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Paolo Mantegazza L'Anno 3000

CAPITOLO DODICESIMO.
La città di Dio in Andropoli. - Il tempio della Speranza. - La chiesa degli Evangelisti. - Tempio del Dio Ignoto.

Nell'anno 3000 già da varii secoli non esisteva alcuna religione di Stato, in Roma non vi era alcun papa e i templi buddisti e le moschee eran tutti crollati, non avendo più nè sacerdoti, nè credenti.
La parte più colta in ogni paese non professa alcun culto, ma la grande maggioranza degli uomini e quasi tutte le donne credono nell'immortalità dell'anima e in Dio.
Il bisogno dell'ideale, invece di scomparire dalla faccia della terra, è andato crescendo sempre più, affinandosi ed elevandosi ad ogni passo della civiltà, che rende meno penosa la lotta per l'esistenza, lasciando molto tempo per le soddisfazioni dei bisogni più alti.
Ognuno è libero di credere o di non credere in Dio o nella vita eterna, ma tutti coloro, che hanno una fede comune sentono il bisogno di stringersi insieme, di affiatarsi, di innalzare un tempio e di inventare un culto, che li riunisca sotto le volte di una stessa chiesa per pregare, per sperare, per adorare.
In Andropoli, a pochi chilometri dalla città capitale, tutta una valle ampia e verdeggiante di foreste è destinata alle religioni dominanti e perciò quella valle è detta la Città di Dio.
Il tempio più bello, più vasto e che conta il maggior numero di fedeli è quello della Speranza, innalzato dai credenti di tutto il mondo ad un Dio immaginario, cioè ad un simbolo, che chiude in sé tutte le paure della morte e tutte le aspirazioni ad un'altra vita eterna e migliore della nostra.
I nostri viaggiatori, visitando la Città di Dio, entrarono in questa chiesa, tanto più perché il culto della Speranza era la religione di Maria. Quanto a Paolo, non aveva mai sentito il bisogno di un culto qualunque, e quando la sua compagna voleva convertirlo alla sua fede, si schermiva sempre con uno scherzo o con un sorriso, che non diceva nulla.
Il Tempio della Speranza è immenso nelle proporzioni, magnifico di marmi, di ori e di bronzi e la sua architettura rammenta il gotico antico, ma è meno complicata e farraginosa.
Sul pronao del tempio sta scritta la stessa parola, che Paolo e Maria avevano letto nel grande cimitero di Andropoli: Sperate; e questa parola si vede riprodotta le cento e le mille volte, dipinta, incisa; scolpita da per tutto.
Nel centro della chiesa si innalza una statua d'oro massiccio, cogli occhi di diamanti e che rappresenta la Speranza. E una riproduzione molto più ricca e più gigantesca di quella già veduta dai nostri viaggiatori nella Città dei morti.
Sul piedestallo della statua si leggono queste parole, che sono la preghiera quotidiana di tutti i credenti nella religione della speranza:
O uomo superbo, come e perché oseresti negare la vita oltre la tomba?
O uomo ignorante, come oseresti affermare una seconda vita?
Sospeso sempre fra due abissi di ignoranza e di superbia, raccogli il tuo pensiero e il tuo sentimento
nella religione della speranza.
Credere ciò che credevano i tuoi antichi padri è stoltezza.
Negare Dio e la seconda vita è orgoglio.
L'uomo saggio non deve né credere, né negare. Egli deve sperare.
Intorno a quella statua sono distesi molti tappeti e i fedeli si vedono accasciati o in ginocchio. Chi prega colle mani giunte, chi sembra in atto di meditare e chi legge un libro di preghiere.
Si vedono pure altri deporre ai piedi della Dea corone di fiori, mentre altri in certi incensorii bruciano aromi delicati, che spandono per l'aria le loro nuvolette azzurre, che sembrano ravvolgere la statua come in una nuvola profumata.
I grandi finestroni del tempio sono tutti di vetro d'un azzurro cupo, per cui piove nella chiesa una luce fantastica e solenne.
In quell'ora poi la musica sotterranea di un organo gigantesco diffondeva per l'aria le sue note melanconiche. Tutto sembrava disposto in quel luogo per risvegliare nei fedeli, immagini di un avvenire infinito e misterioso e l'eloquenza ieratica di quell'ambiente era così potente, che anche Paolo sentì il bisogno di inginocchiarsi accanto a Maria, nascondendo il volto nelle mani congiunte e lasciandosi trasportare lontano lontano da un'emozione indefinita.
Maria pregava già da alcuni minuti e quando, alzando gli occhi, vide accanto a sé prostrato in atto di preghiera il suo Paolo, non potè a meno di sorridere e di dirgli:
- O incredulo, che fai? Preghi anche tu la nostra Dea?
- No, non prego, Maria mia adorata, ma penso, che tutta la scienza di questo mondo non potrà sopprimere mai il bisogno umano di guardare al di là della fossa, sperando o credendo.
Si alzarono, facendo un giro per la chiesa e fermandosi agli altari, che con diversa architettura sono innalzati tutto all'ingiro del tempio.
Sono, direi quasi, altrettante chiesuole rizzate a diverse forme dell'ideale, come gli altari minori, che si vedevano nelle antiche chiese cristiane intorno all'altar maggiore.
In ogni religione gli Dei maggiori ebbero sempre come i Re, uno Stato maggiore di Dei minori o di Santi, per far loro corona.
E anche nel Tempio della Speranza, intorno alla gran Dea si vedono gli altari minori, consagrati al Bello, al Buono, al Vero, al Sagrifizío, alla Salute, alla Forza, alla Grazia, alla Cortesia, e a quasi tutte le umani virtù.
E ogni altare ha i proprii devoti, che lo preferiscono ad ogni altro e gli portano fiori e profumi, le due forme più antiche d'ogni culto, dopo che fu soppresso quello del sangue e delle vittime cruente.
Il culto di questa nuova Dea della Speranza è semplicissimo, dacchè non ha altri sacerdoti che alcuni predicatori, i quali ogni giorno dall'alto di un pulpito posto nel tempio tengono orazioni di morale o di estetica; ma sopratutto di conforto dei dolori morali, che pur troppo anche nel secolo XXXI amareggiano l'esistenza degli uomini.
Si fanno varie prediche nelle diverse ore della giornata ed anche di sera, ed ogni mattina in un albo posto sulla porta dei tempio, si legge il programma delle prediche del giorno, coll'ora e il nome dell'oratore. Nel giorno, in cui Paolo e Maria visitarono la Città di Dio, il programma del giorno era questo:
Ore 9. Predicatore Angelo Feneloni. - L'ignoranza e la superbia di chi nega il mondo soprasensibile.
Ore 11. Predicatore Marco Marchi. - L'infelicità dei miscredenti.
Ore 13. Predicatore Roberto Fedi. - L'avvenire della religione della speranza.
Ore 15. Predicatore Anselmo Cristiani. - La carità nella religione.
Ore 17. Predicatore Roberto Speri. - Critica della religione fondata sul culto del dolore.
Ore 19. Predicatore Alessandro Cesari. - La lotta contro il dubbio e lo scetticismo.
Ore 21. Predicatore Dario Devi. - La poesia della fede e la poesia della speranza.
Ore 23. Predicatore Paolo Santi. - Dei mezzi migliori per convertire gli increduli alla religione della speranza.
Le spese del culto sono pagate con oblazioni spontanee dei fedeli e il Governo non vi contribuisce per nulla.
Ogni anno nel calendario di questi credenti sono segnate tre grandi feste.
La più solenne, quella del 1mo gennaio, nella quale si fanno voti perché l'Anno Nuovo sia felice.
Se ne solennizza una seconda il 1mo aprile, per festeggiare l'aurora della primavera.
E una terza, quella del 1mo ottobre, è dedicata alla commemorazione del fondatore della religione della Speranza e ai più grandi predicatori, che ne sono stati gli apostoli più eloquenti e più efficaci.
A queste feste, essendo ora questa religione quella che conta il maggior numero di credenti, prende parte una gran folla.
Il tempio è allora ornato tutto quanto di fiori e le musiche di cento e mille istrumenti fanno vibrar le volte del tempio delle più divine armonie, mentre nuvole di profumi spandono per l'aria odori deliziosi. Di giorno è la festa del profumo e dell'armonia, mentre di notte è la festa della luce, e milioni di fiammette policrome ornano il tempio e le case dei credenti.
Non molto lungi dal Tempio della Speranza, che non solo ad Andropoli, ma in tutte le grandi città del mondo riunisce il maggior numero di fedeli, si innalza la Chiesa cristiana.
Tremila anni di storia sono corsi dalla culla di Betlemme, che aveva trasformato il mondo, ma il Cristo ha ancora chiese e credenti. La religione cattolica è scomparsa da più di cinque secoli, distrutta dalla simonia e dall'ignoranza cocciuta degli ultimi papi, e tutte le altre chiese cristiane si sono fuse in una sola, che rassomiglia assai all'antica valdese.
Dalla religione del Cristo si sono levati i dogmi metafisici e molti riti ridicoli e se n'è fatto quasi soltanto una forma elevatissima di carità.
Il credere o non credere alla divinità di Gesù è lasciato alla fede di ciascheduno, ma gli Evangelici (che così si chiamano i seguaci della Chiesa cristiana), nascendo sono battezzati con un rito alquanto strano, e che consiste nel bagnare la fronte del neonato con una gocciola di sangue levato dal braccio del padre e con un'altra gocciola del sangue della madre.
Il sacerdote compie il rito nella chiesa e nell'atto di bagnare la fronte dice:
Tu, figlio dell'amore e del dolore, vivrai amando e soffrendo.
Il tuo dolore verrà sempre dopo quello degli altri e col tuo amore sanerai il dolore degli uomini, che son tutti fratelli tuoi.
In nome dell'amore, in nome del dolore, in nome del Cristo, che è morto per noi, io li battezzo e li chiamo ecc, ecc.
Questo è il battesimo degli Evangelisti nell'anno 3000.
Di sacramenti non hanno altro che la confermazione, il matrimonio e l'estrema unzione.
La confermazione non è che un secondo battesimo, che si dà dal sacerdote al primo apparire della pubertà.
Il neofito deve giurare dì consacrare la propria vita alla carità, di essere fedele marito e padre perfetto.
Il matrimonio non è che religioso ed è consacrato nella chiesa con un rito solenne e molto poetico, nel quale i fiori e la musica formano la parte migliore.
Il divorzio è concesso a tutti, ma circondato da garanzie gravissime che impediscono i capricci del vizio.
L'estrema unzione è rimasta come ricordo dell'analogo sacramento cattolico ed è come un saluto, che i superstiti danno all'uomo, che sta per lasciare questo mondo per entrare nella vita eterna, in cui credono tutti gli Evangelisti.
All'infuori di questi sacramenti, coi quali essi danno un marchio religioso agli atti più importanti della vita, non hanno altro che la preghiera e la predicazione.
E si riuniscono nella chiesa la domenica e in altri giorni solenni per ascoltare la parola del sacerdote (che è sempre ammogliato, anzi che deve esserlo sempre) o per pregare.
Pregano soli o tutti riuniti, cantando in coro accompagnati dalla musica dell'organo.
La religione evangelica domina sopratutto nel nord dell'Europa, dove si può dire dominante; ma ha anche altri centri minori nell'America settentrionale, nel Tibet e nella Siberia.
Ad Andropoli essa non ha che un solo tempio nella Città di Dio, ma è forse il più grande e il più bello del mondo.
Paolo e Maria lo visitarono e furono stupiti di veder quasi fedelmente riprodotta l'antica cattedrale di Firenze, Santa Maria dei Fiore, che piú non esiste; ma di cui hanno veduto il disegno in molte opere di storia e di architettura.
E' una chiesa severa, malinconica, senza quadri e senza statue, che ispira rispetto e invita al silenzio e alla meditazione.
Camminando in quel tempio si sentiva il bisogno di rallentare il passo e di renderlo quasi muto, sembrando ogni rumore una profanazione. Sembrava a tutti, che in quel silenzio non avesse diritto di farsi sentire che la voce del sacerdote dall'alto di un pulpito e il suono dell'organo dai sotterranei del tempio.
Nella Chiesa Evangelica non si vedono ai due capi che due altari che si guardano in faccia.
In uno di essi si innalza un Cristo crocifisso di bronzo, gigantesco, solenne; fattura di uno dei più grandi artisti italiani, che era vissuto nel secolo XXV e che fu chiamato il Nuovo Michelangelo. Intorno a quel bronzo mille e mille fiammelle stanno accese di giorno e di notte.
E' l'altare del dolore e del sacrifizio.
Di faccia il secondo altare è consagrato alla Vergine Maria ed essa è raffigurata in una statua gigantesca di marmo bianco, in atto di aprire le braccia a tutto il mondo; opera di un celebre scultore inglese, vissuto anch'esso nel secolo XXV e che ebbe il battesìmo glorioso di Secondo Donatello.
E' l'altare dell'amore e della carità.
I nostri viaggiatori si fermarono per alcuni momenti dinanzi a quei due altari, osservando che dinanzi al secondo eran prostrate molte donne, mentre dinanzi al primo i fedeli inginocchiati erano quasi tutti uomini.
-Vedi, Maria adorata, se io sentissi il bisogno per me di una religione, io mi farei evangelico perché in questa Chiesa, dinanzi a questi due altari, che mi sembrano rizzati sulle più alte vette dell'idealità umana, io mi sento portato in alto, in alto; là dove la ragione tace, i bassi istinti scompaiono e l'uomo tutto si sente rapito al disopra della vita quotidiana per respirare un'aria più pura e bearsi una luce fantastica, che non è di questo mondo. Dinanzi al Cristo crocifisso, che dà la sua vita per redìmere il mondo dal gran peccato di Adamo; dinanzi al all'uomo, che proclama la grandezza degli umili vedo l'aspirazione più alta, a cui noi possiamo innalzarci, quella di sacrificare l'individuo al bene di tutti.
E là, dinanzi a quella Donna-Dea, che apre le braccia per stringere al cuore tutta quanta l'umanità, vedo santificata la carità nella sua forma più tenera e più calda; nell'amore materno e divino, che fa di tutti gli uomini altrettanti figli.
In questi due altari innalzati in questo tempio dagli Evangelisti io vedo i due poli, entro i quali si muove tutta la umana famiglia, l'Amore e il Dolore; vedo le sorgenti, dalle quali sorsero e sorgeranno tutte quante le religioni, che non sieno feticismi o idolatrie, ma aspirazioni verso l'alto, verso l'infinito; verso qualche cosa, che sia meno caduco, meno fragile della povera nostra vita terrena.
Paolo e Maria lasciarono commossi la Chiesa Evangelica, dirigendosi a un terzo tempio, tutto circondato da una foresta così densa di alberi secolari, che appena lasciano intravedere il vasto edifizio, che pare nascondersi fra tutto quel verde.
E' la Chiesa dei Deisti.
Avevano copiato l'antico Panteon di Roma e sulla porta dei tempio si legge: Al Dio Ignoto.
Nude le pareti interne: nè quadri, nè statue, nè pulpiti, nè altari. Solo nel mezzo di quell'edificio circolare, si innalza un gran cippo di bronzo, in cui è accesa sempre di giorno e di notte una fiamma azzurra.
Qua e là si vedono alcuni rari adoratori, in piedi, che guardano la fiamma, che senza far rumore spande all'intorno la sua luce livida e triste. Nessuna donna in quella Chiesa di Deisti.
Maria aveva aggrottate le sopracciglia e atteggiato il volto a una emozione dolorosa:
- Paolo mio, mi pare di sentire in questo tempio un gran freddo.
- Lo sento anch'io, Maria. Io intendo benissimo gli adoratori della Speranza, capisco la religione evangelica, ma non ho mai inteso che cosa vogliano i Deisti colla loro religione.
Il Dio Ignoto fu di tutti i tempi e di tutti i pensatori, che non erano anche superbi. L'uomo sa così poco del mondo che lo circonda e delle forze che lo muovono: nasce, vive e muore fra due abissi impenetrabili di ignoranza, il piccolissimo e il grandissimo; ed è costretto a mettere in fondo ad ogni sua domanda, ad ogni sua curiosità un gran punto d'interrogazione.
Tutto questo è logico, è naturale, è inevitabile, ma siamo sempre nei campi dei pensiero; ma come si fa ad adorare un forse, un punto d'interrogazione? Il Dio ignoto è una pura e semplice confessione d'ignoranza, ma non può dar materia di culto, nè dì religione.
La religione è fatta di sentimento e non di pensiero e non so intenderla senza un'altare, senza un sacerdote, senza un culto. E qui non vedo che nude pareti e respiro un'aria gelata, senza tempo tinta., come disse già molti secoli or sono un grande poeta. Nulla parla al mio cuore, nulla mi dice quella fiamma azzurra e livida, che eternamente è accesa su quel cippo di bronzo.
No e poi no! Io potrei convertirmi un giorno alla tua religione, a quella della Speranza; se fossi molto infelice potrei diventare un evangelista, ma deista non lo sarò mai.
- E neppur io, - soggiunse Maria, accompagnando le sue parole con un brivido, che le corse per tutto il corpo, come se provasse un gran freddo.
E i nostri viaggiatori escirono dal tempio del Dio ignoto, ritornando a casa.

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