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Una prerogativa
della fantascienza è quella di prestarsi benissimo come "contenitore"
per altri generi narrativi. Sarebbe a dire, che un'opera della così detta
science fiction può tranquillamente avere al suo interno ambientazioni
e atmosfere prese in prestito altrove. Situazioni di questo tipo ce ne sono
moltissime: segnatamente, tutta la serie cinematografica di Alien sfrutta la
suspense tipica dell'horror, oppure pensiamo alla mitica Barbarella con il suo
licenzioso, per l'epoca, erotismo.
Spingiamoci
un po' oltre, per dire che spesso la nostra amata sci-fi non è "pura",
bensì è simile a un collante che unisce tematiche differenti.
Così è avvenuto per la fortunatissima saga "lucasiana" Star Wars
(di cui parleremo anche in seguito). Si può forse dire che nel suo caso
non si tratti di fantascienza? Specialmente dopo l'uscita degli ultimi due episodi
(anche se dovrebbero essere considerati come i primi due). I quali hanno sancito
un forte ritorno di tutta l'ambientazione di Guerre Stellari, verso l'unica
branca forse pura della fantascienza: la Space Opera. Le pellicole di George
Lucas sono senz'altro un mélange intelligente di argomenti che esulano
da quelli che possiamo considerare prettamente fantascientifici. La saga di
Luke Skywalker & co. è intrisa di discorsi filosofici (grazie alla
figura degli ascetici cavalieri jedi) e religiosi. Difatti, il continuo parlare
che si fa in questi film del lato oscuro della Forza può essere visto
come una riflessione sul Male; il quale si contrappone alla legge divina (la
Forza stessa). Per giunta, le storie partorite dalla mente di Lucas mutuano
con estrema naturalezza scenari e atmosfere dal fantasy.
In poche parole, è lecito credere che la fantascienza si conceda a un "riciclaggio" di questo tipo? Ebbene sì! E gli riesce anche molto bene; come del resto si presta benissimo a far ridere.
Proprio
in due stupendi cortometraggi ritroviamo gran parte delle potenzialità
comiche della science fiction. Mi riferisco a due vere chicche, pubblicate in
un cofanetto contente una videocassetta e un libro, nella collana "Tascabili"
dalla storica casa editrice Einaudi. Per la precisione, il titolo dell'opera
è I corti: una selezione di alcuni tra i migliori cortometraggi della
storia del cinema; partendo da un'opera di François Truffaut (Les Mistons/
I monelli) del 1957, fino al 1999. Tuttavia, i titoli che ci interessano in
questo caso sono: Flying Saucer Rock'n'Roll (1998, 12 mins) e George Lucas in
Love (1999, 9 mins).
Il primo, Flying Saucer Rock'n'Roll, ricorda moltissimo il celebre film Mars Attacks! del geniale Tim Burton. Il regista nord irlandese Enda Hughes riprende dall'eccentrico autore americano, quella voglia di riproporre in chiave ridicola tutti gli stilemi dei B movie fantascientifici apparsi a cavallo tra gli anni '50 e '60. Inoltre, il titolo stesso del film è un omaggio al famoso rocker Billy Lee Riley. Il quale incise, nell'ormai lontano 1957, un brano proprio dal titolo Flying Saucer Rock'n'Roll.
La
storia vede dei ragazzotti irlandesi, stile anni cinquanta, alle prese con l'invasione
del loro villaggio a opera di una razza di alieni gommosi e con tanto di antenne;
insomma, i più tipici BEM (Bug Eyed Mosters)! Eroe della situazione è
un corpulento adolescente di nome Eddie-Johnny Manson. Lui è il "nerd"
del paese e nessuno lo prende in considerazione; nemmeno una biondina americana
che si è recentemente trasferita in Irlanda e per la quale il nostro
Eddie ha perso la testa. Ciò che rende questo corto divertente non è
soltanto la continua citazione di una fantascienza molto ingenua del passato,
cosa peraltro già fatta in modo magistrale dal già citato Tim
Burton, bensì la trasposizione di una situazione assolutamente tipica
dell'America anni cinquanta, in Irlanda del Nord. La fortuna vuole che la pellicola,
girata in bianco e nero, sia in lingua originale con sottotitoli. In questo
modo, lo spettatore ha la possibilità di ascoltare il frasario che andava
di moda negli Stati Uniti cinquant'anni fa, ma pronunciato con l'accento irlandese.
Credetemi, il risultato è esplosivo!
Il
secondo corto che ci interessa è il geniale George Lucas in Love. Per
prima cosa, è giusto dire che è formalmente pregevole, specialmente
se consideriamo che abbiamo a che fare con un semplice corto; sebbene ciò
che lo rende divertentissimo sia la trama. Questa narra di come Lucas creò
la prima trilogia di Star Wars, al tempo del college. Il tutto viene proposto
scimmiottando le romantiche atmosfere (perfino nelle musiche) del famoso film
Shakespeare in Love. Da qui possiamo facilmente intuire la pungente ironia che
caratterizza tutta l'opera, la quale ci pone maliziosamente il quesito: Lucas
come Shakespeare?
Scopriamo anche come in un primo tempo il regista americano, al posto delle gesta dei jedi, volesse raccontare la storia di un agricoltore spaziale e, in fondo, il giovane Skywalker lo è: lavorando come aiutante dello zio contadino, all'inizio dell'episodio IV. Ovviamente, sono tutte supposizioni, a mio avviso, anche un po' cattive. Ciò nonostante, quello che mi ha maggiormente incuriosito della storia sono stati proprio i continui e ironici riferimenti a Star Wars. L'autore del cortometraggio, Joe Nussbaum, ci fa malignamente intendere che George Lucas abbia tratto ispirazione per i suoi film non da intuizioni geniali. Tutt'altro, gli è bastato guardarsi intorno. Per esempio, il protagonista (George da giovane) si innamora di una ragazza che ha la stessa ridicola acconciatura della principessa Leia Organa nell'episodio IV. Ma non è finita qui: l'insegnate di cinema del giovane cineasta parla come il venerabile maestro Yoda: invertendo soggetti e verbi senza sosta. Perfino il terribile Darth Vader non è un'idea originale, dato che il vicino di camera di George è un ragazzone enigmatico e, decisamente, asmatico. Potrei fare decine di esempi di scene simili a quelle appena descritte. In effetti, tutto George Lucas in Love è una "citazione" molto irriverente di Guerre Stellari. Sfortunatamente, questo bel corto ha un grosso neo: non lo si può apprezzare, a meno che non si conoscano bene i primi tre episodi della saga spaziale a cui si "ispira". Cosa abbastanza scontata, visto che il talentuoso Nussbaum ha costruito questo suo brillante divertissement fantascientifico interamente sulla presa in giro della fin troppo mitizzata trilogia di Lucas.
Perciò,
fantascienza e umorismo? Certo, e non solamente. Possiamo aggiungerci anche:
horror, fantasy, erotismo, detection e chi più ne ha e più ne
metta. In altre parole, la sci-fi è capace di inglobare al suo interno
strutture e archetipi narrativi non suoi, restando sempre e comunque fantascienza;
e nella maggior parte dei casi dando vita a ottime produzioni artistiche. Come
è capitato per una pietra miliare del cinema fantascientifico, Il pianeta
proibito (di F. M. Wilcox, 1956). Questo film altro non è se non la trasposizione
fantascientifica de La tempesta di Willliam Shakespeare. Solo la sci-fi ha il
potere di muoversi con così tanta libertà all'interno del vasto
e complesso mondo dei generi narrativi. Sono fermamente convinto che la "buona"
science fiction racconti una vita possibile, anche se molto improbabile, nel
futuro. In ogni caso, sempre di vita si tratta. E quest'ultima, sia di natura
umana che aliena, comprende un'infinità di mirco-mondi, i quali interagiscono
all'interno di uno spazio più grande che li tiene insieme. Così
avviene per la fantascienza. Dunque, non stupiamoci di trovare storie con cowboy
nello spazio o pellicole hard core che ci mostrano allegre orge nella cabina
di comando di un caccia stellare. Tutto ciò resta sempre e comunque fantascienza
e, come abbiamo potuto constatare, essa può far anche sbellicare dalle
risate. George Lucas insegna!
Riccardo Rosati