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Quarantacinque anni di fantascienza in Italia

di Gianfranco de Turris

Anche in Italia, come in tutti gli altri Paesi, esiste una narrativa "di genere": romanzi e racconti che sono stati definiti "paraletteratura" in quanto - per convenzione - alcuni critici la pongono "accanto" alla letteratura vera e propria, intendendo dunque che con quest'ultima abbia poco o nulla a che fare. Teoria spesso sconfessata e che si riferisce a opere poliziesche, di spionaggio, di fantascienza, fantastiche, dell'orrore, d'avventura, d'amore e così via. Se questa narrativa anche in Italia si scrive, come e dove si pubblica? Ha essa una sua particolare e specifica editoria che si distingue dalla "grande editoria": dunque una editoria "specializzata"? E' sempre esistita, o da quando e venuta a esistenza? E che rapporti ha con l'altra, quella "normale"? Per dare una prima risposta si deve fissare qualche data: una editoria "di genere" sorge se viene identificato il genere stesso, nel nostro caso la fantascienza e gli altri che per comodità gli affianchiamo, il fantastico e l'orrore, accomunati dalla loro caratteristica di fondo: la qualità dell'immaginario. Questa identificazione in Italia è avvenuta soltanto nel 1952, l'anno in cui nacquero le prime collane dedicate esclusivamente alla fantascienza, non esistendone in precedenza alcuna. Tra le due guerre, infatti, se Mondadori creava la famosa serie dei "libri Gialli" ideata da Alberto Tedeschi (che pubblicherà soltanto romanzi polizieschi a volte di autori italiani, lanciando un termine fortunatissimo con cui ancora oggi quei libri si identificano) nulla del genere doveva verificarsi per la fantascienza, la cui prima rivista specializzata era peraltro uscita negli Stati Uniti già nel 1926 con il titolo di "Amazing Stories". Ciò non vuol dire, ovviamente, che non si scrivessero anche nel nostro Paese opere di questo tipo! Solo che non avevano ancora un termine specifico che le identificasse unitariamente. Così, tra la metà dell'Ottocento e il 1945 vennero pubblicati romanzi e racconti che prendevano via via definizioni diverse. E' sufficiente sfogliare le annate delle vecchie riviste illustrate dell'epoca, dei supplementi, dei feuilletons, delle brochures settimanali per trovare innumerevoli "racconti incredibili" o "fantastici" o "avventuristici", ovvero "romanzi dei tempi futuri" o "utopici", "del domani". Non era stato ancora inventato il neologismo adatto e il termine più comune era ancora "fantastico": evidentemente quello che in modo più diretto si contrapponeva al realismo anche avventuroso dell'altra produzione popolare, e dove magari si parlava d'invenzioni meravigliose o di viaggi mirabolanti su qualche pianeta, cioè di speculazioni di tipo scientifico. L'unica collana ben caratterizzata apparve nientemeno che nel 1907, giusto novant'anni fa: s'intitolava Biblioteca fantastica dei giovani italiani, era diretta da Luigi Motta, e pubblicò due serie di otto brochures di sedici pagine dedicate a storie fantastiche, orrorifiche, protofantascientifiche e realistiche a firma di autori italiani, anche con pseudonimo straniero. Ma fu un'eccezione che non si ripetè più (1). Vi fu - è vero - un tentativo che merita di essere ricordato per la sua novità ed originalità e che, se si fosse risolto positivamente, avrebbe di certo modificato la storia dell'editoria fantascientifica nel nostro Paese. Alla fine degli anni Trenta Armando Silvestri, redattore capo de "L'Ala d'Italia", la rivista del ministero dell'Aeronautica, autore di racconti e fantasie scientifiche sul "Giornale Illustrato dei Viaggi" e di romanzi d'avventura per la casa editrice Sonzogno, ispirandosi ai pulp magazines americani in vendita nelle edicole internazionali di Milano e Roma, progettò una serie di quattro mensili che avrebbero dovuti alternarsi ogni trenta giorni nelle edicole (in pratica quattro quadrimestrali): "L'Avventura", "Avventure del Mare", "Avventure del Cielo", "Avventure dello Spazio", dedicati a racconti rispettivamente ambientati - è ovvio - in terra, mare, cielo e spazio. Fu accettato, dato l'ambiente in cui venne avanzata l'idea, solo il mensile "Avventure del Cielo" dedicato a imprese aviatorie, che uscì nel 1938 e chiuse nel 1943. Se avesse visto la luce "Avventure dello Spazio", per il quale Silvestri pensava d'ispirarsi alle varie "Amazing" e "Astounding" che aveva potuto acquistare ed esaminare, la storia di questa narrativa in Italia sarebbe stata diversa da come noi tutti l'abbiamo conosciuta. Ma questa è solo ucronia...(2).

Bisogna dunque attendere sino al 1952, allorché due editori, uno minimo e l'altro grande, già allora il più grande d'Italia, decisero di tentare la carta di un genere letterario che negli Stati Uniti veniva chiamato science fiction e che era nato grazie alla inventiva di un immigrato lussemburghese, Hugo Gernsback, nell'aprile 1926 con la rivista in precedenza ricordata, "Amazing Stories". E le loro imprese indicano, emblemalicamente, le due vie che avrebbero preso nel nostro paese l'editoria fantascientifica: quella specializzata e quella generalista. La prima casa editrice fu la Krator di Roma (il nome deriva dalla fusione di quelli dei due proprietari, Kramer e Torossi) che pubblicò "Scienza Fantastica" (3) attingendo soprattutto al mensile americano "Astounding Stories" (che usciva dal 1930) e bruciando di alcuni mesi la seconda, Mondadori, che a fine anno andò in edicola con il "bimensile" "I Romanzi di Urania" (4) e con il mensile "Urania" (5), una collana di romanzi il primo, una rivista vera e propria il secondo, che traduceva soprattutto da un altro mensile americano, "Galaxy Science Fiction", apparso nel 1950 ma già autorevole. II curatore era Giorgio Monicelli e a lui si deve il neologismo che traduceva science fiction e che s'impose su quella "scienza fantastica" che per un po' gli aveva fatto concorrenza. Naturalmente si tratta di "fanta-scienza" (all'inizio con il trattino), parola da tempo ormai entrata nell'uso comune, anche se - come è stato notato - esso travisa in parte il senso originario, dato che fiction significa narrativa e non fantasia (e quindi la traduzione più esatta dovrebbe essere: narrativa scientifica, di tipo o a sfondo scientifico). Queste prime testate indicano anche due modi diversi di presentare il nuovo genere letterario in edicola: la collana di romanzi lunghi e la rivista con storie brevi, articoli, rubriche; modi che all'epoca non esistevano negli Stati Uniti. Qui la regola era la rivista, in formato pulp o digest, mentre il romanzo appariva sotto forma di libri pocket, cioè tascabili. Ma Mondadori abbandonò quasi subito "Urania", né fortuna migliore ebbero iniziative analoghe: la conseguenza fu che il pubblico degli appassionati di fantascienza andò abituandosi pian piano a leggere quasi esclusivamente opere lunghe, penalizzando la formula della "rivista". Non solo, il monopolio della collana di romanzi della Mondadori fece acquisire ai lettori una seconda abitudine: la firma, il nome straniero, in genere inglese. Gli autori italiani ospitati nei primi cinque o sei anni furono tre o quattro, con firme vere o pseudonimi, poi scomparvero: per la precisione, l'ultimo autore esplicitamente italiano fu Franco Enna con L'astro lebbroso (marzo 1955) e si dovranno attendere trentacinque anni per vederne riapparire un altro in copertina (Gli universi di Moras di Vittorio Catani, vincitore del Premio Urania 1990, il primo). Per il pubblico la fantascienza s'identificò così con quella americana o inglese. Da qui la difficoltà, in seguito, di far affermare una produzione (e delle firme) italiane. Il contrario avveniva in Francia dove contemporaneamente a "Urania" usciva "Anticipation", mensile di romanzi della casa editrice Fleuve Noir, che accanto a scrittori americani presentava scrittori nazionali, che poco alla volta s'imposero e oggi non hanno troppi problemi ad essere pubblicati accanto agli americani: "Anticipation" (alla quale per un lungo tempo fu affiancata una collana orrorifico-fantastica dal titolo "Angoisse") pubblica ormai da molti anni "esclusivamente" autori francesi. La novità mondadoriana sollecitò imitazioni, che pero non ebbero fortuna. Tentò per primo un piccolo editore milanese, Landini, che all'inizio del 1953 fece uscire una collana di romanzi, "Galassia" (6), ma chiuse prestissimo.

Un altro grande editore generalista, Garzanti, provò l'anno dopo a inserirsi sulla scia di Mondadori, ma anch'egli senza successo: acquistò i diritti di un'altra rivista statunitense, "The Magazine of Fantasy and Science Fiction" (1949) e la tradusse col sintetico titolo di "Fantascienza" (7), anche se comprendeva (come indicava il titolo) numerose storie fantastiche. Forse una pubblicazione del genere era prematura sul nostro mercato e durò pochi numeri. Un secondo tentativo di trapiantare in Italia questa testata fallì ancora nel 1962 con "Fantasia e Fantascienza" dell'editrice Minerva (8). I1 1957 fu un anno speciale per la fantascienza, e non solo perché in ottobre venne lanciato il primo satellite artificiale, lo Sputnik sovietico. Dopo cinque anni di monopolio incontrastato della collana mondadoriana ecco apparire almeno tre concorrenti: il primo fu una collana di romanzi che riprendeva il titolo di "Galassia" (9) e veniva stampata a Udine per la cura di un singolarissimo personaggio, Luigi Rapuzzi Johannis. In gioventù era stato pittore del "secondo futurismo", ed era famoso per essere stato uno dei primi "contattisti" italiani (cioè, uno dei primi ad aver avuto un "incontro ravvicinato del terzo tipo" con extraterrestri sull'altopiano di Asiago nel l947). Johannis è forse il primo italiano ad aver scritto romanzi di "archeologia spaziale" (per usare il termine reso famoso negli anni Sessanta e Settanta dai saggi di Peter Kolosimo), alcuni dei quali pubblicò sia sulla sua collana sia in quella di Mondadori. II secondo tentativo, sulla scia di quest'ultimo, fu "I Romanzi del Cosmo" (10), editi da Ponzoni (un editore all'epoca attivissimo nel settore dei fumetti ma soprattutto nei fotoromanzi.

A parte qualche buon autore, attinse però quasi sempre alla produzione americana e inglese di serie B e C di autori prolifici e sconosciuti, regolarmente tagliando i testi, ma anche dando molto spazio a scrittori italiani con pseudonimo: i romanzi di nostri autori furono 44 sui 202 pubblicati dalla collana, di qualità decisamente ineguale. I primi testi vennero scelti da Tom Arno, pseudonimo di Giorgio Monicelli che, dunque, nel 1961 selezionava i testi per la collana di Mondadori e per quella direttamente concorrente... II terzo tentativo invece, solo indirettamente si può definire un concorrente de "I Romanzi di Urania": infatti "Oltre il Cielo"(11) non era una collana formato digest come tutti gli altri, ma un periodico tabloid, quindicinale (più in teoria che in pratica), stampato in rotocalco con foto e illustrazioni e dedicato altresì all'astronautica, alla missilistica e alla divulgazione scientifica. "Oltre il Cielo" uscì nelle edicole proprio a ridosso del lancio del satellite sovietico, e agli articoli alternava racconti di "fantasie scientifiche" (questo il terrnine che il suo direttore-editore, Armando Silvestri, preferiva a "fantascienza"). La rivista si affiancava a un'altra di aeronautica, "Ali Nuove", che Silvestri aveva ripreso dopo la parentesi della guerra, e traeva origine da "Cielo", un altro periodico aeronautico diretto da Publio Mangione insieme a Silvestri: di entrambi era "padre" quellì "Avventure del Cielo" che prima si è ricordato. L'importanza di "Oltre il Cielo" sta nel fatto che, dopo aver ospitato racconti di autori stranieri soprattutto all'inizio, affiancò ad essi anche quelli di autori italiani, "ma senza pseudonimo". Ben presto questi ultimi divennero la regola sino a giungere, a conclusione di una esperienza quindicennale, a un totale di 475 racconti e 12 romanzi a puntate dovuti a più di cento nostri scrittori. Sulle sue pagine si sono formate almeno due generazioni non solo di lettori, ma anche di narratori e critici che poi hanno contlnuato la loro attività sulle testate degli anni Settanta e Ottanta giungendo anche in posti di prestigio. Per alcuni anni la rivista di Armando Silvestri e Cesare Falessi (un altro giornalista-scrittore autore di ottimi racconti) rimase sola a difendere il principio che anche gli italiani potevano scrivere della buona e a volte ottima fantascienza con idee originali, coerente, appassionante, ben organizzata narrativamente, firmata a chiare lettere dai nostri autori, per dilettanti che fossero. Nel 1962 col n.l01 scienza e fantascienza, prima mescolate ail'interno della rivista, furono divise e la sezione centrale venne interamente dedicata alla science fiction con racconti, articoli, recensioni. Oramai introvabile, solo una ipotetica antologia della rivista potrebbe dimostrare come le "radici" della fantascienza italiana siano nelle sue pagine.

Nel 1958, una piccola casa editrice milanese acquistava i diritti di quella che era una delle riviste più interessanti e originali degli Stati Uniti, "Galaxy"(12), arricchita dalla cura estremamente vivace ed accattivante del curatore italiano, R. Valente. Dopo non molto si trovò in difficoltà e venne rilevata da un'altra casa editrice, questa volta di Piacenza, che però già aveva una sua struttura essendo specializzata in testi giuridici, codici e manuali: La Tribuna. L'editore Vitali affidò la rivista e una successiva collana di romanzi, "Galassia"(13) a Roberta Rambelli, esperta della materia, traduttrice e autrice con innumerevoli pseudonimi di molti testi pubblicati da "I Romanzi del Cosmo". L'aver già una struttura organizzativa e distributiva consentì da un lato alle pubblicazioni della Tribuna di resistere a lungo sul mercato, mentre la presenza di un curatore come la Rambelli (scomparsa tragicamente nel gennaio 1996) permetteva di aprire uno spazio agli autori italiani, anche se in appendice alle due testate e con criteri di scelta spesso discutibili. La Casa di Piacenza fu anche la prima che tentò, con un certo successo, il lancio di collane di veri e propri libri esclusivamente di fantascienza, anche se venduti soltanto in abbonamento e non tramite librerie o edicole. Lo Science Fiction Book Club presentò diversi romanzi importanti e troppo lunghi per essere ospitati nelle collane tascabili (in tre anni, 1963-1966, prima di una lunga interruzione, pubblicò ventidue volumi nella collana Il Libro del Bimestre e dodici ne La Bussola SF). Si trattò di una iniziativa importante: sino ad allora, infatti, la grande editoria generalista aveva sempre ignorato la fantascienza a livello di volumi rilegati o brossurati da libreria: al massimo erano state pubblicate collane di romanzi per ragazzi, come i dieci di Fantascienza della SAIE (Torino) nel 1957-1959, o gli altri dieci de I Libri del Duemila della AMZ (Milano) nel 1959. Non solo, ma si tentò anche di coinvolgere nomi della cultura italiana che all'epoca avevano manifestato un qualche interesse per la fantascienza (uno fra tutti: Umberto Eco) facendo loro scrivere delle introduzioni. "Galaxy" chiuse la sua esperienza di testata autonoma dopo sei anni, allorché i diritti vennero acquistati dalla Mondadori per rifornire le antologie che pubblicava la nuova "Urania" affidata a Fruttero & Lucentini (per l'occasione divenne settimanale, l'unico settimanale di fantascienza al mondo nei due anni di questa periodicità). "Galassia" invece uscì per venti anni, ospitando anche interventi critici e una decina di romanzi italiani senza pseudonimo. L'esperienza della Tribuna si esaurì all'inizio degli anni Ottanta, quando ormai i lettori si erano abituati, al di là della collana mondadoriana, a un altro modo di leggere science fiction. Uno dei curatori delle riviste della Tribuna, Ugo Malaguti, nel 1967 decise di mettersi in proprio e creò a Bologna una casa editrice, la Libra, che, come lo SFBC si rivolgeva direttamente agli appassionati, eliminando il tramite delle librerie, mediante abbonamenti e vendita diretta. Per prima vide la luce una rivista, divenuta ben presto un grosso cahier, dal titolo "Nova SF", poi fu la volta di due collane: "Gli Slan" (1968) e "I classici della fantascienza" (1969). La casa fallì all'inizio degli anni 0ttanta (l'ultimo numero di "Nova sf" porta la data del dicembre 1980), per poi risorgere come Perseo Libri nei 1985 riproponendo una "nuova serie" della rivista con periodicità trimestrale e oggi giunta al ventottesimo numero; una seconda testata trimestrale, "Futuro Europa", diretta da Malaguti e Lino Aldani, di cui sono apparsi tredici fascicoli, e tre collane di libri: una Biblioteca di Nova SF (tredici volumi, di cui tre italiani) Narratori europei di SF (nove volumi, di cui otto italiani) e l'opera omnia di Clifford D. Simak (tredici volumi sino a questo momento).

L'inizio degli anni Sessanta vide il consolidarsi di una fantascienza italiana alla luce del sole, senza pseudonimi, secondo la linea di Oltre il Cielo".

Inizialmente (1961) sotto forma di appendici a "Galaxy" ("Accademia") e "Galassia" ("Gazzettino"), poi con l'apparizione di Interplanet, antologie semestrali curate da Sandro Sandrelli per La Tribuna (quattro nel 1962-1963) e poi per le Edizioni dell'Albero (tre nel 1964-1965), quindi con la pubblicazione di "Futuro"(14), un bimestrale realizzato da Lino Aldani, Massimo Lo Jacono e Giulio Raiola, dedicato esclusivamente ad autori italiani. Pur se di breve vita - l'iniziativa era prematura e il mercato non ancora pronto per un prodotto troppo elitario - la rivista dimostrò che i nostri autori erano capaci di scrivere fantastico e fantascienza di buon livello. Sarebbe da citare anche l'appendice inventata dai curatori di "Urania", "Il Marziano in Cattedra" (brevissimi testi dei lettori giudicati dal "professor Marziano"): purtroppo non lasciò traccia nonostante i due anni di vita (novembre 1962-novembre 1964) e la successiva metamorfosi in "FS italiana" (sino al febbraio 1966). La rubrica ospitò testi sempre molto brevi e disegni. Un nuovo tentativo di rivista pubblicata da una casa editrice specializzata fu quindi "Gamma"(15) che si proponeva di trattare la nostra narrativa come una cosa "seria", in polemica con il punto di vista "popolare" e "disimpegnato" di Fruttero & Lucentini. Idee non sempre concretizzate. Chiuse dopo due anni e mezzo: la diffidenza dei lettori nei confronti della formula "rivista" (racconti, articoli, rubriche ecc.), come avvenne anche per altre iniziative successive, costrinse a un certo momento i curatori a mutare formula e a pubblicare alcuni fascicoli interamente dedicati a un romanzo. Nella seconda metà degli anni Sessanta si toccò uno dei livelli più bassi dal punto di vista dell'editoria fantascientifica, una delle ricorrenti e cicliche "crisi". Nel 1970 avvenne però un fatto nuovo, una inavvertita ma determinante "rivoluzione".

Un piccolo editore milanese, Gianfranco Viviani, dopo una indagine di mercato decise di specializzarsi in science fiction presentandola però in modo nuovo: invece di collane brossurate da edicola, decise di sfruttare in parte la moda dei "tascabili" (che uscivano con grande successo ormai da cinque anni) e lanciò una collana di veri libri, di un formato a metà strada fra il pocket e quello tradizionale, che andassero non solo in edicola ma anche in libreria, e quindi prima cartonati e poi rilegati, riprendendo una testata nota e aggiungendone man mano, visto il successo, altre. Nacquerò così Cosmo, poi Cosmo Oro dedicata ai "classici", quindi la Fantacollana che assorbì la troppo prematura Arcano quindi l'enciclopedica Grandi Opere. In poco tempo l' Editrice Nord divenne la casa leader del settore librario, posizione che mantiene tuttora senza difficoltà, e ciò le ha consentito da un lato di fronteggiare la concorrenza dei libri super-economici con una serie di ristampe a prezzo contenuto (Tascabili Nord) e dall'altra di seguire i nuovi gusti del pubblico con la creazione di due nuove collane: una di storie dell'orrore (Le Ombre) e una di più interessi (Narrativa) in cui trovano ospitalità romanzi sia insolitamente lunghi, sia difficilmente etichettabili, come quelli della cosiddetta "fantasy storica", sia ristampe di opere particolarmente importanti(16). L'ingresso della fantascienza nelle librerie, in modo regolare e massiccio e soprattutto sotto una forma più "seria" rispetto al passato, stimolò sia i lettori che gli altri editori, provocando per tutti gli anni Settanta la nascita continua di nuove iniziative, sia a livello di collane di libri, sia di riviste, spesso effimere, pubblicate da editori generalisti. Citiamo prima le serie di volumi che chiusero rapidamente dopo aver sfruttato il momento commercialmente favorevole: Andromeda(17) che presentò anche autori italiani; Delta(18), che mescolava science fiction e heroic fantasy; Sigma(19) attenta agli autori più nuovi; Saga(20) che accanto alla fantascienza presentava il fantastico e l'orrore; Omega SF(21) dedicata alla fantascienza piu tradizionale; La Fantascienza(22) che uscì in pochi volumi senza una precisa linea editoriale; I Libri di Robot(23) che seguiva in forma di romanzi le scelte della rivista omonima di cui si dirà; Sonzogno Fantascienza(24) dell'omonima casa editrice, anch'essa senza una precisa linea di scelte. Un tentativo di sfruttare a fondo e con maggiore coordinazione il momento, fu invece quello dell'editore Armenia, sia nel settore della fantascienza pura(25), sia in quello dell'orrore(26), sia puntando sul nome di Asimov con grossi tomi antologici da lui curati(27): la qualità complessiva delle scelte era buona, ma le collane non sopravvissero alla crisi da super-produzione che penalizzò l'intero settore. A ciò contribuirono anche le case che pubblicavano pocket e che pensarono bene di inaugurare una sezione specializzata: nacquero così gli Oscar Fantascienza della Mondadori nel 1973, i Pocket Fantascienza (e poi Fantapocket) della Longanesi nel 1975, e la BUR Fantascienza della Rizzoli nel 1978.

I tentativi di rivista furono sfortunati, ma tutti di estremo interesse: per primo ci provò Ciscato, un editore specializzato in fumetti, con "Fantascienza"(28), formato "Panorama", illustrata, piacevole; poi Armenia, che già aveva periodici nel settore del "mistero" e della parapsicologia con "Robot"(29), che si ricorda sia come la migliore del settore, con tutte le caratteristiche che ci si aspettava da una "rivista" (racconti, articoli, recensioni, posta, storie di autori italiani, diramazioni in settori attinenti), ma che entrò in crisi dopo aver malamente affrontato il territorio minato della politica; "Psyco"(30), una rivista di horror uscita troppo presto a opera dello stesso editore; infine, fu la volta di Mondadori con "Star Trek"(31) (ma più una collana di racconti da cui erano stati tratti gli sceneggiati della serie televisiva, o soggetti trasformati in racconti, che una rivista), e "La rivista di Asimov"(32), il primo dei tre tentativi effettuati per trapiantare in Italia la "Isaac Asimov Science Fiction Magazine" che tanta fortuna aveva avuto negli Stati Uniti.

Alla fine degli anni Trenta Armando Silvestri, redattore capo de "L'Ala d'Italia", la rivista del ministero dell'Aeronautica, autore di racconti e fantasie scientifiche sul "Giornale Illustrato dei Viaggi" e di romanzi d'avventura per la casa editrice Sonzogno, ispirandosi ai pulp magazines americani in vendita nelle edicole internazionali di Milano e Roma, progettò una serie di quattro mensili che avrebbero dovuti alternarsi ogni trenta giorni nelle edicole (in pratica quattro quadrimestrali): "L'Avventura", "Avventure del Mare", "Avventure del Cielo", "Avventure dello Spazio", dedicati a racconti rispettivamente ambientati - è ovvio - in terra, mare, cielo e spazio. Fu accettato, dato l'ambiente in cui venne avanzata l'idea, solo il mensile "Avventure del Cielo" dedicato a imprese aviatorie, che uscì nel 1938 e chiuse nel 1943. Se avesse visto la luce "Avventure dello Spazio", per il quale Silvestri pensava d'ispirarsi alle varie "Amazing" e "Astounding" che aveva potuto acquistare ed esaminare, la storia d Quindi Aliens(33), che sfruttava il titolo del quasi omonimo film di successo e che si presentava con la singolare formula di una pubblicazione divisa per sezioni (racconti, saggistica, scienza, fantastico, fumetti ecc.) affidate a curatori diversi; infine "Asimov - Rivista di fantascienza"(34), secondo tentativo a opera di Armenia, che aveva rilevati i diritti lasciati cadere da Mondadori, per imporre questa testata che durò solo undici numeri, proprio come il precedente, nonostante l'apporto critico italiano.

Un cenno a parte occorre fare per le collane dell'editore romano Fanucci, anche perché è, insieme alla Nord, il più vecchio editore italiano specializzato, nato all'inizio degli anni Settanta e ancora in attività alla metà del 1997 (anche nella primavera del 2002, ndr). Fu, con la casa milanese Dall'Oglio, il primo che mise a frutto l'opera di sensibilizzazione iniziata due anni prima dalla Nord: nel giugno 1972 apparvero così la citata collana Andromeda e Futuro della Fanucci, che aveva come sottotitolo "i pocket di fantascienza", un tentativo di coprire un settore allora non frequentato. L'operazione non ebbe successo e dopo meno di un anno la collana mantenne il suo titolo, ma assunse un formato tradizionale e il sottotitolo di "biblioteca di fantascienza". In seguito apparvero altre collane: Orizzonti dedicata ai "classici", la Enciclopedia della Fantascienza dedicata a grossi volumi antologici e a tema, e II Libro d'oro della Fantascienza dedicato invece a valorizzare singoli autori. Le novità di queste collane, poi riprese in tutto o in parte da altre e oggi divenute patrimonio acquisito presso chi si occupa seriamente di fantascienza e fantastico, erano: traduzioni rigorosamente integrali, note esplicative, biografia, bibliografia e foto dell'autore, introduzioni ampie (veri e propri saggi a tema), appendici e glossari quando necessario, interventi integrativi su particolari aspetti dell'opera, dell'argomento del romanzo e del suo autore(35).

Le librerie e le edicole iniziarono ad affollarsi eccessivamente. II culmine di presenze di titoli si ebbe nel 1978-1979, poi cominciò un lento declino con chiusura di testate e collane: semplicemente si pubblicava troppo e di troppo scarsa qualità. Non solo, ma a una certa ripetitività della science fiction cominciarono a essere preferite la fantasy e la heroic fantasy. Gli anni Ottanta si aprirono sotto questo segno: l'influenza di Tolkien e del suo Signore degli Anelli cominciava a farsi sentire. Il merito fu soprattutto di una piccola casa editrice di provincia, la Solfanelli di Chieti, già attiva a livello locale e universitario, che iniziò a stampare collane di libri tutti nell'ambito della letteratura fantastica, anche se non mancarono escursioni nella fantascienza. Due i fatti nuovi: il concorso venne dedicato al nume tutelare della fantasy, e al Premio Tolkien dedicato a racconti (poi anche romanzi e romanzi brevi) inediti in dieci anni, dal 1980 al 1990, hanno partecipato esattamente 987 autori diversi con 1208 opere, il che creò un circuito d'interesse di tutto rispetto. Il secondo fu che le dieci migliori storie furono riunite in due serie di antologie (Le Ali della Fantasia e Immaginaria) che a loro volta crearono altro interesse. Le ultime due edizioni del premio, nel 1991 e 1992, furono dedicate esclusivamente ai romanzi. Per fortuna, L'idea di proseguire con un concorso dedicato a racconti esclusivamente fantastici venne ripresa dagli organizzatori del Premio Courmayeur che ne avevano già uno dedicato alla fantascienza, cioè il premio collegato all'annuale convegno italiano di science fiction (Italcon), che ormai dal 1988 si svolge negli anni pari a Courmayeur e negli anni dispari a San Marino (nel 2001 c'è stato lo scisma tra il mondo del fantastico, tenuto regolarmente a S. Marino, e quello della fantascienza, ospitato da Torino Comics; dal 2002 il Comune di Courmayeur ha dato forfait, e l'Italcon è stata assegnata nel 2002 a Fiuggi (FR), vicino Roma, nel 2003 a S. Marino e nel 2004 ancora a Fiuggi, ndr). A loro volta gli organizzatori della Repubblica del Titano della XXIII edizione (1997) hanno creato nell'ambito del Premio San Marino, che dal 1989 già veniva assegnato al settore "critica", anche un concorso per storie il cui tema varierà di anno in anno. Da parte sua la Società Tolkieniana Italiana, filiazione della casa-madre inglese, dal 1994 ha bandito il Premio Silmaril per racconti e disegni, tutti però rigorosamente riferentesi ai personaggi e alle ambientazioni tolkieniane.

La casa editrice Solfanelli, prima della sua traumatica chiusura nel 1995, è stata così quella che negli anni Ottanta ha pubblicato il maggior numero di opere italiane contemporanee, sia romanzi che raccolte di racconti, ampliando poi il suo settore d'interesse, con collane più sofisticate, anche tra i "precursori" vale a dire gli autori italiani dell'Ottocento e del Novecento dimenticati, ma meritevoli di riscoperta; tutto ciò senza trascurare la critica che ha avuto spazio sia con la pubblicazione di volumi a sé, sia sotto forma di apparati introduttivi a opere di narrativa e di saggi ospitati nelle riviste "Dimensione Cosmica" e "L'Altro Regno", quest'ultima dedicata soltanto alla saggistica(36). Il vero fatto nuovo, però, non si ebbe tanto nell'editoria specializzata, quanto in quella generalista e non riguardo gli autori stranieri. Nel 1984-1985 accadde che per un insieme di circostanze la grande editoria cominciò a dare spazio a romanzi di autori italiani, sia noti che esordienti, non-realistici o, come anche si dice, non-mimetici. Fino a quel momento, infatti, a parte le eccezioni di Buzzati, Landolfi e Calvino, esisteva uno steccato, vale a dire il rifiuto di conferire una dignità culturale alla letteratura dell'immaginario. Ora, invece, apparivano senza particolari etichette e in collane di narrativa generale La casa sul lago della luna di Francesca Duranti (Rizzoli), Dio e il computer di Roberto Vacca (Bompiani), Cercando l'imperatore di Roberto Pazzi (Marietti), Concerto Rosso di Pier Luigi Berbotto (Mondadori), Palladion di Valerio Manfredi (Mondadori), Partiranno di Luce D'Eramo (Mondadori), Di bestia in bestia di Michele Mari (Longanesi). Fantastico e fantascienza, mito e fantastoria, orrore e gotico made in Italy fecero irruzione nella grande editoria con opere di qualità, originali e ben scritte, e aprirono la strada, attraverso le collane specializzate dedicate al pubblico medio che ospitavano, ai molti altri autori che si sarebbero awenturati in questi territori. Fu una reazione, un contraltare alla narrativa realista che ormai non era più considerata adatta a esprimere sentimenti e malumori di una societa inquieta e in transizione.

La meta degli anni Ottanta vide anche due altre novità editoriali. Fruttero & Lucentini, curatori di "Urania" idearono I Massimi della Fantascienza (1983), sempre per Mondadori: grossi tomi rilegati che ambivano essere una specie di empireo del genere raccogliendo grandi autori e grandi opere, da Asimov in avanti in base alle varie lettere dell'alfabeto. Ambivano: di fatto presentavano ancora le vecchie traduzioni, e non contenevano il benché minimo apparato critico. Questo per la science fiction. Anche la fantasy, però, s'imponeva grazie a una singolare commistione, quella dei giochi di ruolo, i roleplaying games, che si andavano imponendo proprio in quel periodo anche nel nostro paese: l'editore Armenia acquisiva i diritti di un nuovo tipo di romanzo nato negli Stati Uniti, la "novellizzazione" dei giochi di ruolo più famosi, in specie quelli della TSR, così come già era stato fatto per i film di successo. Lanciò quindi nel 1988 la serie Dragonlance di Tracy Hickman e Margaret Weiss, che è all'origine di un profluvio di opere che si sono diramate in trilogie, quadrilogie e pentalogie, soprattutto a partire dal 1991, in almeno cinque collane. Romanzi che si vendono non tanto nelle librerie vere e proprie, quanto nei negozi di giochi. La stessa editoria dei giochi di ruolo - leader della quale è la Stratelibri di Milano - meriterebbe peraltro un discorso a parte, dato l'aspetto "narrativo" delle sue pubblicazioni: lo sfondo su cui si muovono le avventure che servono da base ai giocatori, sono praticamente tutte non-mimetiche e vanno dalla fantascienza al fantastico puro e all'orrore, tenendo come base la letteratura (Tolkien, Lovecraft, Moorcock, il cyberpunk ecc.) o il cinema (Guerre Stellari ecc.).

E questi due "generi", verso la fine del decennio, presero il sopravvento sulla science fiction nell'interesse dei lettori (e quindi degli editori) per una serie di fattori concomitanti come il grande successo di film e fumetti horror e fantasy da un lato, la popolarità raggiunta da Stephen King dall'altro.

Verso la fine degli anni Ottanta, dunque, la caduta delle preclusioni e degli apriorismi ha portato alla pubblicazione di opere fantascientifiche, fantastiche e dell'orrore, soprattutto straniere, "all'interno" di collane di letteratura generale dei grandi editori come Mondadori, Rizzoli, Bompiani, Sperling, Sonzogno che puntano al genere "popolare"(37). Dopo il poliziesco e lo spionaggio, dunque, anche la narrativa non-mimetica ha ottenuto infine il suo posto stabile nell'editoria. Compresa quella economica e super-economica: opere classiche e moderne si trovano ormai con grande facilità non solo in ogni collana tascabile ma anche nei cosiddetti "Millelire" lanciati da Stampa Alternativa di Marcello Baraghini e poi ripresi in grande stile soprattutto dalla Newton Compton, pur se con introduzioni e traduzioni molto spesso imperfette. II momento favorevole vedeva la nascita di una filiazione di "Urania" dedicata alla sola heroic fantasy dall'ovvio titolo di "Urania Fantasy", ma di formato tascabile, e di due serie - ugualmente pocket - di romanzi e antologie di racconti dell'orrore, che però, stranamente, non hanno avuto fortuna(38). Inoltre, in seguito ad avvicendamenti gestionali all'interno della Mondadori, nacque, per iniziativa di Laura Grimaldi e Marco Tropea (due esperti di gialli) una nuova casa editrice specializzata in narrativa "di genere", la prima di questo tipo in Italia, Interno Giallo, che pubblicava esclusivamente opere di "paraletteratura". Impostata su varie collane di narrativa, tentò anche la via dei tascabili, ospitando italiani e ripescando importanti titoli scomparsi da anni. L'impegno, tuttavia, risultò superiore alle forze e nel 1993 la casa venne riassorbita dalla Mondadori divenendo la sigla, o collana, o settore in cui confluirono tutte le serie specializzate di quest'ultima. Infine, scomparve anche questa etichetta, mentre Marco Tropea fondava una casa editrice con il suo nome, collegata con altre (Il Saggiatore, Pratiche), in cui largo spazio vien dato alle ultimissime tendenze dell'avventura, del giallo e della fantascienza.

Altro avvenimento importante fra gli anni Ottanta e Novanta, soprattutto per le sue "ricadute" è stata la creazione di premi letterari da parte delle due case editrici più significative nell'ambito fantascientifico, la Nord e la Mondadori. II Premio Cosmo e il Premio Urania, nati nel 1990, hanno finalmente consentito agli scrittori italiani di apparire con regolarità nelle due collane. Un esperimento che ha dato risultati del tutto inattesi per gli scettici a oltranza. Infatti, inizialmente, si è trattato della presenza ogni anno di un solo italiano su una dozzina di anglosassoni in Cosmo Argento e su 26 fascicoli di "Urania": quasi un segnale, che stava però a indicare come fosse meno forte il condizionamento americanofilo sulle nuove generazioni di lettori di fantascienza. Se n'è reso conto il curatore di "Urania" che nel 1996 ha inserito un secondo romanzo italiano nella collana. II successo è stato confermato dalle vendite che non sono state inferiori - in alcuni casi anche superiori - ai romanzi stranieri. Sicché il 1997 vede ben "quattro" numeri della collana su 26, un sesto dunque, dedicati a scrittori nazionali: tre romanzi e una antologia, la presente. Una media di cui si può essere soddisfatti e che (lettori permettendo) potrà essere mantenuta, considerando che di romanzi finalisti ai vari premi e meritevoli, dopo revisione, di essere conosciuti, ce ne sono diversi (a parte, ovviamente, altri testi extra-concorso). In realtà si sta producendo, anzi si è gia prodotto, un fenomeno nuovo, logica conseguenza di quanto è cominciato ad avvenire nell'editoria italiana dalla metà degli anni Ottanta e che si è rilevato in precedenza. Esso ha due aspetti. II primo è esteriore: accolti ormai senza pregiudizi nelle collane più disparate e dagli editori più diversi senza una etichetta che li identifichi, gli scrittori una volta "specializzati" e letti da una ristretta cerchia di appassionati sono ora a disposizione del cosiddetto "grande pubblico" (esempi tipici, Asimov e Ballard per la fantascienza; Eddings e la Bradley per il fantastico; King e Barker per l'orrore). II che ha convinto alcuni editori generalisti a dar loro anche specifico spazio: così Bompiani ha creato la collana Gli Squali, Sellerio Fantascienza, mentre la TEA (che pubblica volumi economici e semi-tascabili) ospita regolarmente non solo molta avventura e thriller, ma anche moltissimo fantastico (sia ristampe che inediti). Per non parlare della fama postuma di Philip K. Dick assurto agli onori di Feltrinelli ed Einaudi: un evento in altri tempi inimmaginabile, anche se forse sa un po' di "moda".

E così vediamo che la tanto vituperata e bistrattata "paraletteratura", la letteratura "di genere", alla fine (una fine che è anche fine di millennio) sta influenzando sempre più la narrativa italiana di autori affermati od esordienti, in modo più o meno diretto. La novita ha messo un po' in crisi l'editoria specializzata che è corsa ai ripari da un lato chiudendo iniziative poco redditizie, dall'altro aprendo nuove collane più adeguate (per esempio, quelle di romanzi "neri" e del terrore), ovvero senza una precisa definizione. Il perché è collegato al secondo aspetto di questo nuovo fenomeno, l'aspetto interno, quasi di costume, di cui si dira più avanti. Un settore per lungo tempo "scoperto" era la rivista tradizionale. A riempire il vuoto è giunto, per un paio d'anni e non senza difficoltà, il terzo tentativo di tradurre la "Isaac Asimov Science Fiction Magazine" (39). Operazione non facile che ha portato anche a un mutamento di editore: il risultato è stato di un certo interesse perche il gruppo di appassionati, molti provenienti dal mondo amatoriale, riunitosi intorno alla testata e riuscito a farvi confluire tutte quelle caratteristiche acquisite in venti anni di esperienza e già presenti, per esempio, nelle collane della Fanucci negli anni Settanta, come le note esplicative, le appendici, i supplementi illustrativi, i profili biografici e così via. Unico limite, la tendenza a privilegiare il genere cyberpunk, che in effetti la rivista diretta da Asimov lanciò, ma che non si può considerare la sua unica tipizzazione. Filiazione della testata è stata "Analog"(40), prima traduzione di un'altra famosissima rivista americana in origine chiamata "Astounding", presentata come una specie di supplemento antologico trimestrale (al pari di "Millemondi") piu che come una vera e propria rivista, essendo composta di soli racconti.

La casa editrice ha anche affiancato una collana di romanzi (Quark) e di saggi (Alphatesti), tutti caratterizzati dall'interesse per la cibernetica, l'informatica, le realtà virtuali. Purtroppo, tutto ciò non ha retto troppo a lungo sul mercato: una specie di destino che incombe sulle riviste... La situazione, a metà del 1997, è così caratterizzata da un atteggiamento dei lettori inaspettato per chi non ha seguito l'evolversi della situazione culturale italiana in generale, e che dunque coinvolge anche la letteratura "di genere" e quella fantascientifica in particolare. La nostra realtà è sempre più permeata di elementi "fantascientifici" da un lato, mentre dall'altro la narrativa di science fiction italiana e straniera appare presso tutti gli editori senza etichette identificative particolari: la conseguenza è che oggi si pubblicano e si vendono più queste opere di fantascienza per così dire "diffusa" che non le opere di fantascienza per così dire "specifica", le cui collane sono in calo di tiratura rispetto alle altre. E' questo l'aspetto di costume di cui si diceva prima.

A ciò si aggiunga un'altra questione che riguarda il mondo dell'editoria nel suo complesso e che viene denunciata da almeno un paio d'anni: gli italiani, già scarsi lettori e agli ultimi gradini delle classifiche mondiali, leggono di meno. Leggono di meno "tutto": dai quotidiani ai libri, dalle riviste ai fumetti. Forse si pubblica troppo e di troppo scarso valore. O forse, soprattutto i giovani, sono interessati o distratti (dipende dai punti di vista), da altri mass media, quelli elettronici: computer, videogiochi, Internet, CD-ROM, realtà virtuale. E trascurano la carta stampata. Preferiscono incollarsi al video che sfogliare un quotidiano, un 1ibro, addirittura un fumetto. Il loro intrattenimento lo cercano e lo trovano altrove. E diminuiscono i lettori purtroppo. Bisogna trovare soluzioni più allettanti e raggiungerli in altri modi. Per superare questa impasse, che cominciava a diventare preoccupante al punto che all'orizzonte si intravedevano anche soluzioni traumatiche, "Urania", ha preso una decisione drastica ma coraggiosa: rinnovarsi pur restando in qualche modo collegata alla sua tradizione. E così con il n. 1284 del 26 maggio 199 si concludeva la sua esistenza in forma di fascicolo da edicola e, metamorfizzata, riappariva con il n. 1285 del 9 giugno 1996 in forma di pocket, vero e proprio libro tascabile, da conservare in biblioteca, sia in edicola che in libreria. L'uscita anche in altri punti vendita come i supermercati, e la possibilità di permanere esposta oltre le canoniche due settimane, ne aumentava la diffusione e la possibilità d'acquisto. La scelta, almeno a tutt'oggi, e stata vincente: la fantascienza venduta da una collana ben identificata e specializzata come "Urania" sembra reggere di fronte al mutamento del mercato e del pubblico, consente una più capillare penetrazione, ha permesso di consolidare la presenza degli scrittori nazionali.

Questa la situazione alle soglie del 2000. La speranza è che si stabilizzi così. Anche se c'è stata una penalizzazione, non piccola per chi scrive: in pratica, l'eliminazione di ogni spazio per la storia breve, per il racconto non più adatto alla nuova formula di "Urania". Ma se il pubblico gradirà questa antologia italiana e quella che apparirà su "Millemondi" all'inizio del 1998 si potrà forse trovare, per così dire, un modus vivendi tra lettori, autori e curatore: istituzionalizzare una o due antologie di storie italiane ogni anno accanto ai romanzi, quasi per fare il "punto della situazione" delle varie tendenze più o meno ortodosse della fantascienza nazionale, con firme affermate e altre meno, ma anche con esordienti assoluti. Non esistendo più vere e proprie riviste, non esistendo più uno spazio narrativo nel "Varietà" di Urania", essendo i fanzines sempre meno e meno diffusi, forse questa potrebbe essere la soluzione più adatta per non deprimere e rendere asfittica una dimensione narrativa che è sempre stata banco di prova classico, fucina di talenti e fonte di capolavori non solo negli Stati Uniti ma anche in Italia. Quanto poi al fatto di "cosa" e "come" sarà la fantascienza del Terzo Millennio, se avrà o non avrà ragione il Fredric Brown di Assurdo Universo che ci sembrava così lontano nel tempo quando lo leggemmo per la prima volta oltre quaranta anni fa, be', non resta che aspettare ancora un poco perché bene o male (più male che bene) alla fin fine, amici, ci siamo arrivati...

Giugno 1971

Ringrazio Ernesto Vegetti, presidente della World SF Italia e bibliografo princeps, per l'aiuto amichevolmente dato in questo lavoro di ricostruzione.