Il Foglio di Fantafolio

Elettrodomestici spaziali

Un viaggio nell'immaginario fantascientifico degli oggetti di uso quotidiano, e ritorno

di Leo Sorge

In un mondo sempre più globale, punti di vista originali ce ne sono sempre meno. Ecco perché quando se ne scopre uno lo si deve comunicare a quante più persone possibile. Poiché io mi occupo dei rapporti tra fantascienza e tecnologia, trovo assolutamente meraviglioso scoprire in libreria che esiste un giovane romano che si occupa con grande qualità e professionalità dei rapporti tra elettrodomestici ed immaginario fantascientifico.
Sto parlando di Fabrizio Carli, laureato in sociologia, e della sematica, una disciplina di incrocio tra semeiotica e automatica. Nonostante la giovane età (è nato nel 1969) ha già al suo attivo molte attività a livello nazionale. E' uscito allo scoperto già nel 1991, anno in cui fondò i Men In Red, portatori del messaggio di Ufologia Radicale sfociato in più eventi (dal Manuale di contatto autonomo con extraterrestri, Castelvecchi 1999, all'incursione al congresso Cun, Centro ufologico nazionale; del 1998), documentati sul sito http://www.kyuzz.org/mir.
La sua grande passione è lo studio degli elettrodomestici da tutti i punti di vista, per lo più di quello che non c'è stato, o che c'è stato e non ha avuto successo. Lui la chiama Sematica, e l'articola in quattro settori fondamentali: Elettropedia, Spaziopedia, Vibropedia e Robopedia (http://web.tiscali.it/spazioexpo).
Ecco la presentazione del sito specifico sull'elettropedia, che secondo me spiega al meglio anche il libro Elettrodomestici spaziali (Castelvecchi, 2000) e la mostra Elettropedia &endash; elettrodomestici non-identificati (Roma, Palazzo delle Esposizioni, 2000):

"Gli elettromeccanismi entrano in contatto con la specie antropomorfa terrestre. Spesso essi la coadiuvano. Molto più spesso essi la intralciano intraprendendo percorsi evolutivi autonomi, direzioni di sviluppo non previste. Questo spazio è dedicato a quest'ultima classe di oggetti e alle emozioni culturali da essi generati. Gli oggetti illustrati negli spazi che seguono sono il frutto di un entusiasmo tecnologico. Quelli che osserverete sono: oggetti consapevolmente impegnati nel dissimulare le proprie funzioni di segnale riconfigurandosi intorno ad estetiche di matrice extra-territoriale; oggetti scomparsi che, attraverso la messa in scena di un certo profilo tecnologico, prefigurano un futuro che in realtà non c'è mai stato".

Fabrizio è da sempre un appassionato di fantascienza. I suoi studi, tesi tra l'altro a dare una interpretazione delle influenze reciproche tra presente e futuro, ci sono sembrati assolutamente interessanti nella progettazione di Futuristico, la trasmissione della fantascienza italiana. L'abbiamo quindi interpellato sugli argomenti più vicini alla sociologia e alla comunicazione, ovviamente tra quelli affrontati da Futuristico.

(NL) La tecnologia impone il codice di comunicazione?

La questione delle tecnologie "caratterizzanti"  non è un fattore nuovo. Se intendiamo tecnologia nella sua accezione più estesa, ovvero come pratica di formalizzazione di comportamenti umani e animali, essa è da sempre caratterizzante, il che vuole dire che è ancora essa a porre i paletti dell'agire, del pensare e del comunicare. Se pensiamo al computer allora, non è esso a determinarci socialmente (come spesso si sente dire) quanto la possibilità/necessità di pensare in termini di soluzioni digitali. Il computer è solo una concretizzazione di tale determinazione. L'agire contemporaneo, almeno in Occidente, è profondamente caratterizzato da un agire in termini di soluzioni digitali. In questo senso la tecnologia determina e impone il codice di comunicazione. Tuttavia la fantascienza, perché è di questo che stiamo parlando, è la prova -a mio modo di vedere- del fatto che non esiste un unico codice di comunicazione: ne esistono molti, forse infiniti ma tutti determinati da uno specifico tecnologico. Si potrebbe dire quindi in riferimento alla comunicazione e ai suoi codici, che esistono infinite alternative immanenti.

(NL) Viviamo una società dell'amnesia?

Non credo che la contemporaneità possa essere definita società dell'amnesia. Diciamo piuttosto che la memoria si sta trasferendo su nuovi supporti e che quindi cambiano completamente le modalità di accesso ad essa. Non so se tutto ciò influisce sulla qualità della memoria stessa; sicuramente questo processo rende completamente diverso il suo utilizzo. E' un po' come la disposizione dei libri in una libreria personale: i libri più in alto e più inaccessibili hanno uno scopo differente nell'economia della cultura del proprietario. Le trasformazioni che la memoria sta subendo assomigliano al turn over di una libreria del genere.

(NL) L'immaginazione sta morendo?

La risposta alla domanda sulla presunta morte della immaginazione non può che essere una sintesi delle prime due risposte. Credo in primo luogo che l'immaginazione sia caratterizzata e a sua volta caratterizzante: un designer può immaginare un oggetto d'uso quotidiano con una forma che ricorda ad esempio un'arma fantascientifica e a sua volta la forma di questo oggetto d'uso quotidiano potrà influenzare gli oggetti presenti in un film di fantascienza. Credo inoltre che l'immaginazione caratterizzata dalle tecnologie quotidiane si muova su percorsi diversi da quelli che delineavano l'immaginazione caratterizzata da tecnologie di un secolo fa. Ricorre spesso la lamentala sulla contemporanea perdita di immaginazione e tutto ciò assomiglia molto alla crociata contro i videogiochi e a l'opinione  non dimostrata secondo cui la televisione fa male ai bambini. A questo proposito bisogna sempre tenere conto di un certo periodo di tempo necessario ai concetti per aggiornarsi rispetto ai mutamenti tecnologici e quindi sociali: le cose cambiano più velocemente del loro nome. Probabilmente quando saremo di fronte ad un nuovo paradigma tecnologico si inizierà a rimpiangere il livello d'immaginazione espresso nel secolo XXI proprio come oggi si fa per i giocattoli in legno. Insomma, l'immaginazione intesa come capacità è qualcosa di immanente alle strategie di sopravvivenza umana: essa non può terminare, pena l'estinzione. Cosa diversa è il concetto di immaginazione che non vive mai di vita propria ma sempre nelle stantie, e forse un po' reazionarie, opinioni del senso comune.