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Numero 8 Roma, 4 dicembre 2000


Sommario

  1. Editoriale
  2. Intervista a Francesco Grasso, vincitore del Premio Urania 2000 di Massimo Mongai
  3. La Camaleonta un racconto di Federica Mazzei
  4. Intervista a Federica Mazzei di Massimo Mongai
  5. Alcuni dati sugli autori italiani e non di romanzi gialli, confronto con FS/FY
  6. Il corso di letteratura non-mimetica alla Scuola di Scrittura Creativa-Omero
  7. Turturro vince il premio al Salon du Livre Gourmand, Perigueux, Francia
  8. X-men di Francesca Romana Fuxa Sadurny
  9. X-men di Francesco Romeo

Nel prossimo numero

  1. Editoriale
  2. Intervista a Gaetano Cherubini, scultore "fantastico"
  3. Inizio del corso di letteratura non-mimetica
  4. Valerio Evangelisti ha vinto il Premio Italia: intervista a Nanà Mavaracchio
  5. Il xmen e il mito
  6. Lista dei titoli di FS/FY degli autori italiani degli ultimi 5 anni
  7. Narcisismo e Fantascienza
  8. FS, eros, pornografia e la demitizzazione dell'eroe:"Festa di Morte" di P.J.Farmer, con bibliografia GS
  9. Una nostra indagine: "perché NON amo la Fantascienza"
  10. Gli articoli dell'Interrnazionale
  11. Il Concorso di Nigralatebra
  12. Lancio dell'iniziativa "scendiamo dalla rete"

Editoriale

La presentazione del libro di Roberto Genovsi è andata benissimo. In sala una cinquantina di persone e al tavolo, come potete vedere dalle foto, oltre a Roberto e a Massimo Mongai, De turris, Sergio Valzania e Massimo Vincenti.
Una delle novità sia nel panorama romano, sia probabilmente, nel "fandom" in generale era la presenza in contemporanea di ben quattro (su sei?) degli autori che hanno pubblicato su Urania nell'ultimo anno: oltre ai sunnominti Valzania, Mongai e genovesi, in sala c'era infatti ed è intervenuto anche Francesco Grasso, vincitore del premio Urania 2000 e per di pù unico utore ad averlo vinto due volte (l'altra nel 1991).
Una "scuola romana" in termini di comuni intenti, similitudini di stile narrativo e di formazione probabilmente non esiste ancora, ma in termini di numeri puri e semplici esiste eccome!
Abbiamo fatto un mini-spam con gli indirizzi che avevamo e abbiamo avuto un ottimo ritorno: il numero degli accessi al "limen" a novembre è triplicato e abbiamo ricevuto molti messaggi di complimenti, suggerimenti e qualche rimprovero. Ci adegueremo a tutto.

Avevamo promesso due articoli: "FS, eros, pornografia e la demitizzazione dell'eore:"Festa di Morte" di P.J.Farmer, con bibliografia" scritto da Goffredo Sarsina; e una nostra indagine: "perché NON amo la Fantascienza".Ci sono entrambi letteralmente esplosi fra le mani! Nel senso che che c'è molto da dire.Abbiamo deciso di rifletterci sopra un po' e di pubblicare tutto nel numero di Gennaio.

Buona lettura.

Carlo Benedetti
Massimo Mongai
Francesco Romeo
Antonio Pumilia
Goffredo Sarsina

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Intervista a Francesco Grasso

di Massimo Mongai

"Mentre intervistavamo Francesco, sua moglie Itala "dava alle stampe" una bellissima bambina di nome Alice! Un caloroso benvenuto alla nuova terrestre e auguri fantascientifici a tutti e tre!"

D - Quanto c'è di autobiografico in questa storia? Tu non sei né un mutante né un napoletano. Sei siciliano. Una FS "meridionalista"?

R - Mah, anagraficamente sono siciliano (nato a Messina), ma in verità non ho mai vissuto in Sicilia. Quando mi si chiede "di dove sei?" ho sempre la sensazione che mi si annodino i neuroni: io ho vissuto in Calabria, in Toscana, in Campania e ora a Roma. Meridionale? Immagino di sì. Mutante? Magari. Quanto all'autobiografico, mi viene in mente quanto diceva Baricco (scrittore cui invidio molte doti, tra cui soprattutto la straordinaria capacità di far eccitare qualunque individuo di sesso femminile di età compresa tra i dodici e i sessant'anni semplicemente arrotolandosi le maniche della camicia). Il prode Alessandro invitava i giovani scrittori a piantarla con il raccontare la propria storia e cominciare a inventarne di nuove. Ben detto, Al! Oso aggiungere (rovesciando la frittata) che magari a volte sarebbe poi bello viverle, le storie che si raccontano.

D - La droga. Anzi, le droghe. Oltre all'eroina e alle varie sintetiche dall'extasy alla polvere degli angeli, girano molto alcool, psicofarmaci, hashish tra i più giovani. Secondo me le droghe in realtà non hanno e non hanno avuto mai nulla di sovversivo: sono sociostabilizzanti, distraggono i più ribelli. Si dice che fosse la CIA a favorire l'importazione di marijuana nella California degli anni sessanta, per far stare "stoned" quelli di Berkeley. Sei d'accordo?

R - Caspita che bella domanda. Io ovviamente sottoscrivo la tua lista, Massimo. Anzi vi aggiungerei La Domenica Sportiva, Raffaella Carrà, gli 883 e il Grande Fratello di Canale 5. Tutti elementi (come dici tu) "sociostabilizzanti" (correggerei, permettimi, con "sociorincoglionenti").
Quella storia della droga che allarga la percezione e ti apre le porte di nuovi mondi l'ho sempre considerata una cazzata. O meglio, ti porterà pure su nuovi mondi, con il risultato però che nel frattempo in questo mondo te la stanno mettendo dove non batte il sole.
Non so se la CIA favorisse la maria (rima baciata, wow!) nei ruggenti Sixties (io sono del '66, al massimo potevano adulterarmi il biberon). Posso solo risponderti con una citazione dei 99 Posse (citazione cardine del mio romanzo): "'a camorra, l'eroina, 'o guverno, 'a polizia / a Napule fanno 'na consultaria / che ce tiene tutte quante 'mmano c''a forza 'e l'arroganza / pecciò arape l'uocchie invece 'e sta ca mmane 'ncopp'a panza".
Cosa sono quegli sguardi perplessi? Il napoletano lo capite tutti, no?

D - Masaniello. Oppure, a Roma, Cola di Rienzo. Forse Bossi in pianura padana. Cos'è, gli italiani hanno e avranno sempre bisogno di un qualche "capopopolo"?

R - Mah, non capisco bene cosa c'entri Bossi in questa lista, a meno a che tu non intenda augurargli la stessa fine di Tommaso Aniello. Mettendo da parte l'ironia (una vera impresa, per uno con il mio carattere) credo che mi permetterò di citare Brecht (ma spero di sbagliare la citazione, così da non apparire troppo saccente): "Fortunati i popoli che non hanno bisogno di eroi".
Ecco, io non credo che noi italiani abbiamo mai avuto questa fortuna. Secondo me nella nostra storia le vere, autentiche rivoluzioni popolari e spontanee sono state pochissime. Anche per liberarci di quel dannato mascellone che amava le marce e l'olio di ricino abbiamo dovuto aspettare gli americani. Aveva ragione Fantozzi: gli italiani possono subire le più orrende prevaricazioni (umiliazioni?), si ribellano soltanto quando gli si tolgono i mondiali di calcio in TV. Lasciategli quelli, e kolkòz che alzeranno la testa: continueranno a sorbirsi tutte le Corazzate Potemkin della vita.
In questo senso la vicenda del Masaniello seicentesco è esemplare. E lo è ancora di più quella dell'ipotetico Masaniello del 2038. Infatti... No, mi dispiace: dovrete leggere il romanzo.

D - Lara. Una donna come personaggio, se non principale, alter-ego, narratore, coprotagonista. Una scelta politically correct. Un caso. Una figlia in arrivo?

R - Ah, guarda, non troverai nessuno più politicamente scorretto di me. Figurati che Lippi ha censurato alcuni passaggi del romanzo perché troppo provocatori (c'erano finanche nomi e cognomi). Quanto alle donne protagoniste, è una costante delle mie ultime produzioni (cito ad esempio il racconto "Lacio drom" vincitore del premio Cristalli Sognanti). Mi trovo molto bene a usare personaggi femminili come voci narranti: posso lasciar loro maggiore sensibilità, e in più mi permette maggior distacco dai miei punti di vista.
E poi... che posso farci se vivo in un microcosmo prevalentemente femminile? In ufficio ho quasi soltanto colleghe donne, io e mia moglie usciamo praticamente solo con le sue amiche, sono un pettegolo da steccato di giardino, cucino e faccio la spesa, tra pochi giorni avrò finanche una bambina!
Vuoi sapere se mi identifico in Lara? Mah, mi viene in mente una classica risposta di Umberto Eco. Ai giornalisti che gli chiedono con quale dei suoi personaggi si identifichi maggiormente, l'ermetico Umbertone dice sempre: "Gli scrittori non si identificano mai con i personaggi. Al massimo, si identificano con gli avverbi".
Io non ho mai capito cosa cazzo volesse dire. Dubito che lui stesso si capisca. Ultimamente, però, provo una certa predilezione, anzi una vera attrazione carnale, per gli avverbi "malignamente" e "sarcasticamente"... Qualcuno sa dirmi il numero di telefono di Eco?

D - Non credo in un futuro catastrofico, anzi, credo nelle "magnifiche sorti e progressive" dell'umanità. E ne scrivo. Ma il rischio c'è. C'è? C'è davvero? Al di là delle mode letterarie?

R - Massimo, guarda che anch'io sono un ottimista. Il progresso, le magnifiche opportunità e tutta quella roba lì mi ha sempre intrigato.
Allo stesso tempo, però, guardiamoci intorno. Io vivo sulla Tiburtina. Cento anni fa, per andare dal luogo dove sorge casa mia a... diciamo Porta Pia, il Francesco Grasso di allora avrebbe impiegato, probabilmente a dorso di mulo, non più di mezz'ora. Oggi è perfettamente normale metterci due ore, per di più consumando litri di benzina e centimetri di frizione, perdendo la voce in imprecazione contro altri automobilisti imbottigliati, respirando ossido di carbonio e altre soavi piacevolezze. Davvero un bel progresso!
E prendiamo la genetica (argomento del mio romanzo). Prospettive bellissime, straordinarie, tutto quello che vuoi. Ma perché diavolo devono venirmi le palpitazioni ogni volta che mangio una bistecca? Una volta "mucca pazza" era solo l'epiteto che noi studentelli stronzi avevamo coniato per la prof. di matematica (sovrappeso e isterica), oggi... Mah, tu dici che il catastrofismo è una moda letteraria?

D - Napoli. Già da sola, com'è realmente, è una città fantascientifica o almeno "fantastica". Fondale? Panorama? Quinta? Scenografia? Personaggio?

R - Io ho vissuto quasi quattro anni a Napoli. Non posso dire di averla apprezzata in tutte le sue espressioni, ma senza dubbio artisticamente è straordinaria: basta raccontarne la vita per le strade per fare letteratura.
Prima di "2038: la rivolta" avevo già ambientato all'ombra del Vesuvio un buon numero di racconti. Ad esempio (bieca propaganda) "Nel ventre di Napoli", pubblicato sull'antologia Mondadori "Strani Giorni" a cura di Franco Forte, oppure "Praticamente innocuo", ancora su Urania. Altri miei racconti ambientati a Napoli si trovano sull'antologia "L'uomo dei mosaici", on line per la collana Delos Books. E certamente ne scriverò ancora.
Devo dire che non tutti apprezzano la mia scelta. Mi è stato più volte sconsigliato (e rimproverato) di trattare i problemi napoletani, con la motivazione che non essendo io partenopeo da almeno diciassette generazioni non ne avevo la competenza né il diritto.
Tali obiezioni mi lasciano perplesso: qualcuno dovrebbe fare osservare a questi signori che, ove fosse vero il loro novello modo di pensare, il maggior esperto mondiale del Risorgimento Italiano non potrebbe essere, come invece è, l'anglosassone Denis Mack Smith. Oppure, per citare un libro appena uscito per le Edizioni Ares, non si doveva consentire all'irlandese O'Clery di scrivere un romanzo sulla Breccia di Porta Pia.
Al contrario, io ho sempre pensato che occorre una prospettiva esterna per scorgere tutti i dettagli di un quadro. Tra l'altro, proprio la SF ha dimostrato come il modo migliore per sviscerare e analizzare contraddizioni politiche e/o di costume della nostra società sia trattarle attraverso la metafora di una ambientazione aliena.

D -Io sono fanatico e lo sanno tutti. Mi secca doverlo ammettere, ma sarei ancora più fanatico se avessi vinto due volte, anziché solo una, il Premio Urania. Che effetto fa?

Ma che vuol dire fanatico? Essere orgogliosi dei propri interessi e sbandierare ciò che si fa (o si crede di fare) bene? Allora siamo tutti fanatici.
No, su questo punto non voglio essere breve. Io mi ritengo una persona abbastanza eclettica, nella mia vita ho avuto modo di frequentare parecchi "giri" e di confrontarmi con persone di interessi estremamente diversi. Ebbene, non ho mai incontrato nessuno che non fosse "fanatico", come dici tu.
Quando facevo vela frequentavo tipi assurdi che sapevano parlare solo di rande e spinnaker e per chiedere una sigaretta dicevano "Mi cazzi quel pacchetto di MS, per piacere?"; quando giravo in mountain bike ero circondato da ciclisti che si portavano il cambio Shimano a 24 marce anche a letto e poi mugolavano "Sì, il rapporto corto siiiii!"; sul lavoro (in ISTAT) mi confronto ogni giorno con statistici che si farebbero mutilare pur di non ammettere che al mondo esiste qualcosa di diverso dalla loro idolatrata disciplina.
Che siano appassionati di scacchi, giocatori di ruolo, paracadutisti o astronomi (tutte categorie in cui in passato ho militato), tutti sono per definizione fanatici, si chiudono a riccio sulle loro passioni e/o professioni, e mostrano orgogliosi la loro totale ignoranza e disinteresse su qualsiasi cosa non riguardi direttamente ciò di cui si occupano.
Perciò, quando mi si dice che noi fantascientisti formiamo una setta e che ci capiamo solo tra noi, io rido, perché se la nostra è una setta è di gran lunga la più aperta, ospitale e trasparente di tutte (e ce ne sono ovunque).
Dunque l'etichetta di fanatico non mi disturba affatto. Ma tu, Massimo, forse intendevi chiedermi se vado in giro con la T-shirt "Due volte vincitore di Premio Urania"... No, guarda, anche se lo facessi dubito che qualcuno leggerebbe una frase così lunga. La stragrande maggioranza delle persone che frequento quotidianamente è non solo completamente aliena ai problemi e alle gioie del mondo letterario, ma addirittura ignora che il suddetto mondo esista.
E lo dico col massimo rispetto e la massima simpatia: la quasi totalità dei miei colleghi, parenti, vicini di casa e conoscenti (del resto ottimi rappresentanti della realtà odierna) non solo non capiscono cosa significhi essere autore di un libro pubblicato, ma ignorano finanche che diavolo sia un libro. E, anche quando lo comprendono, se ne sbattono allegramente.
Dici che esagero? Ti descrivo una scena classica: entro in ufficio brandendo una copia fresca di stampa di un mio romanzo. Strappo il vicino di scrivania e/o il capufficio dalle sue imprescindibili occupazioni (il sonno, il tresette, la navigazione sul sito di Playboy) e tento di farlo partecipe dell'evento; mi dilungo a disquisire sulla diffusione del romanzo, sul fascino della copertina, sui temi affrontati, sul pathos della trama, sul messaggio, sul giudizio della critica. Il vicino di scrivania e/o il capufficio, con aria torpida, attende che termini il mio sermone. Poi, quando taccio per riprendere fiato o allarmato dalla sua assenza di reazioni, egli assume un'espressione da vittima della guerra chimica, prende in mano il libro in questione, e mi gela con una o più frasi mitiche (esempi: "Ehi, hai visto? L'autore di questo libro si chiama come te!", oppure "Ma... come mai c'è il tuo nome su questo volume?", o anche "Ah, hai comprato un libro? E... a che serve?"), rivelando di non aver ascoltato assolutamente nulla di ciò che gli è stato appena detto, e di aver afferrato ancora meno.
Poi, approfittando della mia momentanea paralisi, il collega/capufficio torna alle proprie improrogabili attività lavorative (il sonno, il tresette, la navigazione sul sito di Penthouse): un istante dopo, l'episodio viene completamente dimenticato.
Altra scena classica: capita che io tenti di vivacizzare una terrificante serata tra parenti indirizzando la conversazione sui miei recenti traguardi letterari. Tale argomento viene in genere accolto dai congiunti con l'interesse e la reattività del Muro di Berlino. Di norma, intorno al tavolo si propagano vaghi cenni di assenso automatico, in cerchi concentrici sempre più deboli; il discorso torna quindi rapidamente sulle ultime vicende di corna della pecora nera della famiglia, la famosa cognata Evelina. A volte, se sono così fortunato e abile da far giungere a destinazione le mie parole, accade che un parente alzi la testa dai propri rigatoni al sugo di cozze, sbarri gli occhi come Paolo sulla via di Damasco ed esclami un'altra frase mitica, ad esempio: "Che coincidenza! Anche il figlio del mio portiere, una volta, ha letto un libro! Devi assolutamente parlarci! Vuoi segnarti il numero?".
Ma, ripeto, va bene così, il mondo è questo. Io sono soddisfatto del secondo Premio Urania e vado avanti.

D - La FS in Italia oggi. Come stiamo messi? Lo stato dell'arte, sia degli italiani, sia del fandom, tutto un po' secondo te.

R - Mah, in parte ho risposto nel punto precedente. Il fandom è molto meno settario e chiuso di quanto noi stessi pensiamo. Per lungo tempo ci siamo chiesti il perché di un certo ostracismo degli editori nei confronti degli autori italiani... Forse abbiamo sbagliato, e di certo sbagliamo a chiedercelo oggi: il problema vero sta nella caduta verticale dell'attenzione della gente per l'oggetto libro. La fantascienza non c'entra niente, anzi oggi presenta un rifiorire su altri media, dal cinema al fumetto, passando per la pubblicità e il videogioco. E' proprio il libro ad essere messo male: tra un po' il WWF lo adotterà come simbolo al posto del Panda.
Quanto agli autori italiani, in giro c'è gente con (letterariamente) due palle di granito, io sono orgoglioso di conoscerli e di essere amico quasi con tutti loro. Senza far nomi, quando esce qualcosa di italiano in campo SF io ne sono contento, normalmente lo compro e leggo perché so di trovare di più.
Al contrario, quando un curatore di collane (continuiamo a non far nomi) cambia un titolo di romanzo affinché non si noti che è ambientato a Napoli (con la motivazione che "al lettore di Busto Arsizio non interessa"), io non capisco: qualcuno mi deve spiegare perché al lettore di Busto Arsizio debba importare un emerito fico di una storia che si svolge nel Maine o nel Nevada piuttosto che nel suo stesso Paese. Mah!
Insomma, agli amici e colleghi scrittori di SF italiani non posso che dire "tenete duro, gente, state (stiamo) andando bene così".
C'è un unico appunto che mi sento di fare ai colleghi. Secondo me molti tra loro si prendono troppo sul serio. Chiamatemi scanzonato, chiamatemi giullare, io scrivo come vivo, cercando di divertirmi. Ma vedo che non per tutti è così. Forse alcuni dei miei, dei nostri colleghi dovrebbero tentare di ridere un po' di più e di prendersela un po' meno: ne guadagnerebbero in salute e in simpatia.
Credo (e mi fa piacere) che Voi di Nigralatebra, la pensiate come me, a giudicare ad esempio dalle "Previsioni del tempo su Aldebaran" o il "Mercatino delle pulci spaziali" che avete messo sul sito. Ecco, questo è l'atteggiamento che preferisco, la voglia di prendersi anche un po' in giro, di cercare la risata piuttosto che l'approvazione, a volte il desiderio, per dirla alla John Belushi, di fare qualcosa di veramente stupido.
E per dimostrare il concetto (nonché per gratificare la mia incontentabile anima da pagliaccio) ti cito i "falsi commenti d'autore" che mi piacerebbe allegare ai messaggi pubblicitari del mio romanzo.

Mi ha fatto restare a bocca aperta. [Monica Lewinsky]

Non ho mai visto un romanzo più bello. [Andrea Bocelli]

Io avrei fatto qualche taglio. [Lorena Bobbit]

Non ci credo che Grasso abbia vinto di nuovo il Premio Urania! Voglio il riconteggio delle schede! [Al Gore]

Non ho tempo per un commento, ora: stasera ho l'autore per cena. [Hannibal Lecter]

Guaglio', questa storia ti acchiappa per le palle e non ti lascia piu'. Altro che Conan! [Pietro del Grande Fratello]

A causa del microfono alla cintura, a Pietro gli e' caduto nel lavandino. Mi sono consolata col romanzo di Grasso. [Cristina del Grande Fratello]

Mi ha fatto rizzare i capelli in testa. [Kojak]

Un libro per cambiare l'Italia. [Silvio Berlusconi]

Un libro per cambiare l'Italia. Perché noi non facciamo propaganda. [Francesco Rutelli]

Se qualcuno si azzarda a criticare il romanzo di Grasso, mandatelo da me! [Mike Tyson]

Un commento da me? Ma io non capisco nulla di fantascienza! [Giuseppe Lippi]

2038: La Rivolta

Napoli, anno 2038. Un giustiziere senza volto dichiara una efferata e sanguinaria guerra privata contro gli spacciatori di una misteriosa droga chiamata exitrazina. Lara, giornalista de "Il Mattino", decide di imbarcarsi in una personale "caccia al giustiziere", seguendo le tracce (leggi cadaveri e distruzione) che il feroce nemico degli spacciatori lascia nei rioni malfamati della metropoli partenopea.
Al termine della sua inchiesta Lara troverà le risposte che cerca. Ma troverà molto di più. Scoprirà cospirazioni e intrighi; capirà che un gruppo politico-economico ha fatto di Napoli lo scenario di un incredibile esperimento genetico di massa. E si unirà (diventandone in qualche modo la cronista) alla più grande rivolta popolare che Napoli abbia vissuto dai tempi del Tommaso Aniello seicentesco.
Il giustiziere mascherato prenderà su di sé il nome e l'eredità di Masaniello, e chiamerà a raccolta gli oppressi, le vittime e gli sfruttati in una sollevazione che stupirà il mondo e che Lara canterà come un'epopea.

Da "In cerca di Masaniello"
di Lara Mastrantuono

Al museo nazionale di S. Martino c'è un ritratto. La targa non riporta il nome dell'autore. Recita semplicemente "Tommaso Aniello, agitatore politico napoletano, 1620-1647".
L'uomo dipinto sulla tela ha il volto glabro, tondo e roseo come quello di un bambino. Porta sul capo un berretto di stoffa nera e regge tra le dita qualcosa che somiglia a una pipa. I suoi occhi, neri come l'umore di seppia, fissano il visitatore con aria di sfida. In quello sguardo è facile intravedere il carattere fiero, combattivo, dell'uomo che guidò l'assalto al Palazzo Reale, che incendiò la piazzaforte della gabella, che abbatté le porte delle carceri, che costrinse il viceré duca d'Arcos a concedere alla città una costituzione e a nominarlo, lui figlio di un pescatore, Capitano Generale del Fedelissimo Popolo.
Di fronte al quadro, sulla parete occidentale della sala, si apre un'ampia bifora. Il visitatore che vi si affacciasse noterebbe come l'antica abbazia, oggi museo, domini la città e il golfo.
Ad attrarre l'occhio, il bastione turrito del Maschio Angioino, dal candore della pietra tufacea annerito dai secoli; il sanguigno Castel dell'Ovo, dalla triste sagoma di vascello arenato sugli scogli; la ferita irregolare di piazza Dante, i graffi lunghi e sottili di via Toledo, di via Carlo III, di via Foria; il tracciato morbido della costa, da Torre Annunziata sino alla collina di Posillipo. Sull'orizzonte, Capri a sinistra, Ischia e Procida a destra. E, su tutto, l'ombra del Vesuvio, puntuta come una freccia, cupa come un monito.
Dal dipinto, lo sguardo di colui che si fece chiamare Masaniello sembra indugiare sulla bifora. L'uomo del ritratto pare contemplare il panorama, come a ricercare assonanze tra ciò che si staglia oltre il vetro e la Napoli dei suoi tempi, quel Seicento barocco e spietato dove pestilenze, guerre e carestie regolavano il tempo concesso agli uomini e dove la figura di dio si confondeva con quella del re di Spagna. Quel Seicento dove lui nacque, visse e combatté. Dove fu pezzente e condottiero. Dove fu nemico da esecrare ed eroe osannato.
Dalla tela di un artista senza nome, attraverso l'abisso dei secoli, Tommaso Aniello guarda la città. Che fu il suo regno. Per nove giorni.

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Il racconto e intervista a Federica Mazzei

di Massimo Mongai

Per non aumentare più del dovuto le dimensioni della rivista il racconto La Camaleonta di Federica Mazzei viene inserito in una apposita pagina separata dal numero 8 de Il foglio di Fantafolio dentro il nostro archivio dei racconti.

Abbiamo intervistato Federica Mazzeo, l'autrice del racconto. Le chiediamo di presentarsi (chi sei, cosa fai, dove vivi, cosa vuoi fare, ecc)

- Sono una ventottenne romana, psicologa per studi, e, come tanti psicologi senza fissa identità, particolarmente appassionata di lettura e scrittura. Il mio rapporto con l'inchiostro ha avuto un decorso che ritengo molto poco originale: diari adolescenziali, poesie, scritti sparsi, e poi la decisione di dare un pò di coerenza e corpo a questo lavorio solitario. Tra l'altro, è un ottimo modo per ricordare a me stessa che non devo impantanarmi nelle cose che faccio, la famosa noia del quotidiano...... scrivere è ancora, per me, mettere le mani nel vaso alchemico.

Il tuo racconto è un racconto di letteratura non mimetica o transrealista. E'quasi perfettamente un racconto di FS. Ora le donne raramente leggono fantascienza e ancor più raramente ne scrivono. Come mai ti sei cimentata in questo "genere"?

- L'idea è nata, devo ammetterlo!, da un desiderio vendicativo-liberatorio. Una volta, durante una conferenza, un mio amico mi disse che falliva con le donne perchè temeva le "vagine dentate". Allora mi venne da ridere. Poi ho capito che si trattava di un'immagine persecutoria piuttosto comune negli uomini. Inutile dire che, quando ho partorito l'idea del racconto, mi sentivo magicamente investita da questo fantasma. E così mi sono detta: rendiamolo reale, diamogli uno spessore, un colore, una luce riconoscibile. Credo, più astrattamente, che nessun racconto possa davvero prescindere da ciò che l'autore vive nel momento in cui decide di scrivere di qualche cosa in particolare. Si tratta poi di trasformare questa urgenza in qualcosa in cui altri si possano riconoscere, ed il racconto, quando è scritto, deve smettere il prima possibile di appartenere simbioticamente al suo autore.

Resta vero che le donne non leggono FS. Secondo te perché?

- Forse perchè da piccole hanno dovuto abdicare a padri e fratelli che, dovendo portarti un pomeriggio al cinema e scegliere tra Biancaneve e Guerre Stellari, non ci pensavano su un secondo! No, in realtà credo che le donne associno la FS a un giochetto mentale e perverso, e probabilmente si sentono disturbate dall'insidia concretistica della "scienza" nei confronti della fantasia, che per la donna è una dimensione rarefatta, volatile.

C'è una donna divoratrice. Ricorda qualcosa...(madre castratrice, madre cattiva, le parche, lilith...)

- Sì, è una madre, ma non esattamente una madre cattiva. Crudele come può essere la natura, vorace e totalizzante come lei. E' un grembo che partorisce e poi si riappropria della sua creatura, diventandone l'amante. E' una paura ed un desiderio primitivo, ed ha la forza e l'irrazionalità di quella radice primordiale.

Hai scritto altre cose simili? Trame?

- No, questo è l'unico esemplare!

A parte il tuo lavoro attuale e futuro, hai intenzione di continuare a scrivere? Se sì, altre cose di FS?

- Intenzione di scrivere senz'altro. In ogni caso, continuo a farlo: cerco di impormi un tempo da dedicare soltanto alla scrittura. Per quel che riguarda il genere, credo di essere più incline alla narrativa transrealista che alla fantascienza. Ma ho in mente un'altra trama con il "cannibalismo affettivo" come oggetto, e chissà, magari sarà fantascienza allo stato puro!

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I Titoli dei romanzi "gialli, horror,noir" secondo la categoria Alice CD.

1970-1999, Italiani ed esteri

Anno 70 71 72 73 74 75 76 77 78 79 80 81 82 83 84 85 86 87 88 89 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99
Totale 0 0 0 1 2 9 13 14 23 19 32 48 34 40 65 42 94 88 77 105 144 184 202 210 331 281 373 276 352 351
Italiani 0 0 0 0 1 1 2 0 3 1 1 3 0 2 4 6 5 9 6 5 4 10 15 14 26 32 40 42 40 51
Totali: Esteri 3.410 Italiani : 323

Questi sono i numeri relativi ai titoli venduti in Italia nel periodo 1970-1999 nella categoria usata da Alcie CD "gialli, horror, noir"
E' evidentemet una categoria ibrid anche questa, come lo era quella che metteva insieme fantsy e fantascieza, soprattutto perché i ono testi horror he sono a pieno titoli letteratura fantastica o non mimetca ch dir si voglia.Ma evidentemente nell'opnio dei stesori delle categorie di alice i tre tem sono affni fra loro.E sl piao d mercato li accorpano.
Ripeto: stiamo parlando di titoli e non di copie vendute, e in qualche singolo caso questo o quell'autore figureranno impropramente nelle categorie o non vi fgureranno affatto. Resta la validità d'insieme dei numeri come fenomeno di mercato e di tendenza sia del mercato sia dei "consumi" letterari d genere degli italiani.
Quali considerazioni?
Prima di tutto che nel periodo 70-72 addirittura non figurano titoli in assoluto, mentre nel caso della FS-FY i titoli esteri ci sono. A dire che la penetrazione del "genere" poliziesco in libreria nella forma canonica del libro distribuito come tale e non della rivista (cioé il Giallo Mondadori ad esempio o Segretissimo, che sono formalmente dei periodici) ha incontrato all'inizio delle difficoltà, e sempre per lo stesso motivo: la letteratura di genere non veniva considerata altro che paraletteratura, o letteratura di second'ordine.
Ma il "giallo" ormai ha acquisito digintà letteraria, a dispetto dei moti critici paludati che, comunque, continuano a considerare ad esempio Camilleri indegno di vera critica letteraria.Mentre la F non ancora.
Mettiamo a confronto questi dati con quelli che abbiamo pubblicato il mese scorso.

Nel periodo preso in considerazione

Totale FS/FY 2.365
Totale ITA 81 (3,5%)

Totale G/H/N 3.410
Totale ITA 323 (9,5%)

In altr parole un autore su dieci di gialli, horror e noir è italiano, mentre solo 3 mezzo su cento nel gruppo fantascienza-fantasy.
La si può vedere in due modi: o i lettori italiano comprano polizieschi straniei e non vogliono fantastico italiano; oppure che il mercato del fantastico aperto agli autori italiani è potenzialmente tre volte più grande quello attualmente occupato. Diamoci da fare.
Nello stesso periodo di tempo il totale dei testi di autori italiani è di 30.798 titoli (sempre e solo titoli, il numero degli autori , dato che ogni autore ha più titoli, è inferiore e di molto).
Il ch vuol dire la i gialli eccetera sono l' 1,7% del totale e la FS/FY solo lo 0,5%.
Nel periodo 1995-99 gli autori ITA sono il 13% del totale medio nel periodo più lungo.
Nello stesso periodo l'incremento degli autori italiani di G/H/N è del 30% circa, mentre l'incremento degli autri Italialiai di FS/FY è supriore al 60%.
In altre parole la gente legge sempre più gialli che fantascienza , ma la rescita della FS/FY di autori italiani degli ultimi 5 anni è il doppio di quella degl autori italiani di G/H/N.
Infine abbiamo controllato anche i dati dei titoli editi nel 2000 fino ad ottobre compreso.E sono l'ultimo tratto del grafico.
In dieci mesi sono già stati superati i dati di tutto il 1999.
In estrema sintesi aumenta la richiesta di letteratura "pulp" (FS/FS/G/H/N) nelle librerie e aumenta costantemente anche la produzione di autori italiani

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Presentazione del corso presso la Scuola Omero

"Come si scrive un romanzo di Letteratura Non-Mimetica:: Fantasy, Fantascienza, Horror"

a cura di Massimo Mongai

  1. 1. Definizioni e luoghi comuni
    1. Il concetto di lett. non mimetica
    2. Renato Pestriniero
    3. Philip Jose Farmer
    4. Asimov, "Antologia scolastica"
    5. Il mio contributo
    6. Altro
  2. Cosa è FS/FY/Ho in Italia
    1. Valerio Evangelisti e Giuseppe Lippi
    2. Storia della FS Italiana
    3. Cade editrici: Mondad-Nord-Fanucci-Keltia; altre
    4. Internet
    5. Alcune tematiche, alcune polemiche
  3. Come strutturare un racconto di letteratura non mimetica
    1. Personaggi, nomi, trama ecc: le strutture base del racconto: diversità e punti in comune con la letteratura mainstream
    2. Schemino di Syd Field
    3. Pareri personali
  4. Il mestiere vero
    1. Come si scrive
    2. Quando
    3. Dove
    4. Quanto
    5. "Tecniche" creative: trucchi, fonti di ispirazione, metodi di ricerca
  5. I premi
    1. P.Urania
    2. P.Courmayeur
    3. P.Nord
    4. Altri
  6. La domanda più importante: perché scrivere
  7. Un contributo originale alla FS italiana e mondiale: il concetto di fs criptoprustiana
  8. Altro: Tolkien, Borges, Bradbury, Dick di destra-di sinistra, lieto fine; la "serendipità"
  9. Il cinema di FS/FY/Ho: accenni, diversità e punti in comune
  10. Scrivere un testo breve nel corso del corso
  11. Leggerlo e commentarlo in pubblico
  12. Struttura del corso: orari, giorni, durata, altro; l'uso di Internet; gli internet-café
  13. Materiali di studio: fotocopie di testi, testi
  14. Bibliografia

Massimo Mongai è nato a Roma il 3/11/50, Laureato in Giurisprudenza, Ex bibliotecario presso l'Università di Roma(1976-1981), Ex copywriter per diverse agenzie (1981-1995)

Autore di:
"Guida della Sardegna" e "Guida della Cucina Sarda" Edizioni Balzano, Olbia 1981/82
"Tecniche di autodifesa cittadina" Edizioni Metignano, Mantova 1983
"Psicoanalisi e fumetti", Edizioni Psicoanalisi Contro , 1986
"Maltagliati alla niuiorchese" , Atto unico, vincitore del Trofeo "Coppa Melba", Studi Project, Padova 1993
"Nel ventre della balena", insieme a Daniela Berni, soggetto e trattamento per un serial televisivo per RAI2-BOA Produzioni
"SuperVirus", racconto finalista al Premio Courmayeur 1993 per la Letteratura Fantastica e di Fantascienza
"Prenderli per la gola", racconto finalista al Premio Courmayeur 1994 per la Letteratura Fantastica e di Fantascienza
"Assedio", unitamente a Stefano Guerra, sceneggiatura vincitrice di una borsa di studio al Premio Solinas 1995, per due anni opzionata dalla "Pequod Produzioni" di Rosario Rinaldo, finanziata da Script Fund-Media Program
"L'altro Reich", cortometraggio prodotto e diretto da Andrea De Liberato ed inserito all'interno del film collettivo "Intolerance", patrocinato dall'ANAC e di prossima programmazione in sala.
"Daccapo", mediometraggio di cui ha curato la regia, insieme a S.Guerra
"Memorie di Un Cuoco d'Astronave",romanzo vincitore del Premio Urania 1997, recentemente pubblicato nella omonima collana Mondadori
"Pot Pourri" ,commedia teatrale in tre anni, rappresentata nel giugno 1998 presso il tetro "Istrione", regia dell'autore.
"Farmacia",unitamente a Stefano Guerra, sceneggiatura vincitrice di una Borsa di Studio al Premio Solinas 1998
"Il Gioco Degli Immortali", romanzo, Urania, Mondadori
"Buoncaffé", aprile 1999, RAiRadio 2, trasmissione scritta e condotta
"La luna è di Formaggio", RAI Radio 2, trasmissione scritta e condotta unitamente a Carola Silvestrelli, settembre 1999-gennaio 2000
P.U.NFO, primo e unico romanzo di FS scritto appositamente per la Rete, on lne da giugno 2000

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"Memorie di un cuoco d'Astronave" di Massimo Mongai premiato al Salon du Livre Gourmand, Perigueux, Francia.

   

La "International Cook Book Review" è una rivista internazionale che si occupa specificamente di libri di cucina. Organizza ogni due anni un Salone del Libro di Cucina. Che quest'anno si è tenuto in Francia a Perigueux, in Dordogna.
Nel corso del salone vengono assegnati due premi letterarii dedicati, appunto ai libri di cucina: il premio per il "best litterary food writing" e per il "most innovative".
Publigold/Golosia, l'editore milanese che ha ristampato recentemente il libro di Massimo in edizione rilegata, lo ha sottoposto, alla giuria. Fra tutti i libri italiani inviati per la catgoria "most innovative" è stato premiato "Memorie di un cuoco d'Astronave". Sempre finalista fra gli italiani per "best litterary writing" il libro di Simona Fasulo "Racconti da mangiare".
Per tutti coloro che ritenevano il libro di Massimo "non di fantascienza" una conferma.
Per tutti coloro (fra le due edizioni, più di 28.000 acquirenti) che ne hanno decretato il successo, idem.
Per Massimo Mongai una ulteriore occasione, lo sappiamo anche troppo bene noi di Nigralatebra, per fare il fanatico, vanesio, "poseur".
Ci vuole pazienza...

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X-MEN di Bryan Singer

A cura di Francesca Romana Fuxa Sadurny

Da poco uscito nelle sale cinematografiche italiane, X-MEN è un film di fantascienza convincente e ben realizzato, tratto dall'omonimo fumetto.

Il film ruota intorno alle figure di quattro personaggi, tra questi spiccano Patrick Stewart e Ian McKellen. L'uno amato dal pubblico più giovane per il suo ruolo di Capitano Picard nelle ultime serie cinematografiche di Star Trek, l'altro famosissimo per i suoi ruoli ambigui e coinvolgenti in film come Riccardo III e Demoni e Dei. Patrick Stewart interpreta la figura del professor Xavier, dotato di poteri telepatici, e Ian McKellen interpreta il ruolo del temibile Magneto, capace di plasmare il metallo a suo piacimento: entrambi appartengono alla razza dei mutanti, appunto X-Men.

Come nei più avvincenti film di fantascienza l'eterna contrapposizione fra il bene e il male viene qui rappresentata dalle figure di questi due attori: Xavier, pronto a svolgere un'opera di pacifica sensibilizzazione dell'opinione pubblica mondiale sull'esistenza dei mutanti, Magneto, incapace di dimenticare la follia omicida e l'intolleranza che si annida fra gli uomini, deciso ad imporre la propria razza a costo di trasformare gli avversari in mutanti. Questa sua ostinata sfiducia nel mondo degli umani non mutanti trova origine nel lontano passato nazista in cui Magneto visse come deportato. Il film, infatti, inizia con una scena molto toccante di violenta separazione di una famiglia (che, poi, si scopre essere quella di Magneto) in un campo di concentramento tedesco.

La vicenda che si sviluppa sembra ambientarsi in un futuro dei nostri giorni composto da mutanti e da essere umani. I primi impauriti dei loro poteri, nascosti nei ghetti e umiliati dai "normali", i secondi forti della loro condizione di "normali" e incapaci di accettare profondamente il "diverso" che è negli X-Men. In questo scenario si inseriscono le figure di Wolverine, di Rogue e di un importante uomo politico americano. Wolverine non sa dei suoi poteri ma li sfrutta per vivere, Rogue è spaventata dal suo e decide di recarsi in una speciale scuola dove potrà imparare a gestirlo, mentre l'uomo politico è deciso a tutti i costi ad eliminare socialmente e politicamente i mutanti.

Si avvicendano, così, le storie di uomini e mutanti, si costruiscono amicizie e si rompono legami affettivi: tutto ruota intorno a Rogue e a Magneto. La particolarità di questo film di fantascienza non è tanto rappresentata dall'idea dell'esistenza di mutanti né dei poteri che questi soggetti riescono a sviluppare, anzi gli X-Men ricordano, per certi versi, personaggi famosi di libri di fantascienza come "I mendicanti di Spagna" o i "telepati", l'aspetto più interessante del film è, invece, la figura controversa di Magneto e la perfetta trasposizione in termini fantascientifici di un problema grave e avvertito da tutta lopinione pubblica mondiale: l'accettazione della diversità.

Quello che il film trasmette fra le righe è proprio il senso di disagio che si prova ad essere diverso tra uguali, è l'intolleranza verso ciò che non consociamo e che temiamo, è la atavica sfiducia nelle istituzioni pubbliche. Magneto incarna il deportato che non riesce a dimenticare o, forse, non vuole ma gli si può dare torto? Spesso auspichiamo ad una pacificazione mondiale, chiediamo a chi è più coinvolto di noi di mettere da parte l'astio e di combattere per la pace, ma ci siamo mai chiesti cosa sente un uomo che ha vissuto e visto le peggiori atrocità? Possiamo serenamente immaginare un futuro senza prevaricazioni sociali e senza violenza? Su questi punti si incontrano e si scontrano i due grandi P. Stewart e I. McKellen, fino all'ultimo fiato. Ben realizzati gli effetti speciali, bravissimi Stewart e McKellen, bravo anche l'attore che impersona Wolverine.

Divertente anche il finale in parte inaspettato: la prigione in cui Magneto viene chiuso, dati i suoi poteri di deformazine del metallo è tutta di plastica!

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X-MEN: Il cinema a fumetti o il fumetto al cinema?

di Francesco Romeo

Sono andato a vedere X-MEN dopo che me ne avevano parlato due miei colleghi, non appassionati di fumetti e nemmeno di fantascienza.

Entrambi non erano stati particolarmente impressionati dalla trama, ma entrambi mi avevano detto "vallo a vedere!"

Ai titoli di testa un breve fremito nel vedere fra i produttori il nome di Stan Lee, proprio come succedeva nella copertina dei fumetti Marvel. Devo premettere che non sono mai stato un accanito lettore di X-MEN, i miei gusti sono sempre stati decisamente onnivori e ho sempre letto un pochino di tutto, non ricordavo quindi molto dei personaggi e delle storie, ma fin dall'inizio mi sono ritrovato immerso in un'esperienza visiva molto simile a quella che provavo leggendo i fumetti Marvel.

Nessun preliminare, ingresso immediato nel ritmo della storia, spiegazioni solo inframezzate qua e la, più che altro per rendere il tutto comprensibile agli spettatori non "fumettari". Onestamente il plot ha uno spessore minimo, la parte preponderante la fanno gli effetti speciali, e secondo me proprio qui è il bello, che si passano due ore attaccati alla sedia a vedere un fumetto "nella realtà", con il cattivo che più cattivo non si può, e i buoni che salvano il mondo a costo della propria vita. Proprio come nei fumetti Marvel dei vecchi bei tempi...

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