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Luci dalla città Newsletter

di Roberto Bonino

Continua la ripubblicazione dei materiali fantastici e fantascientifici della newsletter cinematografica Luci dalla città. Chi volesse ricevere Luci dalla città può mandare una mail a akai@pruanet.it.

Dal n. 5 Signs

Agli amanti del genere segnaliamo La voce di Gaia, l'ultima fatica di Antonio Bonifacio per i tipi di Venexia, che ripercorre storia ed ipotesi di quei cerchi nel grano ai quali è ispirato il film di Shyalaman. Il libro dovrebbe essere presentato alla libreria Bibli in Roma (www.bibli.it) la sera del 13 novembre. Accorrete numerosi! (L.S.)

Dal n. 3 Johan Padan

Dal n. 2 Pinocchio

SIGNS, di M. Night Shyalaman, con Mel Gibson, Joaquin Phoenix, Rory Caulkin (sì, proprio il fratellino di Macauley, quello di "Mamma ho perso l'aereo" e che poi ha perso anche la fama, la famiglia…).

Bisogna proprio scomodare gli alieni per descrivere la parabola di un ex pastore protestante che perde la fede dopo la morte della moglie per un incidente stradale e alla fine la ritrova, aggiungendovi pure una resurrezione per rafforzare la scelta? Scegliendo di concentrare la propria attenzione su una famiglia della campagna di Philadelphia e, in particolare, sul protagonista-divo (con quel che costa…), Shyalaman ci consegna, di fatto, un racconto morale e lo testimoniano i frequenti primi piani sugli attori, i riferimenti ai problemi familiari generati dalla tragedia, le frequenti discussioni interne al piccolo nucleo. E già questo basta a rendere il film pesantuccio, pieno di colpi bassi da piagnisteo, con l'apoteosi dell'ultimo dialogo fra Mel Gibson e una moglie incastrata fra l'auto che l'ha investita e l'albero contro il quale è andata a sbattere, con un corpo che ci viene detto essere già tranciato in due e però ancora la lucidità per riconoscere il marito e suggerirgli qualcosa che gli servirà per salvargli la vita (non male, eh?). In più ci ritroviamo con un'invasione aliena ostile, preceduta da segni premonitori noti a chi studia il fenomeno (misteriosi cerchi che appaiono nei campi), ma che si concretizza con l'arrivo di "marziani" che hanno esattamente le sembianze da fumetto (verdi, pelati, antropomorfi) che ritroviamo nella pubblicistica da bancarella, combattono senza armi ma possono essere sconfitti da poche gocce d'acqua. Dal regista di "Il sesto senso" e "Unbreakable" (che compare nei panni dell'autista dell'auto assassina: questo si è un bel "segno") ci si poteva attendere qualcosa di meglio, ma il salto dal terreno all'ultraterreno, così ben controllato nel film d'esordio, qui decisamente gli ha nuociuto.

PER: Gli amanti della science-fiction e dell'ufologia ritroveranno elementi probabilmente a loro noti, ma comunque interessanti, sul tema a loro più caro. Anche per chi ama la tensione e il mistero. Ma c'è decisamente di meglio…

PINOCCHIO, di Roberto Benigni, con Benigni medesimo, la moglie e, per fortuna, anche Carlo Giuffré, Kim Rossi Stuart, Mino Bellei, Alessandro Bergonzoni.

E' bene dirlo subito: "Pinocchio" è un film deludente e un po' furbo. Dopo il successo planetario di "La vita è bella", Benigni aveva la possibilità di fare qualunque cosa, anche la versione cinematografica de "L'inno del corpo sciolto". Ottenuto un budget spropositato per un film italiano (Prossimo ai 50 miliardi di vecchie lire) ci propina invece una nuova versione di una favola stranota, senza fare nulla più che rileggerla, aggiungerci un gran dispiego di effetti speciali e scenografie ricostruite con dovizia di mezzi e destinare, come sempre i ruoli primari a se stesso e alla moglie (che produce, peraltro). Chi si aspettava di vedere finalmente tradotta in immagini la vis comica e provocatoria del Benigni televisivo rimarrà profondamente deluso. "Pinocchio" è un film per bambini, recitato da un cinquantenne che fa la voce da bambino per quasi tutto il film, una Braschi ormai al di là del bene e del male e qualche comprimario che fa per bene il proprio lavoro, ma rimane, per l'appunto, comprimario (bravo Rossi Stuart, occorre dirlo). E non basta certo il solito eccellente lavoro dei tanti artigiani del nostro cinema (costumi, scenografie ecc.), cui si aggiunge quello altrettanto efficace dei nuovi artigiani del digitale, per dare più interesse a due ore che scorrono fiacche e senza guizzi. Atteso alla prova della definitiva maturità, Benigni ci consegna un film smaccatamente disneyano (nel senso peggiore del termine), macchina da incassi sicura (in Italia come negli Usa) e buono per essere celebrato perfino da Famiglia Cristiana e il consesso dei vescovi italiani. Così, si finisce col rimpiangere il "Pinocchio" televisivo di Comencini, fatto trent'anni fa e più innovativo di questo.

PER: Se siete genitori con figli dai cinque anni in su, andate pure: il film è deludente, ma non del tutto vergognoso. Se siete adulti e pensate che questo Benigni va visto per forza, almeno sappiate a cosa andate incontro…

JOHAN PADAN A LA DESCOVERTA DELLE AMERICHE di Giulio Cingoli, disegni animati, con Fiorello, che dà voce al protagonista.

.Si parte da un testo teatrale di Dario Fo, che rileggeva a modo suo la scoperta dell'America, affidata a un protagonista naufrago al seguito di una spedizione ufficiale ordinata dalla Regina di Spagna, alla ricerca di nuovi tesori con cui arricchirsi. Riuscirà prima a sopravvivere agli indigeni, poi a diventarne una sorta di guida spirituale e infine ad aiutarli a respingere, almeno per un po', i conquistadores. Essendo la trasposizione cinematografica a cartoni animati, è stato accentuato l'aspetto favolistico della vicenda, seguendo una logica e un impianto visuale che somigliano molto a quelli delle produzioni disneyane (Tarzan, ad esempio, anche se in meglio, molto meglio). Se ce ne fosse bisogno, è una dimostrazione della grande professionalità dei disegnatori e degli animatori italiani. Ci sono però anche dei limiti in questo progetto. Come per molte produzioni disneyane e non degli ultimi anni, il prodotto ha uno svolgimento semplificato e buffo (fin troppo), per attirare i bambini, pur contenendo elementi narrativi più adatti a un pubblico adulto. Un ibrido che funziona fino a un certo punto, insomma, anche se lo spirito libertario è una gran cosa da trasmettere ai propri figli e questo basta per farne un'operazione degna di simpatia. Se poi non ci fossero state le canzoni (pesanti, di una certa Laura Folli) sarebbe stato meglio..PER: Genitori che usano i figli per andare a vedere cose che in realtà interessano di più a loro e che poi devono rispiegarle a una prole sempre prodiga di domande e dubbi...