Nigralatebra (logo)Il Foglio di Fantafolio

Tette e pistole: Mongai cambia pelle

Intervista di Leo Sorge

Non c'è due senza tre, dice l'adagio. Ma per Massimo Mongai abbiamo dovuto aspettare qualche anno, prima che diventasse realtà. Dopo "Memorie di un cuoco d'astronave" e "Il gioco degli immortali", entrambi pubblicati nella serie Urania, è la volta di Tette e pistole. I lettori dei primi due hanno perso buona parte del percorso evolutivo di Massimo, la cui scrittura è diventata molto più ricca e solida. Tanto da permettergli di cimentarsi in un campo diverso dalla fantascienza.

Il titolo dell’intervista parla di un cambiamento di pelle, metafora per il passaggio dalla fantascienza al giallo. La metafora continua con l'editore, l'affermato ma non reattivo Mondadori del passato, il piccolo ma agguerrito Malatempora dell'oggi. Ma anche nel romanzo il protagonista cambia pelle. Più volte.

Hai pubblicato un giallo. Ma non scrivevi di fantascienza? Ed è il tuo primo giallo?

[MM] Scrivevo e scrivo fantascienza, e in realtà se ne potessi ricavare reddito adeguato scriverei tranquillamente solo fantascienza, dato che scrivere FS in realtà è un piacere assoluto. Ora, anche se "scrivere" è in assoluto un piacere assoluto, è vero che il mercato della FS è spaventosamente limitato, ed esiste solo un piacere assolutamente superiore allo scrivere ed è essere pagato per scrivere. Ne consegue che allargarsi al mercato del giallo significa avere non un solo editore che paga un autore italiano (Mondadori) ad almeno 20 che pagano autori italiani. Ergo.

E no, non è il mio primo giallo, è il mio primo giallo pubblicato, gli altri (due) li ho scritti e per due volte proposti proprio a Mondadori che non mi si è filato affatto, bontà loro. Poi ne ho scritti altri due che non ho ancora proposto a nessuno, perché vanno limati in fuzione dell'editore cui presenti ed a cui sei presentato.

Ti pubblica Malatempora, un editore piccolo e coraggioso che vive del suo lavoro. E' una scelta o una necessità?

[MM] Hai dimenticato il terzo elemento, il caso. Ho "scelto" Malatempora (cioè quel pazzo ex(?)fricchettone di Angelo Quattrocchi) perché la casa editrice è pazza, seria, distribuisce a livello nazionale e poi condivido il 99% per cento della sua filosofia. L'ho fatto per necessità, perché convincere un editore a pubblicare è difficile e se riesci a convincerne uno va bene comunque (a maggior ragione se poi condividi filosofia e gusti d'altro tipo: in fondo l'ho scritto per Angelo dopo averlo conosciuto.)

E infine di nuovo il caso: ho conosciuto Angelo perché per caso me lo ha presentato Marco Minicangeli nel corso di uno dei "party del mercoledì" di Angelo a casa sua.
La necessità del caso diventa una scelta? La scelta del caso una necessità? Necessità, virtù? Scelta inconscia? Che faccio, mi fermo?

Cosa si prova a passare dalle ventisettemila copie delle memorie (più tremila della ristampa di Golosia) a T&P, che il mercato deve conquistarselo senza la macchina di Mondadori?

[MM] Si prova una sensazione di sfida. Le 27.000 copie di "Memorie" sono un record assoluto quanto inaspettato. Non hanno fruttato la pubblicazione del seguito, per altro spedito tre mesi dopo la pubblicazione del primo (Memorie di un cuoco di un bordello spaziale, interessa a qualcuno?), gliene ho spediti TRE di romanzi prima che mi pubblicasse il secondo ("Il gioco degli immortali"). Adesso Malatempora pubblica T&P in 1500 copie, che per un piccolo editore sono tante, con 600 prenotate e un break-even a 900/1000. Ma questo è un "libro", mentre per assurdo Urania è una rivista, sta in edicola 45 giorni poi va al macero (come tutto quello che viene pubblicati/esposto in edicola, comprese cassette e CD, lo sapevate?), quindi resterà in liberia per un tempo x, misurabile in mesi se non anni. Si vedrà. Importunerò tutti perché lo leggano, no, lo farò perché lo comprino e lo leggano. Si vedrà.

Hai notato che anche Malatempora, come Nigra Latebra, è un'espressione latina? Che fai lo snob?

[MM] No. Uno snob secondo me è uno che pretende di essere e di far credere di essere quello che non è. Sono io il responsabile del titolo NL ed io ho studiato latino per 8 anni ed ho continuato a "stargli a ridosso": il latino, come tutta l'antichità, è la gioventù della nostra cultura, è quando l'umanità era giovane.Non sono responsabile della scleta di angelo di chiamare Malatempora la sua casa editrice, ma ne condivido lo spirito: Malatempora Currunt, oh, se currunt! D'altra parte quando il gioco diventa duro, i duri cominciano a giocare.

Secondo me la storia è inconsueta, mentre gli strumenti narrativi sono classici. Sei d'accordo?

[MM] Onestamente non lo so. La storia è inconsueta? Credo di sì, ma lo scopo è quello indicato da Chesterton, "far sentire stupido il lettore", parole sue: il lettore di gialli ama, vuole , esige, essere stupito, dirsi "ma che stupido che non l'ho capito chi era l'assassino". Se sono riuscito a tanto, allora lo strumento era classico.

Il serial killer è un soggetto sempreverde. Sull'argomento, il romanzo ospita un breve saggio di Marco Minicangeli, altro autore legato a Malatempora e a Nigra Latebra. Ti sembra una buona idea?

[MM] Lo vogliamo dire che l'idea è stata tua? O facciamo finta di niente? A me è piaciuta subito e Marco e Angelo ne sono stati entusiasti, direi. E il saggio di Marco alla fine completa degnamente il libro: una serie di considerazioni sui serial killer italiani, scherziamo? Ce ne sono 35 almeno in circolazione.

Tette e pistole è un bell'accostamento. Da cosa viene?

[MM] Il titolo originale era "Meta-seral-killer" ed Angelo ha obiettato che forse era un titolo troppo criptico o raffinato. Io ho insistito, sostenendo che ormai un titolo del genere era comprensibile o intrigante anche per una platea ampia. E lui ha detto che sì, forse era vero, ma se riuscivamo a tirare fuori un titolo un po' più ..."commerciale" (vergogna, vergogna!) era meglio. Ed io ho avuto un lampo! Tette e pistole. Ci sono molti motivi perché sia così, e poi la copertina è venuta in conseguenza ed è perfetta per la storia.

Il sesso è molto presente, visto che il protagonista ha degli appetiti insoliti che affronta in modo spesso radicale e che tu dettagli in profondità. Da cosa ti viene questo tipo d'esperienza?

[MM] Da una lettura attenta, costante e pluridecennale del meglio della letteratura porno-erotica (video compresi) degli ultimi 30 anni, molte curiosità sul mondo della prostituzione e degli omosessuali maschi (info dettagliatissime da libri e conoscenti e qualche amico) e la coscienza delle mie latenze omosessuali frutto di una analisi (rinnegata, ma presente) fatta con un analista incerto sulla sua sessualità. Ed altre minuzie erotico sentimentali che non sto a raccontare.

La figura del cattivo è particolarmente articolata, ma mai veramente torbida. Non è un po' troppo pulito, per quel tipo di personaggio?

[MM] Sì, è vero. Ma il fatto è che il cattivo qui è un comprimario. Per me contava la storia e la storia di Giulio-Giulia-Giulio. Si poteva caratterizzare meglio o di più, ma alle corte, è venuta così.

Storia, sfondo, personaggio: cosa senti di aver trascurato?

[MM] Non la storia, non il personaggio, senza dubbio gli altri personaggi ed in parte lo sfondo. Di nuovo, è venuta così, poteva venir meglio, ma forse, meglio non sarebbe venuta mai. Vale quel che vale per com'è. Se vale direi lo giudicheranno i lettori. A loro spetta sempre non l'ultimo giudizio, ma quello vero.

E adesso?

[MM] Ah, bella domanda, sono grato che me l'abbia fatta ingegner Sorge! E io che cazzo ne so?

Tette & Pistole

"Avevo sempre pensato che la cosa peggiore che avessi fatto in vita mia fosse stato il farmi fare le tette... era stata la cosa peggiore che avessi fatto fino a quel punto, mi dicevo. Non sapevo che potevo fare qualcosa di molto peggio. Due anni dopo, a 24 anni, 18 mesi fa, me le sono fatte togliere... Ero Giulio, ero diventata Giulia, ero tornato ad essere Giulio. E "questo" era veramente troppo. Per tutti."

Questa è la storia di un "meta serial killer": di un serial killer che come serialità di uccisioni finirà con lo scegliere l'ammazzare altri serial killer. Da un Iato è una storia a suo modo classica: c'è il morto (più d'uno) c'è il detective, c'è l'assassino che alla fine viene scoperto e punito. Dall'altro è una storia molto borderline, anzi è la storia del personaggio più borderline che sia stata scritta da molto tempo a questa parte, perché, vive una vita ai limiti, al confine, al bordo...

Massimo Mongai Ex capoufficio dell'Archivio e Protocollo dell'Università di Roma, ex bibliotecario ad Architettura, ex copywriter, sceneggiatore, autore radiofonico, regista teatrale, scrittore a tempo pieno, ha scritto "Chi ha Paura di Lucy Van Pelt? Ovvero Psicoanalisi e fumetti" (Ed. Psicoanalisi Contro), "Memorie di un cuoco d’astronave" (Mondadori, Premio Urania 1997, oltre 30.000 copie vendute), "Il gioco degli Immortali" (Mondadori). Con questo libro passa al giallo. È uno dei pochi autori italiani che vive scrivendo ed il suo stile è a metà fra Mickey Spillane e Gadda.

È il più "americano" fra gli autori italiani. Attualmente lavora in un call center.