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Fantascienza italiana: Pestriniero dice la sua.

Ditelo con la science fiction, Considerazioni sopra una naturale dissociazione nell'ambito della science-fiction italiana e Science-fiction sui generis sono tre saggi scritti da Renato Pestriniero negli anni passati. Mettendoli insieme ne esce fuori un inedito quadro pennellato sull'argomento della fantascienza italiana che tanto appassiona noi di Nigralatebra.

Con questo numero iniziamo la pubblicazione del saggio conclusivo (LS).

Già pubblicati:

Nel numero 23: Ditelo con la Science Fiction

Nel numero 24: Science fiction sui generis (parte I di III)

Nel numero 25: Science fiction sui generis (parte II di III)

Nel numero 26: Science fiction sui generis (parte III di III)

CONSIDERAZIONI SOPRA UNA NATURALE DISSOCIAZIONE
NELL’AMBITO DELLA SCIENCE-FICTION ITALIANA

"Quando considero la piccola durata della mia vita inghiottita nell'eternità che la precede e che la segue, il piccolo spazio che occupo ed anche quello che vedo perduto nell'infinita immensità degli spazi che ignoro e che mi ignorano, mi at terrisco e mi stupisco di vedermi qui piuttosto che altrove, perché io sia oggi piuttosto che allora".

Questo è un frammento dei "Pensieri" di Blaise Pascal. In queste poche parole viene espresso magistralmente ciò che ognuno di noi prova quando si pone dinanzi all'inconoscibile, l'angoscia stupefatta - o lo stupore angosciante - che tutti, prima o poi, in misura diversa, siamo portati a provare.

Pascal è uomo del 1600. Circa 400 anni più tardi, il telescopio spaziale Hubble, puntato verso l'ammasso galattico AC-114 lontano dalla Terra 4 miliardi di anni luce, ha registrato un effetto speculare, previsto da Albert Einstein, provocato da una grande forza gravitazionale. Questo fenomeno confermerebbe l'esistenza della fantomatica materia oscura, formata da neutrini e altre particelle dette "esotiche", la chiave d'interpretazione della nascita e del futuro dell'universo, finora dibattuta tra la teoria espansionistica iniziata con il big bang una quindicina di miliardi di anni fa, e quella pulsante.

Circa il 90% della materia costituente l'universo conosciuto non è stata ancora rintracciata in quanto non emette onde elettromagnetiche e quindi non è direttamente visibile, ma gli effetti della sua presenza sono ben noti. Se la scoperta fatta tramite l'Hubble ne provasse l'esistenza, verrebbe confermata la seconda ipotesi sul futuro dell'universo, vale a dire la contrazione gravitazionale fino al collassamento o, come viene comunemente detto, il big crunch. Questo evento porterebbe a condizioni idonee affinché un nuovo big bang si verificasse, e tutto ricomincerebbe da capo. Molto probabilmente i risultati sarebbero diversi rispetto a una nuova eventuale presenza umana, ma questo sarebbe un particolare insignificante nell'economia del grande respiro dell'universo.

C'è una notevole differenza tra il tempo in cui Blaise Pascal si stupiva del suo hic et nunc e il tempo in cui stiamo vivendo ora, una differenza qualitativa e quantitativa. Qualitativa perché la tecnologia odierna offre la prova di aspetti che a quel tempo erano solo intuibili a livello metafisico da poche menti elette; quantitativa perché i media divulgano queste prove praticamente in tempo reale all'interno del villaggio globale e ciò che ne deriva viene recepito da miliardi di persone. Non c'è differenza però nell'aspetto di fondo, cioè il senso di stupore, inquietudine, esaltazione o disagio nel constatare la nostra presenza nell'universo, oggi più conosciuto e per questo più sconvolgente in quanto suffragato appunto dalla precisione obiettiva della tecnologia. Oggi siamo in grado, molto più di ieri, di valutare la nostra dimensione nei confronti dell'universo, di misurarci con esso. Oggi, molto più di ieri, subiamo la violenza del concetto che faceva pensare a Martin Heidegger di essere "gettati nel mondo".

Vorrei adesso passare dal livello distaccato, contemplativo e dalla visione filosofica dell'uomo gettato, o se vogliamo creato, nel contesto di un universo più o meno antropico, all'aspetto molto più materiale dell'impatto con il quotidiano tecnologico e le sue leggi inflessibili, al problema concreto di dover coesistere con queste leggi e farle nostre con velocità crescente per non esserne fagocitati e diventarne vittime, allo sforzo continuo di affrontarle, digerirle e farle fruttare a nostro vantaggio.

Non è facile. Molti ci riescono, molti altri no. Ci sono individui portati naturalmente a convivere con queste leggi, altri invece sono costretti a ritirarsi. Questi ultimi, se ne rendano conto o meno, subiscono lo sbigottito stupore sofferto da Pascal, la loro solitudine diventa insostenibile, la loro crisi esistenziale ricalca, in forma plù determinata, la sensazione gnostica di essere "gettati nel mondo" in misura proporzionale alla quantità di informazioni che la tecnologia offre, tanto da portarli ad una visione nichilista se non c'è una forte fede a sostenerli.

L’uomo e la storia

Ho voluto anticipare qualche nota di carattere filosofico-esistenziale per introdurre l'argomento che ci riguarda, cioè la posizione che la science fiction può avere in questo contesto. L'aggancio è semplicissimo. Posto che la science fiction fa parte della letteratura e che la letteratura, come qualsiasi espressione artistica, rispecchia il periodo storico in cui si sviluppa - o forse sarebbe più giusto dire che ogni periodo storico genera forme d'arte che lo rappresentano - ecco che la science fiction si inserisce con diritto di parola per dare il proprio contributo a riflettere uno degli aspetti più ambigui di questa seconda metà di XX secolo, cioè come viene a collocarsi l'uomo a livello sociale, politico, religioso, esistenziale in uno dei periodi tra i più movimentati della sua storia.

Guardandoci alle spalle, vediamo in che misura movimenti letterari diversi abbiano rappresentato il nostro divenire nell'approccio con le trasformazioni sociali. E' però essenziale partire dal presupposto che qualsiasi movimento letterario potrà essere interpretato in modo corretto solo tenendo conto della sua storicità. Questa analisi deve essere diretta non solo alla forma ma anche ai contenuti.

Se allora percorriamo in una veloce carrellata le trasformazioni della società avvenute in Italia dal ‘500 in poi, troviamo che ognuna di esse produsse un'immagine letteraria: Manierismo, Barocco, Arcadia, Illuminismo, Romanticismo, eccetera.

Ora, per dirla con una frase di un presentatore televisivo diventata di uso comune, la domanda sorge spontanea: quale è la corrente letteraria che oggi potrebbe rappresentare nel modo più fedele il crogiolo di situazioni esistenziali dell'uomo in tutte le sue infinite applicazioni, dalle più macroscopiche a quelle che si sono infiltrate nel comportamento in modo talmente sottile ma radicale da non considerarle più derivanti dalla stessa matrice ma del tutto "naturali"?

Ormai l'hanno affermato anche personaggi in posizione super partes che questa corrente letteraria appartiene alla science fiction. Solo in essa risiedono possibilltà di andare oltre qualsiasi schema, usare strumenti quali previsioni, analisi e speculazioni, esaltare o stigmatizzare con moduli utopici o distopici tutte le realtà possibili e tutte le possibilità immaginabili. Attraverso essa possiamo indagare sui meccanismi che ci hanno "gettati nel mondo", speculare sulle ragioni della nostra posizione rispetto alle misure sempre più inquietanti, anche se meravigliose, che la tecnologia ci offre dell'universo in cui ci siamo venuti a trovare.

Quindi, caratteristica della science fiction è sì mettere il naso un po' dappertutto, ma è suo dovere mettere soprattutto il cervello in dimensioni che ci permettano di conoscere meglio noi stessi.

Questo aspetto ho potuto trattarlo in forma più appropriata nel saggio "Ditelo con la science fiction" apparso oltre 4 anni fa su NOVA/SF e che poi si è trasformato nella prima parte di una sorta di trilogia di cui questa relazione è la parte conclusiva.