Il Foglio di Fantafolio

Un commento di Donato Altomare

Carissimo Massimo,

sei sicuro di non avere un gemello da queste parti?

Magari un clone (barba e ‘borsalino’ a parte)?

Quando ti ho conosciuto a Roma e ho ascoltato le tue idee mi sono subito reso conto che tra noi c’era una certa sintonia di pensiero, ma dopo aver letto quello che hai scritto nell’ultimo numero della tua ottima e-zine devo ricredermi: abbiamo tantissimo in comune.

Ho letto il sondaggio di Vittorio sull’ultimo Delos (gran bel numero, sei d’accordo?) e ho verificato che eravamo della stessa idea. Su NL hai ampliato il concetto avendone lo spazio e non posso che dirmi d’accordo sul fatto che ‘arte’ e ‘politica’ potrebbero o meno essere distinte. Vorrei però aggiungere qualcos’altro. Credo che nella narrativa ciascuno di noi esprime qualcosa di se stesso, quindi il connubio narrativa-politica credo non sia cercato ma quasi automatico. L’errore invece lo si commette quando si ‘impone’ dall’esterno una collocazione politica del narrato facendo riferimento a luoghi comuni o concetti stereotipati. Non deve quindi sorprendere che ci siano autori e testi che prima hanno avuto una collocazione politica, poi quella opposta in quanto sono mutati i tempi e, appunto, il ‘metro’ di valutazione.

Personalmente ribadisco quanto detto riguardo il sondaggio. Non so se a Pearl Harbur ci sono stati tanti morti quanto alle torri gemelle e gli Stati Uniti abbiano avuto tanti danni quanto in quest’ultimo doloroso caso, credo di meno in entrambi i casi, quindi non si può parlare di atto terroristico, ma di una vera e propria dichiarazione di guerra. Dirò di più. Questi ‘terroristi’ hanno sempre fatto affidamento su un elemento che drammaticamente questa volta è venuto a mancare, e cioè che gli USA (e in genere gli stati oggetto di azioni terroristiche) in tutti i casi di azioni del genere si sono limitati a cercare i colpevoli (in casa propria e in altre) e una volta trovati all’estero non hanno potuto far altro che chiederne l’estradizione a volte non ricevendola, Libia docet. Era questa una situazione fortemente garantista per chiunque fosse fuori dagli USA o dai paese oggetto di terrorismo e tirasse le fila della distruzione. Questa volta è andata male poiché i terroristi sono stati stanati ovunque si celassero e il ricorso alla ‘guerra santa’ era un estremo quanto vano tentativo di salvarsi il didietro.

Solo un appunto ai pacifisti ‘a tutti i costi’ – ho molti carissimi amici tali - . C’è un momento nella propria vita in cui bisogna tirare un cazzotto ben assestato. E chi lo nega probabilmente non si è mai trovato di fronte ad una decisione del genere. E se è fortunato non si troverà mai in quelle condizioni. Un mio amico e collega ingegnere dice spesso che anche un coniglio chiuso in un angolo mostra i denti e tenta di mordere. O si lascia scannare. Ma la natura umana è quella della sopravvivenza a tutti i costi.

E’ poi facilissimo fare il pacifista in Italia. Forse un po’ meno in Afganistan, in India, in Algeria, in Libia in Iran ecc. Pacifisti italiani non li ho mai visti e neanche sentiti manifestare in questi paesi. Del resto noi italiani siamo davvero strani. Ci dichiariamo pacifisti quando si tratta degli USA, ma basta che un arbitro non dà un rigore alla nostra squadra e facciamo a pezzi gli stadi.

Ciò non toglie che molti sono in assoluta buona fede. Ma se la vita di un figlio dovesse essere messa in pericolo, pacifista o non pacifista, guerra o non guerra, farei a pezzettini chiunque osasse sollevare le mani su di lui.

I miei zii hanno assistito in prima fila all’evento delle due torri, per il classico pelo non ne sono stati coinvolti. E mi hanno raccontato di scene raccapriccianti che nessuna emittente televisiva, al momento, ha trasmesso.

Che poi gli USA abbiano avuto nel passato grandi responsabilità non è il caso né di negarlo né di lasciarsi condizionare, altrimenti si innescherebbe una situazione davvero curiosa, poiché bisognerebbe rammentare quello che hanno fatto gli inglesi nei paesi asiatici, quello che hanno fatto gli spagnoli nelle Americhe, quello che ha fatto la chiesa durante l’inquisizione, quello che ha fatto la Russia nei confronti dei Polacchi, quello che ha fatto la Nato nei confronti della ex Jugoslavia, ecc. ecc. e le persecuzioni dei curdi, dei baschi, degli scozzesi, degli irlandesi, dei negri dei cinesi, dei marocchini, ecc. ecc.

C’è da ridere ascoltando un altissimo uomo di governo britannico (non ricordo il nome ma proprio in questi giorni ne parlano tutti i telegiornali) che si è scagliato contro gli USA perché trattano i prigionieri talebani non secondo la convenzione di Ginevra. Gli USA ribadiscono che non si tratta di prigionieri di guerra, ma di terroristi. Il fatto è che il nostro amico inglese non rammenta che la sua nazione ha usato lo stesso metro nei confronti dei prigionieri dell’IRA. Insomma, tutto il contrario di tutto, a seconda della situazione e del vento.

Ogni evento va esaminato oggettivamente o soggettivamente, quindi o avulso dal contesto in cui avviene (la guerra è una cosa orribile oggettivamente e va rifiutata e aborrita in qualsiasi caso), oppure rapportato ad esso contesto (devo combattere per difendere la mia casa o la mia stessa vita). In questo secondo caso bisognerebbe distinguere l’attualità dalla situazione storica (a: gli USA hanno diritto a liberarsi con la guerra dei talebani poiché questi ultimi hanno colpito al cuore la nazione e ucciso migliaia di pacifici americani che stavano pensando soltanto al proprio lavoro; b: gli USA non dovevano farlo in quanto hanno sostenuto - o al meglio approvato -  i talebani – e altri guerriglieri afgani - quando faceva comodo il loro operato contro l’ingerenza russa in quel territorio).

Ciascuno si pone nella posizione che ritiene più conforme al proprio pensiero. Naturalmente credo che la più rischiosa sia proprio l’ultima in quanto lo spostamento storico non potrebbe certo fermarsi a qualche anno fa, ma ci potrebbe portare molto indietro nel tempo mostrando, a cicli quasi sinusoidali, i torti e le ragioni di qualsiasi governo.

Quando gli spagnoli devastarono le popolazioni dell’America del sud imprigionarono un grande re – del quale naturalmente non rammento il nome e sono troppo pigro per andare e cercarlo - . Un monaco al seguito degli invasori si presento al re prigioniero e, mostrandogli la Bibbia gli disse: ascolta la parola del Signore. Il re prese la Bibbia e la portò all’orecchio poi disse: io non sento nulla.

Ecco un chiaro esempio di oggettività e soggettività dell’evento. Oggettivamente la battuta è simpatica e strappa un sorriso. Soggettivamente costò la vita al re, la distruzione del suo impero e una delle maggiori vergogne storiche della chiesa.

Il secondo argomento su cui vorrei dire qualcosa riguarda la tua ‘chiamata in causa’ dalla Vallorani.

Se da un lato Lippi sostiene che oggi il dilettantismo o il semiprofessionismo è finito e che non c’è alternativa nella fantascienza se non quella di essere professionisti (ma non era forse il punto al quale tutti noi miravamo?!), dall’altro questo non può significare che bisogna in qualche modo ‘mettersi in riga’, né tantomeno che non si possa scrivere quello che più ci piace.

E allora una domanda: si può essere professionisti scrivendo quello che più ci piace?

Risposta: Così nascono i buoni se non ottimi racconti e romanzi.

Anche a me Proust non piace, mentre amo Kafka, ma il problema non è amare o non amare qualcuno, ma DIRLO pur rischiando il pubblico ludibrio. Quando anni fa dicevo a mezza voce che Ursula Le Guin NON mi piaceva per nulla, ricevevo sguardi di compatimento e sufficienza che mi facevano arrossire e tacere. Oggi lo ribadisco e se qualcuno mi guarda male gli do tutti i miei libri della Le Guin. In testa. Anche a me piacerebbe tornare agli ‘omini verdi’, per certi versi la mia narrativa ‘semplice e immediata’ ne è un approccio, ma più di tutto mi piacerebbe scappare da quella fantascienza tenebrosa e asfissiante che ti induce ad astruse elucubrazioni mentali e che devi leggere in momenti di grande ottimismo perché se poco poco sei giù leggendo certi romanzi il morale diventa suola di scarpe.

Possibile che i ‘critici’ non si rendano conto che il lettore vuole prima di tutto una letteratura (sia fantascienza che altro) godibile, ma non per questo meno ‘colta’?!

Quando Lippi mi ha comunicato che avevo vinto il Premio Urania ha aggiunto che ero stato in competizione con altri due buoni romanzi, ma che entrambi erano piuttosto cupi, per cui hanno deciso di scegliere il mio perché era più ‘semplice’, più esplicito. Forse qualcun altro se la sarebbe presa, ma per me è stato un complimento, perché io voglio essere semplice e chiaro, in uno godibile, nella mia narrativa. E i commenti dei lettori sul mio romanzo hanno dato ragione alla loro scelta.

Che poi sia ‘meticcia’ o meno non saprei cosa dire. Ho sempre rifuggito le etichette e non ho mai accettato l’idea che ogni scritto va in qualche modo inquadrato. Alcuni dei miei racconti troverebbe difficilmente una collocazione di genere. Un racconto è semplicemente un racconto, in qualunque mondo si svolga la vicenda o qualunque cosa si voglia dire l’essenziale è che lo si faccia in maniera felice ed efficace. Godibile. Forse (e dico forse) non ci daranno mai il Nobel per la letteratura, ma è importante che chiunque legga il nostro lavoro non richiuda il libro alla fine pensando di aver sprecato tempo. Cosa che ahimè di recente mi è successo molte volte e non per autori italiani.

Ma torniamo a te.

Mi hai mandato letteralmente in brodo di giuggiole per l’articolo sul porno e SF. Anche in questo caso sottoscrivo tutto.

Orsù scriviamo. Tempo fa ho scritto (apparso su Diesel) un racconto erotico, è nato molto più spinto ma allora pensavo di avere ‘desideri insani’ per cui l’ho limato e trasformato in un racconto ‘semplicemente’ erotico.

Ti lascio con un piccolo omaggio: goditi (senza doppi significati) il racconto che ti mando. L’ho scritto tempo fa e l’ho riesumato dopo aver letto il tuo pezzo. Ha ancora bisogno dell’editing, ma anche così è leggibilissimo.

Sono convinto che se si pubblica un e-book con racconti del genere andrebbe a ruba.

Ti abbraccio.

Donato.