Il Foglio di Fantafolio

  Intervista al Vincitore del Premio Urania 2000/2001
Donato Altomare

di Massimo Mongai

Io non conosco Donato Altomare, o meglio, non lo conoscevo finché non ha vinto il Premio Urania di quest'anno. Ho cercato notizie tramite la Rete e ne ho trovate in abbondanza. C'è un ottimo articolo su di lui su un vecchio numero di Delos, http://www.delos.fantascienza.com/delos66/radici.html cliccate e troverte molte notizie che lo riguardano. Devo dire che mi ha fatto piacere sapere che quest'anno il premio Urania sia stato vinto da un autore medidionale, di Molfetta per l'esattezza. E questo per un semplicissimo motivo: il fandom è molto caratterizzato in senso "nordista" in Italia e questo non per "malizia tribale" ma per loro maggiore capacità organizzativa. Riunioni, convegni, riviste, fanzine, ma soprattutto attività organizzative concrete si svolgono come tutti sappiamo a nord della "linea gotica", ripeto non per malizia.

Io stesso, che sono a sud di quella linea gotica e sono sempre stato al di fuori del fandom e di quel fandom, ho vinto il premio Urania, io che come molti, lo ammetto, avevo pensato che la giuria del premio mondadoriano fosse fatta da amichetti che si premiavano fra di loro, nebbiosi padani. C'è ancora chi lo pensa. Non è vero e sono quattro anni che ne sto dando atto a tutti. E la vittoria di Donato è una ulteriore conferma. Ci siamo sentiti, abbiamo parlato ed ecco il risultato di quest'incontro fra telefono e e-mail.

D. Starai dicendo le stesse cose a tutti quelli che ti intervistano da qualche settimana ormai e quindi fare domande che non ti abbiano fatto sarà difficile. Allora baro: che domanda non ti è stata fatta finora da nessuno o a quale domanda avresti voluto rispondere?

Altomare: Ti dico subito che ho sempre avuto cura di non ripetermi e di calibrare le risposte in base a chi faceva l'intervista e a chi ne fossero i fruitori finali. Sino ad oggi nessuno mi ha chiesto come mai ho sempre scritto soltanto racconti. Resto convinto che il romanzo in genere, e quindi non specificatamente riferito alla fantascienza, ha vita breve, e per vita breve intendo un lasso di tempo di una generazione. Sono convinto che oggi (per la maggior parte) sono gli "adulti" che continuano a leggere , dai 30-35 anni in su, ma se andiamo al di sotto di questa età troviamo giovani e giovanissimi che leggono poco se non niente. Le ragioni sono sotto gli occhi di tutti. Ci sono troppe distrazioni. Un ragazzo oggi appena può esce con gli amici ma se deve restare in casa per qualche ragione non prende un libro, ma accende la televisione o si attacca ad un video gioco o ad internet. Per costringerlo a leggere qualcosa bisogna punirlo. E non è certo il caso di parlare di narrativa o saggistica scadente, anzi.

Quindi da sempre mi son chiesto: cosa succederà quando le nostre generazioni cederanno loro il passo? Di conseguenza pensato che un racconto sia più accettabile, più "leggibile" in termini temporali.

Oggi però c'è un amaro risvolto della medaglia. Ho scritto e pubblicati centinaia di racconti (dico di solito che neanch'io ho letto tutto quello che ho scritto) ho vinto molti premi (primi premi per intenderci) sia nel campo della fantascienza , due volte il premio Italia e il SOC (attuale Courmayeur) piazzandomi tra i primi tre in altri concorsi, sia nel campo della narrativa ortodossa, ma con racconti fantastici - , sono tradotto in una mezza dozzina di nazioni (Rep. Ceka, Serbia, Finlandia, Montenegro, ecc. ), ho tenuto decine di conferenze in tutt'Italia e sono stato ospite di convegni internazionali all'estero, eppure per il grande pubblico sono un illustre sconosciuto. Nonostante la dichiarata qualità dei miei racconti, i grossi editori non si sono mai dimostrati interessati ad essi. Perché? Perché erano "racconti". Lippi e Valla mi hanno aperto gli occhi spiegandomi che il racconto non ha mercato in Italia. I lettori sembrano completamente disinteressati alla narrativa breve e preferiscono i romanzi, e più sono corposi meglio è, e se sono trilogie o tetralogie o ennelogie ancora meglio.

Ora, se il lettore non vuole racconti, l'editore non dà racconti. Ma se l'editore non dà racconti, come può il lettore apprezzarli? Era l'ouroboros degli scrittori italiani. Una ventina di anni fa era impensabile che un autore italiano apparisse tra le pagine di Urania o tra quelle di Cosmo Argento, ecc. ecc. perché i lettori non leggevano autori italiani e gli editori non proponevano autori italiani. Ma se gli editori non proponevano autori italiani, come potevano i lettori leggere autori italiani? E' stato grazie all'instancabile lavori di gente come Lippi, Catani, Malaguti, e ancora Fanucci (padre) e Solfanelli (figlio) e Curtoni e Briatore e la schiera di fanzinari diventati poi chi più o chi meno gestori del "prodotto" fantascienza che il lettore ha cominciato a sentire il sapore della narrativa nostrana. Gustandola sino in fondo.

Sono certo che la stessa cosa succederebbe per il "racconto". Nonostante tutto continuerò a scriverne, come continuerò a tentare la strada del romanzo, sperando che qualcuno si renda conto che il futuro della narrativa sarà breve, in entrambi i sensi, e quindi si tenterà di porvi rimedio. Volumetti piccoli, agili, da infilare in tasca e portare con sé in treno o in ditta o in discoteca o tra un videogioco e un altro. E rivalutando anche molto la poesia moderna.

D. Mi sembra di capire che siamo díaccordo su alcuni punti, almeno di massima. Il "fandom" per me è un ghetto di narcisisti autoghettizzati. La pensi anche tu in questo modo? E' vero anche dalle tue parti? 

Altomare: Io sono un "animale" da fandom, quindi devo fare alcuni distinguo. Ci sono davvero molti narcisisti che si sono costruiti un ghetto intorno a sé e vi vogliono restare. Non dico nulla di nuovo se affermo che per molti è meglio essere re in uno stagno che duchi in un grande lago o semplici cittadini in un oceano. Quindi fanno di tutto perché lo stagno resti tale e giù lacrime di coccodrillo per la propria situazione senza però muovere un solo dito per modificarla, anzi! Sì, conosco questa gente, potrei fare nome e cognome, ma la cultura tende tangentalmente alla mediocrità rasentandola sempre di più ma elevandosi quel capello giusto per non dire di farne parte, quindi questa gente, appena un fiato sopra la mediocrità, che non riesce a ripercorrere la tangente al contrario per innalzarsi decisamente su di essa non ha alternative.

Vi sono però anche quelli che appartengono al fandom per genuina convinzione e quelli addirittura per scelta. Questi emergono col tempo e non temono il confronto con l'esterno, anzi, ne fanno una ragione di riqualificazione del fandom stesso.

Che poi sia vero anche dalle nostre parti è scontato. Qui giù c'è "soltanto" la difficoltà insuperabile di essere lontani dal "mondo culturale che conta" e l'atavica paura della "sindrome dell'emigrante".

D: Spostarsi da Roma per andare a un convegno a Courmayeur è un' impresa. Spostarsi da Molfetta è un atto eroico: 1000 chilometri e passa, eppure mi hai detto di averli fatti questi spostamenti. Passione quindi. Perchè? Perchè ti piace la fantascienza e/o il fantastico in generale? C'è una molla? Quale?

Altomare: Vegetti aveva realizzato una speciale tabella a punti riferita ai partecipanti ai convegni in base alla frequentazione e alla provenienza. Puoi capire che ero praticamente in cima. In effetti molti sbalordivano quando mi vedevano a Fanano, Montegrotto, Courmayeur, Milano. In confronto S. Marino era una passeggiata. Pensa che durante un convegno seppi di essere finalista, tra i primi cinque, al premio Italia ( poi giunsi terzo ) e attesi la proclamazione dei vincitori a tarda sera, poi mi rimisi in auto e passai la notte a guidare perché dovevo essere a Molfetta per forza la mattina seguente. Dieci ore di guida interamente di notte.

Mi chiedi perché lo facevo? Era una cosa meravigliosa incontrare amici che non conoscevo, ascoltare le loro idee e i loro programmi, passare ore intere davanti alle bancarelle con le varie pubblicazioni e, somma goduria, trovare qualcuno che ti diceva: "Ah, tu sei Altomare, quello del..." e citava il titolo di qualche mio racconto. E conoscere gli editori e gli autori più noti e prestigiosi. E passare un mucchio di tempo ad ascoltare le loro storie, di quando avevano iniziato, di cone erano riusciti a pubblicare da professionisti. Ed io me ne tornavo con la mente carica di idee e programmi, e mille e passa chilometri servivano soltanto a creare qualche altro racconto che, una volta tornato tra le mura amiche, mettevo in fretta e furia sulla carta. C'era fantascienza genuina in tutto ciò, c'era voglia vera di portarla fuori dal ghetto, c'era la voglia di iniziative che si moltiplicavano a dismisura. C'era.

D. Tu sei un ingegnere. Quindi studi scientifici, un pacco di matematica, calcolo ed altro. Del resto anche Francesco Grasso (due volte premio Urania) è ingegnere e Sergio Valzania qualche mese fa ha scritto che la vita negli ultimi vent'anni È cambiata radicalmente per oggetti che sono stati prodotti dalla "creatività degli ingegneri". Siete diventati più creativi? E' vero che non lo eravate? Sta succedendo qualcosa e nessuno mi ha informato?

Altomare: Forse noi ingegneri siamo quelli dalle grosse colpe; penso agli ingegneri che progettano i computer e le "diaboliche" macchine; dall'altro lato noi ingegneri ci rendiamo conto anche dell'evolversi spaventoso della situazione. E' assolutamente vero che in vent'anni i tecnici hanno realizzato oggetti che hanno effettivamente cambiato la vita, uno per tutti il PC. Quando ho iniziato la professione (fine anni 70 dopo laurea e militare) mio padre mi fece un regalo meraviglioso un computer di 64 Kb che costava intorno ai 6 milioni, se non ricordo male, l'Europlus Apple, compresa stampante ad aghi. E dalle nostre parti era uno di primi. Ora, pensando al futuro, mi vengono i brividi. Cosa combineranno gli ingegneri nei prossimi anni? Per fortuna io sono soltanto un ingegnere civile, costruisco palazzi e ristrutturo edifici e faccio relazioni come perito per i tribunali, ecc.ecc. Credo che però la situazione in generale sia esattamente all'opposto: piano piano la nostra creatività si sta perdendo dietro i passi da gigante della tecnologia.

Ho studiato all'università (e non tantissimi anni fa ) imparando ad usare il tecnigrafo e le punte a china, a fare i calcoli statici ripetendo infinite volte determinate operazioni e prendendo personalmente le misure dei terreni. Oggi chi fa così è un ingegnere preistorico. Fanno tutto le macchine. E' un bene? Un male? Qualche giorno fa è andata via la corrente elettrica e nello studio siamo stati un'ora buona a guardarci negli occhi senza saper cosa fare. E se domani qualcuno disporrà di ogni fonte di energia elargendola o sottraendola a proprio piacimento? E dichiarerà fuorilegge le fonti di energia alternative? Credo che i romanzi di SF siano pieni di tali ipotesi. E delle disastrose conseguenze.

D. Per telefono mi hai detto che non sei un appassionato di Internet. Ok., ma perchè?

Altomare: Ho abbozzato un racconto. Si apre con un computer che si accende al mattino non appena un individuo apre gli occhi e, tramite Internet 5, si connette con gli amici, il lavoro, la donna che ama. Lui vive la giornata lavorando, scherzando con gli amici, flirtando con la sua ragazza. E pranza e cena e fa uno spuntino sempre ordinando tutto ai servomeccanismi attraverso il computer. E alla sera il computer si spegne quando lui chiude gli occhi.Poi un giorno si accorge che c'è qualcosa che non va perché rivive esattamente la giornata precedente. Fa l'identico lavoro, gli amici scherzano con le identiche battute e la ragazza gli fa le stesse proposte osé. Allora fa uno sforzo enorme ed esce dalla sua thecno-room per accorgersi dopo varie vicissitudini che...
Il finale sarà come amo, "a sorpresa". E per nulla scontato.