Il Foglio di Fantafolio

Vita futura - nel 2000 guerra o pace?:
il coraggio della Fantautopia

di Riccardo Rosati

Sono consapevole del fatto che sto per percorrere un campo minato, ovvero voglio parlare dei generi narrativi, cinematografici e/o letterari. Da anni, specialmente nel mondo del fantastico, ci si "scanna" quando si parla dei generi. Ognuno ama dire la sua: Blade Runner è cyberpunk! È proto-cyberpunk! Non è cyberpunk! Alcuni affermano perfino che non sia vera fantascienza. Questa è una della tante "polemiche fantascientifiche" a cui mi è capitato di partecipare. Bene, visto che sono già in molti a parlare; io con molta umiltà dico la mia e riutilizzo, sì perché non l'ho certo coniato io, il termine Fantautopia per analizzare un film e il genere a cui, ripeto è la mia opinione, lo si può ricondurre. L'opera in questione è una di quelle che hanno fatto la storia della fantascienza, sto parlano di Vita futura &endash; nel 2000 guerra o pace? (tit or. Things to come, 1936) di William Cameron Menzies.

Ancora una volta propongo un film British. E ancora una volta è possibile constatare come la "Perfida Albione" abbia contribuito in modo eccezionale alla sviluppo della sci-fi. Ora, prima di affrontare tematiche come, la storia, il cast, ecc; parliamo di quelli che il film lo hanno inventato. Il regista: W.C. Menzies (1896-1957). Costui è stato, insieme a Val Guest, uno dei registi più prolifici della fantascienza europea tra gli anni 40-60. Menzies girerà, inoltre, in America un'altra importante pellicola, quel Gli invasori spaziali che a mio parere è un classico della fantascienza "più calssica". Sarebbe a dire, che se si pensa alla trama più ovvia per un film sugli alieni, bene questa è quella che troviamo ne Gli invasori spaziali. Intendiamoci, non si tratta affatto di una critica al film "americano" di Menzies, anzi, è proprio da film così chiari e dalle trame tanto lineari che i giovani autori hanno la possibilità di prendere spunto per le loro storie. Al contrario, capolavori come 2001, Odissea nello spazio, ad esempio, per quanto pregevoli, non creano un genere. Opere del tipo de Gli invasori spaziali offrono numerose idee dalle quali trarre ispirazione per, poi, sviluppare storie più sofisticate.

Comunque, torniamo a Vita Futura. Oltre al già citato Menzies, il film vede Vincent Korda alla sceneggiatura e Alexander Korda alla produzione. Questi sono due nomi molto importanti del cinema britannico "normale". Il cast è ottimo, in particolar modo, nella figura dell'attore Raymond Massey (1896-1983). Costui darà il volto ai vari discendenti della famiglia Cabal, i quali sono i pionieri del progresso e che contribuiscono alla rinascita e alla creazione di una nuova società sulla Terra.

Dunque, eccoci giunti al tema principale del film: la costruzione di una nuova società sulle ceneri di quella vecchia che si è auto distrutta. Il film si svolge nell'arco di 100 anni. Dopo un'improvvisa quanto immotivata guerra atomica, forse si intravedeva già l'imminente conflitto mondiale, il pianeta ripiomba in un secondo Medio Evo, nel quale imperversa una nuova peste che rende gli uomini degli zombie. Un "uomo della provvidenza", un piccolo dittatore che è una chiara scimmiottatura del "nostro" Benito Mussolini, debella il flagello a colpi di fucile e assume il potere. Semplice no? Niente più malati, niente più peste! Quest'ultimo governa con autorità e ignoranza ciò che resta di Metropolia (una Londra immaginaria), fino all'arrivo di John Cabal: emissario del nuovo ordine istituito dagli scienziati di tutto il mondo. Cabal e alleati, grazie all'uso dell'"arma definitiva" (un semplice gas soporifero), riusciranno a piegare la dittatura, per riportare la libertà a Metropolia.

La seconda parte del film proietta la narrazione nel lontano, per quei tempi, 2052. Qui, troviamo sempre un Cabal a capo del "nuovo ordine" e un agitatore pronto a distruggerlo (anche per questo personaggio l'attore è sempre lo stesso). Costoro sono due chiari esempi del conflitto tra l'utopia della ricerca scientifica e l'ignoranza di chi ha paura di confrontarsi con la continua evoluzione della razza umana. Stavolta, l'ultima meta per gli uomini è lo spazio. Due inesperti e "vitaminici" cosmonauti saranno sparati da un "verniano" cannone astrale nello spazio profondo e a nulla serviranno i tentativi di sabotare l'impresa da parte dei retrogradi di turno; la Scienza (S maiuscola) avrà la meglio.

Vita futura nasce in un'epoca molto diversa dalla nostra, nella quale era permesso sognare una nuova società basata sul progresso e la fratellanza universale. Oggi, dopo il genocidio delle Twin Towers a New York, dovremmo invidiare l'ingenua speranza del bravo Menzies nell'ipotizzare un "nuovo mondo". Lui, in questa eccezionale pellicola, si auspicava un'umanità unità e guidata dalla scienza…era proprio un'utopia! In ogni caso, il film in questione è una chicca che trae spunto dal romanzo del Maestro Herbert George Wells: The Shape of Things to Come. Menzies e V. Korda sono stati capaci di sviluppare una storia che incarna l'essenza più nobile della science fiction. In altre parole, quel desiderio di quest (ricerca), che spinge l'uomo a perseguire un'evoluzione continua, infinita; per giungere, come afferma il Capitano di una certa astronave: là dove nessun uomo è mai giunto prima! La breve "tirata" di chiusura del protagonista stesso (l'ennesimo Cabal del film) sembra l'utopistico vaneggiamento di un uomo posseduto dal desiderio di scoprire. Il messaggio è chiaro: il progresso prima di tutto.

È probabile che a molti Vita futura possa sembrare un film fantascientifico atipico. Ma la fantascienza non è solo cavalieri jedi e navi spaziali. I due grandi che hanno inventato questo genere, mi riferisco a Jules Verne e al già citato Wells, ci hanno insegnato che il traguardo ultimo per l'uomo non è da ricercarsi solo negli spazi profondi, ma anche sul nostro pianeta. Non importa che lo si debba cercare "al centro della Terra" o con una "macchina del tempo". È l'uomo e la sua società il più grande mistero da svelare.

Questa è, dunque, la Fantautopia: il desiderio di fantasticare su quello che verrà e che forse non sarà mai. Il genere cyberpunk stesso non è forse una moderna e pessimistica versione del genere fantautopico? In fondo, non è più affascinante e coraggioso tentare di prevedere il mondo del domani, che descrivere la caduta di lontani imperi galattici, persi in galassie a noi sconosciute? Bene, è solo una questione di gusto. Una cosa, però, lasciatemela dire, Vita futura è un vero e proprio tesoro. Lo è non solo per il suo indiscusso valore formale, ma anche e soprattutto per il fatto che rappresenta una testimonianza di un mondo che non c'è più. In altre parole, chi mai oggi si sognerebbe di cimentarsi con la descrizione di una possibile e non probabile società del futuro? Nessuno, credo. Siamo nell'era del concreto e non è più lecito sognare. La pellicola di Menzies, con il suo carico di retorica positivista, è oramai un reperto archeologico; ma badate bene, non lo è come film, ma come visione politica. Possibile che siamo cambiati così tanto? Eppure era solo il 1936.