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Minority Publisher

Lanciato dagli ottani di Cofferati e Spielberg,
ecco il fenomeno editoriale dell'anno

di Agostino Morgante

Inutile negarlo, il suo faccione rotondo potrà non essere simpatico a tutti, ma nessuno può dubitare che Sergio Fanucci e la sua casa editrice siano stati il fenomeno editoriale dell'anno. Questa estate, grazie alle citazioni su Dick di Sergio Cofferati, Manifesto e Corriere della Sera gli hanno dedicato pagine intere, e con l'uscita sugli schermi di Minority Report il nome dell'editore romano è risuonato in molte città italiane, riuscendo così a trasformare il film della (prossimamente premiata) ditta Spilberg/Cruise in un evento pubblicitario per la collana dedicata a Philip K. Dick.

Soldi, perciò: è di quello che stiamo parlando. Tanti soldi, anche se non sono tutte rose e fiori. Vedi, per esempio, il caso Solaria &endash; la migliore iniziativa editoriale nella fantascienza italiana negli ultime tre anni &endash; che ha ormai chiuso i battenti, probabilmente in passivo. Solaria dunque: romanzi inediti, belli, autori nuovi, buon impianto critico, il solito amore che Pergameno mette nelle cose che fa. E allora? Perché Solaria ha fallito? Chissà, ci piacerebbe che fosse Sergio Fanucci stesso a dircelo. Probabilmente è vero che quello attuale non è un buon momento per la fantascienza, e perciò l'impresa era difficile fin dall'inizio. Non ha sicuramente aiutato il fatto che Valerio Evangelisti &endash; nume tutelare della new wave di Fanucci &endash; vada sbandierando da tempo che la fantascienza è morta. Strano che lo dica uno come lui che non ha mai scritto fantascienza, ma tant'è. L'Italia è un paese strano, e non solo dal punto vista editoriale.

Molto interessante è l'esperimento Avant-Pop, almeno lo era all'inizio: alla lunga sembra piuttosto artificiale e deboluccio. Anche qui ci sono bei romanzi ed autori, quasi tutte traduzioni però. Italiani col contagocce. Tommaso Pincio, che però sembra abbia già spiccato il volo. Insomma, il grosso difetto della Fanucci sembra proprio questo: la quasi totale assenza di autori nostrani, il che non significa fare il solito premio (per carità, meglio "si" che "no": ma insomma non smuove le sorti della fantascienza italiana in modo alcuno), ma trasformare una casa editrice in un progetto, una fabbrica di idee e non solo di soldi. Alla lunga questi sono gli investimenti che pagano. Speriamo.