![]() |
![]() |
QUATERMASS 3:di Riccardo Rosati |
![]() |
Londra è sotto assedio!
Con
la fine dell'anno si è soliti guardare al futuro, termine molto caro
alla fantascienza. Bene, io, al contrario, credo che sia il caso di fermarsi
un attimo e guardare indietro, per poter gustare tutti quei capolavori che la
sci-fi cinematografica ci ha regalato e che tanto ancora ci possono dare. Esplosioni,
morphing, e storie che scivolano via dalla nostra mente cinque minuti dopo la
fine dei titoli di coda, questo è quello che spesso il cinema fantascientifico
e fantastico di oggi ci offre. Perciò, si ritiene proprio che in prossimità
della fine di un anno che ci dovrebbe proiettare verso il futuro, beh, è
il caso di riscoprire una chicca di una fantascienza lontana nel tempo, ma mai
desueta. Ancora una volta è l'inglesissima Hammer a donarci un'altra
perla, grazie all'ennesima pellicola (la 3° e ultima, per la precisione)
dedicata al suo personaggio più riuscito: lo scorbutico dott. Bernard
Quatermass.
Dunque,
il mese scorso abbiamo analizzato i primi due film dedicati al celebre scienziato
britannico, ovvero L'astronave Atomica del dott. Quatermass e Quatermass e i
vampiri dello spazio. Il terzo episodio di questa indimenticabile trilogia dal
sapor britannico è L'astronave degli esseri perduti (tit. or. Quatermass
and the Pit, 1968). Prima di affrontare la storia è bene precisare una
cosa: ovvero, questo film si distacca di molto dai due che lo hanno preceduto
per tre motivi fondamentali. Primo, il regista non è più il mitico
Val Guest (e si sente), ma il britannico Roy Ward Baker. Secondo, il protagonista
(il dott. Quatermass) non è più interpretato dal granitico Brian
Donlevy (e si sente). Terza e ultima differenza, la pellicola in questione è
a colori (e si vede), non in bianco e nero come le altre due. L'opera di R.W.
Baker è sicuramente pregevole, ma l'assenza dell'accoppiata Guest-Donlevy
si fa sentire pesantemente.
In
ogni caso, parliamo della trama del film, che in definitiva è il suo
punto di forza. Durante lo scavo di una stazione della metropolitana a Hobb's
Lane, viene ritrovata un'astronave spaziale piena di insettoidi gelatinosi e
disgustosi. Questi sono tutti morti, ma il veicolo spaziale cela un terribile
segreto. Esso ha il potere di incanalare, materializzare e manipolare la psiche
degli esseri umani. Tale scoperta spingerà Quatermass (Andrew Kier) e
compagni a condurre della ricerche sull'astronave e sul suo "equipaggio". Lo
scorbutico scienziato verrà coadiuvato durante le ricerche dal paleoantropologo
dott. Roney (James Donald) e dall'assistente di costui, Barbara (Barbara Shelley).
I tre incontreranno non pochi ostacoli, specialmente negli apparati militari.
Difatti, una delle chicche di questa pellicola è il continuo battibecco
tra Quatermass e l'ottusissimo colonnello Breen (Julian Glover) che crede che
l'astronave sia un'arma nazista rimasta sepolta per tutti questi anni. Comunque,
verso la fine della storia, lui ci farà la "cortesia" di crepare, effettivamente
più per colpa sua che per colpa degli alieni. C'è da dire che
l'avversione verso le istituzioni militari è un tema ricorrente nelle
tre pellicole di Quatermass. In effetti, anche se il suddetto scienziato lavora
per il governo inglese, non riesce proprio a rispettarne le gerarchie e le regole.
Quatermass viene spesso visto come un eccentrico dai colleghi e con sospetto
dai militari e dalla polizia. Del resto, lui non ha mai provato a essergli simpatico,
anzi!
Ma
l'aspetto interessante de L'astronave degli esseri perduti si trova nella sua
storia e più precisamente nell'idea di base (il soggetto). Nigel Kneale,
l'autore, tira fuori un'idea niente male. Sarebbe a dire, che l'astronave ritrovata
altro non è che un velivolo superstite di una razza di esseri che si
sono auto-estinti. Però, anche se i loro tessuti cellulari sono ormai
morti, la loro volontà colonizzatrice è ancora viva e tenta di
sottomettere i poveri, ignari e ubriachi (dalle sei in poi) londinesi. C'è
una chiara somiglianza tra questo spunto di Kneale e la trama di quel film immenso
che è il Pianeta proibito (tit. or. The Forbidden Planet, 1956) di F.
McLeod Wilcox. Quest'ultimo narrava di come la razza chiamata "Krell" era riuscita
a materializzare la propria volontà, grazie all'aiuto di un mega-computer.
Sciaguratamente per loro, questa sofisticatissima macchina riusciva anche a
materializzarne le paure e i lati più oscuri e maligni della psiche.
Per farla breve, I Krell si sono ammazzati a vicenda, fino alla completa estinzione,
per colpa dei propri incubi. Comunque, trama a parte, la terza e ultima pellicola
dedicata allo scienziato britannico di difetti ne ha un po'.
L'opera
di Baker è sì molto gradevole, ma piena di buchi e non regge,
purtroppo, il confronto con i due film di Val Guest. È vero che l'assenza
di Brian Donlevy è un handicap niente male; ma il bravo Andrew Kier riesce
a caratterizzare il suo personaggio in modo nuovo. Ossia, gli dà quel
pizzico di simpatia che il Quatermass di Donlevy non aveva minimamente. Gli
effetti speciali, poi, sono da dimenticare. Del resto, si tratta di una produzione
dichiaratamente low-budget; il film è girato quasi esclusivamente nei
teatri di posa e le location sono sempre le stesse. La cosa che, però,
lascia un po' interdetti è il fatto che malgrado il film parta da uno
spunto ottimo, la sceneggiatura lascia molte cose in sospeso e le teorie scientifiche
sono spiegate solo superficialmente. Questa è una cosa grave per un film
di fantascienza, perché anche se la storia presenta le teorie più
improponibili e assurde; bisogna sempre e comunque cercare di convincere lo
spettatore dello loro verosimiglianza.
Al
contrario, è molto interessante la conclusione del film, la quale mostra
per l'ennesima volta la differenza tra la sci-fi europea e quella americana.
La pellicola si conclude con una Londra semi-distrutta e in fiamme, con uno
dei protagonisti morto (il dott. Roney) e con Quatermass e l'attraente miss
Barbara vincitori, ma annichiliti dal prezzo pagato per scongiurare la minaccia
aliena: la morte di Roney e la distruzione di parte della città. Provate
a far finire un film made in USA in questo modo e verrete linciati dal pubblico.
In America il trionfo finale dei buoni sui cattivi è d'obbligo e gli
eroi devono gioire per la vittoria e non mostrarsi rasseganti e stanchi.
Concludendo, si crede che L'astronave degli esseri perduti, benché qualitativamente inferiore ai primi due episodi, sia un buon film. Esso non annoia mai e le sue sbavature, essendo alla luce del sole, sono più che accettabili e mai fastidiose per lo spettatore. Personalmente, non mi sento di liquidarlo con il classico: "è un buon prodotto". Il regista è riuscito a creare un Quatermass diverso da quello di Val Guest e questo è più che apprezzabile. Per chi, poi, ha amato i primi due episodi; L'astronave degli esseri perduti rappresenta un soggetto stimolante per un'analisi su come il personaggio del dott. Bernard Quatermass è stato sviluppato dai due registi. Da una parte, quello cinico e aggressivo di Val Guest e, dall'altra, quello polemico, ma più umano di Roy Ward Baker. In definitiva, si tratta sempre e comunque di fantascienza "all'europea" e questo non può far altro che piacere.