Il Foglio di Fantafolio

C'è qualcosa di sublime in ogni film di fantascienza

Un articolo di William Gibson
Dal CD dell'Internazionale

Per chi non conoscesse l'Internazionale, beh, che dire? E' una rivista eccezionale, in edicola da sei anni, che raccoglie, tradotti, articoli provenienti dalle riviste e dai quotidian di tutto ilmondo. Gli articoli vengono scelti con i più disparati criteri, ad esempio spesso figura quello di sapere cosa dicono all'estero di questo o quell'episodio della vita sociale, politica e culturale italiana. Oppure trattano un tema specifico, la guerra la fame, ma sempre visto dal punto di vista locale: in altre parole cosa scrivo in sudan degli scontri etnici fra sudanesi? Tanto per fare un esempio. Riviste e quotidiani vengono presentati, come gli autori, da brevi schede che aiutano a collocare il tutto nella necessaria cornice di correttezza giornalistica e di rispetto della verità, se non altro di quella dichiarata. Io personalmente la acquisto regolarmente, e quando è uscito il CD dell'internazionale, un anno fa e passa, con la raccolta completa di TUTTI gli articoli dal 1995 al 1998 mi sono fiondato ad acquistarlo. Il CD cosa poco, al'epoca meno di 15.000 lire ora non saprei, è andato esaurito ed è stato ristampato. Potrete trovare informazioni sull'argomento al sito dell'internazionale: www.internazionale.it.

Fra gli articoli ne abbiamo selezionati (con le ottime funzioni di ricerca inserite all'interno stesso del CD) alcuni che avevano per tema la fantascienza.Ve ne forniremo ad ogni numero un estratto.Ecco il secondo.

Lo scrittore William Gibson spiega perché c'è qualcosa di sublime in ogni film di fantascienza e riflette su Mosca, Tokyo e il nostro futuro

A cosa serve la fantascienza

WILLIAM GIBSON,
SIGHT AND SOUND, GRAN BRETAGNA

William Gibson è uno dei massimi scrittori di fantascienza contemporanei. Ha tra l'altro inventato il termine "ciberspazio". Leslie Felperin, giornalista di Sight and Sound, ha raccolto le sue impressioni sulla letteratura e il cinema fantastico e sulle ragioni per le quali hanno ancora tanto successo. Il servizio è stato realizzato per un inserto speciale dedicato dal mensile di cinema britannico ai cento anni del cinema di fantascienza.

LONDRA, NOVEMBRE 1996

In fatto di film di fantascienza, La jetée di Chris Marker è il primo assoluto della lista. E' un piccolo film, costruito in modo sopraffino e di una purezza senza pari nel cinema di fantascienza. E' stupefacente il fatto che sia addirittura meno lungo di un programma televisivo. E' fatto quasi per intero di immagini fisse in bianco e nero, il che fa davvero molto minimalista; ma non è questo che me lo fa apprezzare. Quattro o cinque anni fa ho noleggiato la videocassetta per mostrarla ad alcuni amici che non l'avevano mai visto. Mia figlia, che a quel tempo aveva sette-otto anni, l'ha guardato insieme a noi e quando è finito è scoppiata, anzi esplosa, in lacrime. Non faceva che ripetere : "Perché erano così cattivi?". Il fatto che abbia lasciato un'impressione tanto profonda in una bambina è indicativo della sua eccezionale potenza.

Dopo La jetée, se vogliamo parlare di classici della fantascienza, Solaris e Stalker di Tarkovskij. Ho dei gusti molto da scuola d'arte. Mi piace molto anche Blade Runner, anche se avrei preferito che venisse un po' più come credo che lo volesse Ridley Scott. Ma ho una vera e propria passione anche per un sacco di film di fantascienza brutti, anzi sono convinto che in ciascuno vi sia almeno una scena fantastica. Io guardo abitualmente un sacco di filmacci al videoregistratore, e sono sempre in attesa di quel momento. Ce ne sono uno o due persino in Spacehunter, il primo film con Molly Ringwald, che è una vera porcheria. A un certo punto il protagonista, trovandosi dentro la capsula spaziale con il personaggio interpretato dalla Ringwald, fa una battuta dalla quale si capisce che lei ha un odore disgustoso. E' una scena fantastica, come se ne vedono di rado nei film di fantascienza. Probabilmente dovrei fare un album-video con tutte le mie scene preferite; ma naturalmente, fuori contesto non farebbero lo stesso effetto.

Futuro e presente

Secondo me la fantascienza non riguarda il futuro, ma il presente, anche se gli autori meno consapevoli di sé potranno credere di scrivere del futuro. Tuttavia nella fantascienza c'è anche un aspetto che si potrebbe definire come "storia invertita", cioè l'impulso storico capovolto e indirizzato verso il futuro. Nella fantascienza, i futuri più logici sono le storie future.

Il mio amico John Clute, che di mestiere fa il critico di fantascienza, va sostenendo da anni che la fantascienza diventerà una categoria storica della letteratura, e quindi che non dobbiamo dare per scontato che si continui a scrivere fantascienza. Noi non abbiamo più il concetto di futuro che avevamo un tempo. Nel futuro reale il mondo sarà esattamente com'è adesso; le cose nuove che esistono oggi saranno vecchie e ne avremo di nuove che ancora non abbiamo immaginato, ma fondamentalmente sarà tutta la stessa cosa. Clute intende dire che la fantascienza è stata semplicemente un aspetto del programma modernista. Per mancanza di un termine più adatto, diciamo che viviamo nell'era "postmoderna".

Ne ho parlato con un amico che si occupa di letteratura, e lui mi ha chiesto: "T.S. Eliot lo definiresti moderno?". Ho risposto di sì, e lui di rimando: "Secondo te, tu hai molto in comune con T.S. Eliot?". Ho risposto di no. Secondo lui il problema è semplice: è successo qualcosa e dobbiamo trovare la parola per definirlo. Uno dei termini possibili è appunto "postmoderno". Ora, questa definizione è problematica, perché finora abbiamo sempre dato per scontato che "moderno" fosse sinonimo di "contemporaneo". Ma se così non è, dobbiamo trovare una nuova parola e accettare il fatto che stiamo entrando in un'era diversa, per la quale occorre un altro nome. Forse potremmo chiamarla "modernità al quadrato".

Penso che Ballard abbia perfettamente ragione, come sempre. Non si può scrivere un romanzo naturalista ambientato nel 1996 senza ricorrere all'armamentario della fantascienza. Dell'ultimo romanzo di Martin Amis che ho letto, Territori londinesi, mi è piaciuto il fatto che in fondo si tratta appunto di un romanzo di fantascienza: da qualche parte è in corso una guerra, ma nessuno sa dove, perché c'è un black out: è successo qualcosa al clima. Amis introduce questi movimenti surreali nel necessario impulso naturalistico, perché tenta di riprodurre la stessa dissonanza cognitiva che noi avvertiamo ogni giorno e ci sforziamo di ignorare. E' così che si scrive un libro che sa di anni Novanta. Nei miei momenti più vanagloriosi penso che sia Ballard che io stesso siamo dei realisti, e che l'industria che sforna opere realistiche sia mossa dall'intento di rassicurare il lettore mostrandogli che il lavandino di cucina è sempre al suo posto e la vita continua. E invece, in un mondo dove l'Aids infuria e la fascia di ozono si esaurisce, dove la città più tipicamente capitalista del momento è Mosca, non è affatto vero che le cose vanno avanti come al solito.

A quanto pare, un sacco di scenari fantascientifici finiscono su una nota utopica; ma a mio avviso, utopie e distopie cominciano a fondersi insieme nel senso di quello che Fredric Jameson chiama "il sublime post-moderno" e che secondo lui è la vibrazione che contraddistingue la nostra era. Il sublime postmoderno di Jameson consiste nella "percezione simultanea dell'estasi e dell'orrore", e questa mi sembra una definizione abbastanza esatta anche del mio spazio. Ultimamente è uscito un nuovo libro del mio amico Bruce Sterling [coautore con Gibson di La macchina della realtà] che s'intitola Holy Fire. Si tratta di uno scenario utopico molto convincente, in cui l'Unione europea si è finalmente formata; solo che tutti i suoi responsabili hanno centoquarant'anni e sono assolutamente politically correct. Ora, la cosa fantastica del libro è che Sterling mette a nudo i pensieri intimi di persone che farebbero qualsiasi cosa per distruggere l'utopia, anche se non è poi tanto male. Ma tanto, ogni utopia-distopia è assolutamente relativa: in Bosnia ci sono persone che se potessero emigrerebbero di corsa nel mondo di Neuromante.

Un mondo con molti centri

Il centro del mondo si sposta: oggi è Londra, domani New York e così via. Per un po' è stato Tokyo, ma da quando la cosiddetta "economia della bolla" è scoppiata, la gente ha molti meno soldi e il Giappone è diventato più interessante proprio perché non è più il centro del mondo. Ora, un paese che ha appena perso la sua qualità di centro del mondo è il luogo ideale per un'azione drammatica. Basta pensare a quel che è accaduto a Londra! Ho un sospetto orrendo, e cioè che attualmente il centro si sia spostato a Mosca. Ultimamente, certi amici miei che sono appena tornati mi hanno detto che oggi come oggi Mosca è il posto più interessante del mondo... ed è orribile! La nuova economia è il più puro capitalismo fine anni Novanta, e la concorrenza è selvaggia perché mancano le regole.

Io sono un figlio degli anni Cinquanta. Per noi, la fantascienza non faceva parte della cultura: era la cultura. Era l'epoca in cui è uscita l'Oldsmobile modello Rocket '88, completamente ricoperta di navette spaziali e pianeti: pura semiotica fantascientifica. Tutti i programmi televisivi più seguiti da noi ragazzi erano di fantascienza: penso a Space Rangers e a Tom Corbett, Space Cadet. I miei giocattoli erano disintegratori atomici e pupazzi di Robby the Robot. Nell'era del dopoguerra, il futuro ci appariva chiarissimo, reale, e tutto americano: ci hanno promesso macchine volanti e frigoriferi atomici, che però non sono mai arrivati. Il futuro in cui viviamo oggi è qualcosa che non soltanto non avremmo mai potuto sognare negli anni Cinquanta, ma che sarebbe stato considerato, credo, con profondo e autentico orrore. Rispetto agli anni Cinquanta, Blade Runner e Neuromante li stiamo vivendo adesso.

Siamo fatti di memoria

Secondo me, quello che ci contraddistingue in quanto specie è la memoria: noi siamo fatti di memoria, siamo memoria. Tant'è vero che, quando perdiamo la memoria, come nel caso del morbo di Alzheimer, che cosa rimane? Eppure, i nostri ricordi sono notoriamente inaffidabili e perniciosi. Insomma, a differenza di tutte le altre specie, noi abbiamo inventato la storia.

Scrivere fantascienza è un modo per tenere a bada il presente, per resistere a tutte le cose del mondo che non mi piacciono e che, se non avessi la possibilità di giocarci in un futuro immaginario, mi farebbero ammattire.

Ho il sospetto che il piacere che i miei lettori provano a leggere i miei testi sia dato in gran parte da questo: ridono un po', si spaventano un po', e poi tornano a guardare la Cnn, che in realtà fa ancora più paura ed è di gran lunga più distopica di qualsiasi film di fantascienza".

(M.A.)

QUESTO ARTICOLO

- E' apparso sul supplemento speciale del mensile britannico Sight and Sound, Cloning the future, del novembre 1996.

- Fondato nel 1931, Sight and Sound è probabilmente il più antico giornale di cinema del mondo ancora attivo. E' edito dal British Film Institute, ma si è sempre segnalato per la sua assoluta indipendenza e uno stile libero e sfrontato. Non limita i suoi servizi all'attualità cinematografica, ma pubblica anche ricchissimi dossier e analisi storiche.

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