.
Ci accorgemmo che stavamo per uscire dall’iperspazio.
Ormai eravamo a posto: la nave era nostra e sapevamo già dove andare; bastava solo farlo.
Uscimmo nel salone ed avvertimmo i nostri compagni. Felicissimi della notizia ci abbracciarono ed io, in particolar modo, venni acclamato seduta stante capo hacker della nave. Sapevo che il titolo era puramente onorifico ma, come mia prima e forse unica azione di comando, volli ribattezzare la nave e, a corto d'idee come il mio solito, la chiamai HMSS Samekh. La differenza? Semplice HMSS sta per Hacker Madness Star Ship!
L’uscita dall’iperspazio avvenne in quel momento ed io corsi a collegarmi sul computer della nave per impostare la nuova rotta; ma fui assalito da un dubbio: non bisognava farsi prendere dalla foga, bisognava assolutamente coprire le nostre tracce.
Mi collegai allora tramite il computer di bordo al Sistema Galattico di Comunicazione e mi inserii nella Mappa Intergalattica della Federazione; mi era venuta un’idea: se avessi cancellato il pianeta se ne sarebbero accorti tutti; allora non feci altro che invertire le coordinate galattiche; capitava spesso che le navi correggessero le coordinate spaziali di un pianeta per via degli spostamenti nella galassia, oppure per via di errori.
Ormai, se avessero cercato di raggiungerlo si sarebbero trovati in un’altra parte della galassia.
Tempo poche ore tutte le navi avrebbero aggiornato i loro computer; come certamente saprete tutte le navi appena escono dall'iperspazio si collegano con la federazione per aggiornare i loro database delle mappe e quindi, tempo poche ore, tutti si sarebbero sincronizzati con i nuovi dati.
Restava solo da piazzare un piccolo programmino, in realtà un piccolo virus, che avrebbe cancellato tutta la storicità delle vecchie posizioni segnalate per quel pianeta.
Mi dedicai allora a cercare di coprire le nostre tracce mentre cambiavamo rotta.
Presi il più vicino satellite in grado di effettuare comunicazioni con la terra e dal computer della nave lo riprogrammai per fargli spedire il nostro codice identificativo, facendo credere così alla terra di essere la nostra nave, mentre alla nave disattivai completamente la trasmissione della posizione.
So che tutti siete convinti che non si possa impedire alla scatola nera della nave di registrare e segnalare la propria posizione; ma se così fosse, come avrebbero fatto quelli della Sukioto 20 anni fa a coprire il fatto di aver distrutto una nave stellare in volo senza aver nessun problema? Sapete, lo hanno fatto solo perché pensavano che ci fosse a bordo un loro concorrente molto potente e pericoloso.
Il sistema è in realtà molto semplice: quando fu recuperata la scatola nera furono agenti della Sukioto a metterci le mani sopra per primi, e senza manometterla, trasmettendo dei segnali dall’esterno, variarono i dati e finsero un’avaria facendo completamente sparire i dati relativi ai loro siluri.
Io utilizzai lo stesso metodo e una volta dentro alla scatola nera gli impedii di comunicare la sua posizione.
Effettuammo subito l’entrata nell'iperspazio e dopo non molti balzi ci ritrovammo nel settore della nostra destinazione.
Entrammo nel sistema di Kof (le due stelle gemelle che formavano il sistema solare in cui si trovava il nostro pianeta) e dopo poche ore eravamo vicinissimi al 3° pianeta: Girmeil.
Entrati in orbita ci accostammo alla seconda luna ed approntammo delle navette per scendere in ricognizione. Tutto il resto è cronaca spicciola di riparazioni e adattamenti della stazione mineraria.
I primi tempi sulla seconda luna di Girmeil furono duri, ma per tutti noi adesso è la nostra casa e tutto sommato non è nemmeno poi così male. Il vedere il suo doppio tramonto da dietro gli oblò delle case è una esperienza unica.
Anche se ieri, abbracciato a Dark Moon (ebbene sì, adesso viviamo insieme), mentre guardavamo proprio quello splendido tramonto, sono stato assalito da un po’ di nostalgia; e le ho detto:
-Certo, lo stare rinchiusi in una prigione sarebbe stato peggio; ma anche qui, a parte lo stato psicologico di libertà, visto che nessuno ci comanda, siamo in realtà dei reclusi
Dark Moon prese il mio viso tra le mani, mi guardò con quel suo solito sorrisetto strano e mi sussurrò:
-Non ti preoccupare caro ce ne andremo da qui e torneremo presto sulla terra.
-Davvero?!- dissi io entusiasta - E quando?
-Non appena le mie carte ce lo confermeranno, amore.
Sapevo di potermi fidare dei suoi tarocchi e mi leccai i baffi pensando a duecento hacker, incazzati neri, che tornavano sulla Terra per sistemare i conti.
La Sukioto Corp. stava dormendo i suoi ultimi giorni tranquilli...