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Paolo Mantegazza L'Anno 3000

CAPITOLO UNDECIMO.
Il museo di Andropoli. - La Galleria e i peripatetici. - La sezione delle scienze naturali. -Gli uomini possibili. - L'analisi e la sintesi messe vicine. - Parte dei Museo riservata al lavoro,umano. - I circoli concentrici e i raggi centrifughi. - La macchia sulla carta topografica della storia dell'arte.

Paolo e Maria vollero vedere anche il Museo d'Andropoli, che è alquanto discosto dalla capitale, e si vede da lontano; posto com'è sopra l'altipiano d'una vasta collina.
E' un immenso edifizio circolare e intorno ad esso gira un portico a colonne, dove nei giorni di pioggia passeggiano spesso e volontieri i cittadini di Andropoli.
Quella passeggiata è la prediletta degli uomini di studio, che sono sicuri di trovarvi sempre qualche letterato o qualche scienziato, che vi passa qualche ora, riposandosi delle fatiche del pensiero e godendo nello stesso tempo lo splendido panorama della città posta in basso; e dei giardini sparsi qua e là, fra quartieri e quartieri dell'immensa metropoli planetaria.
E' quello un luogo poco frequentato dalle signore galanti e dai ricchi oziosi e non vi si odon che dispute scientifiche e letterarie: tanto che in Andropoli, con un'ironia che pare un elogio, si - dice di un uomo saccente o di un saputello: tu sei un peripatetico o un uomo della galleria del Museo.
La satira però non attacca quella galleria, dove gli uomini più colti della città si istruiscono a vicenda, disputando e conversando in amichevoli parlari.
E la galleria è anche bella, ornata di piante peregrine sempre in fiore, che fanno risaltar meglio le candide statue, che si innalzano, fra esse e che sono erette ai più grandi uomini di ogni tempo e che si sono resi illustri nelle scienze, nelle lettere e nelle arti.
Quella mirabile corsìa ha fatto nascere l'idea di fondare un giornale ebdomadario, La Galleria del Museo, che pubblica, sotto forma di conversazioni, le controversie letterarie e scientifiche del giorno e che si fanno veramente in quel luogo o si immaginano avvenute.
Chi ha poco tempo o poco denaro per leggere molti giornali, anche colla sola lettura della Galleria del Museo, può dire di seguire il movimento del pensiero in tutto il mondo, tenendosi al corrente dì tutte le nuove scoperte, di tutte le nuove invenzioni.
Dalla galleria si entra per varie porte nel vero Museo che riunisce in un solo centro tutti i prodotti della natura e dell'uomo.
Il Museo di storia naturale è circolare anch'esso e gira intorno all'interno della galleria, e chi faceva tutto il giro poteva ben dire di aver fatto un viaggio intorno al mondo.
Infatti, partendo da un capo si incomincia a percorrere il mondo dei minerali e delle roccie, tutti quanti rappresentati da grossi e splendidi esemplari, che portano il nome del minerale e la sua provenienza.
In quel Museo l'analisi si alterna sempre colla sintesi; per cui nel dipartimento consacrato ai minerali, dopo averli veduti raccolti insieme secondo la loro natura, si vedono poi riuniti invece secondo il paese che li ha prodotti.
Così ad esempio, dove è rappresentata l'Italia minerale e geologica, vedete un campione di tutti i suoi minerali e poi spaccati bellissimi delle Alpi, dell'Appennino e delle roccie stratificate delle catene minori.
Dai minerali si passa al Regno delle piante e anche qui analisi e sintesi si danno la mano.
I funghi, le alghe, i licheni, gli organismi. più semplici del mondo vegetale aprono la schiera e gli esseri microscopici sono riprodotti in grandi proporzioni, onde a primo colpo d'occhio se ne possa vedere la struttura.
Questo per il volgo della gente colta; chè per gli studiosi di botanica, ogni creaturina è conservata in liquido antisettico, per poterla studiar col microscopio.
Le erbe, le piante, gli alberi più colossali sono riprodotti al vero coi loro fiori, coi loro frutti e queste copie formate di materie molto diverse e incorruttibili danno la perfetta illusione del vero. In apposito scaffale poi sì conservano le piante vere, diseccate o secondo i casi conservate in liquidi antisettici per poter servire alle ricerche degli studiosi.
Ogni pianta è esposta nella storia della sua evoluzione. Si vede cioè la pianta fossile, che era o si supponeva l'avo lontano delle specie viventi e poi una accanto all'altra le forme, che hanno con esse vincolo di parentela e di discendenza; come chi vedesse l'albero genealogìco di una famiglia umana. Già da molti secoli la paleontologia non è più una scienza a sé e disgiunta dalle sue sorelle e figliuole.
Il botanico, che studia una famiglia di piante, deve necessariamente conoscere la sua progenitura e così le specie fossili, da cui esse derivano. E ciò fa il zoologo per gli animali, e in tutti i musei accanto agli animali tuttora viventi si vedono sempre i loro antenati fossili, e così con un solo sguardo si può ammirare la meravigliosa evoluzione delle forme attraverso una continuità non mai interrotta di progresso.
Paolo e Maria, percorrendo la Sezione del Museo dedicato alle piante, si fermarono a lungo dinanzi ai quadri sintetici, riproducenti la flora di una data regione.
In quei quadri le piante non sono più distribuite secondo la loro parentela morfologica, ma bensì secondo la loro patria. Cercarono subito dell'Italia e la videro rappresentata mirabilmente da una flora alpina, da una flora marittima, e da altre flore minori; quali la palustre, l'insulare e parecchie altre.
Dove è rappresentata la flora alpina, non già in pittura, ma colle piante vere mirabilmente imbalsamate, tu vedi un alberetto d'abeto messo più in su di un faggio, che alla sua volta vede ai suoi piedi un castagno.
E l'abeto ha i suoi licheni, le sue borracine e intorno a sé le felci, i funghi, le sassifraghe e tutta la minuta e mirabile microflora delle più alte regioni.
I nostri viaggiatori si fermarono lungamente davanti ad uno dei quadri rappresentante la feconda e magica flora di una foresta tropicale e dove i rami degli alberi maggiori si intralciano colle liane, colle felci arboree; portando sulle loro spalle le più vaghe orchidee, e le altre cento piante parassite, che sovrappongono la vita alla vita, i colori ai colori, formando mazzi, che nessun giardiniere riuscirà mai a riprodurre nelle sue aiuole e nelle sue serre.
Da per tutto, dove in quel museo è riprodotta al vero la flora d'una data regione, è posta in uno stereoscopio la fotografia di scene prese dal vero e che riproducono il prato, la foresta, la palude; per cui fra la rappresentazione plastica e la riproduzione pittorica ognuno può con tutta evidenza ammirare la vita vegetale di un dato paese.
Anche le scene vegetali dell'antico mondo geologico sono riprodotte nel Museo, sia, colla plastica, sia con disegni e il visitatore, così come prima poteva fare un facile viaggio nello spazio, qui lo fa nel tempo; condensando in pochi istanti le emozioni del viaggiatore e delle storico.
Dalle piante si passa nel Regno degli animali e anche qui essi sono prima distribuiti per famiglie, generi e specie e varietà, e poi raggruppati insieme nella fauna di tutte le regioni del globo.
Ogni animale ha accanto a sé i suoi antenati geologici. Non tutti però, dacchè la palentologia antica non ha saputo trovare ancora gli avi preistorici dì ogni specie, nè la corteccia dei nostro pianeta è stata tutta dissodata e messa a nudo.
Ogni animale, oltre la sua storia attraverso i secoli, ha rappresentata anche l'evoluzìone attraverso i periodi della propria vita.
E così tu vedi per esempio l'uovo dell'aquila e il suo nido e poi l'aquilotto neonato, il giovane, l'adulto e il decrepito. E ogni specie presenta le sue varietà dovute al sesso, al clima e anche le sue forme patologiche.
Un'altra cosa si vede e che negli antichi Musei dei secolo XIX non si era neppur sognato dì fare.
Ogni animale ha cioè accanto a sé i propri parassiti, che sono riprodotti colla plastica con un forte ingrandimento. E così tu accanto al gallo vedi i suoi acari, i suoi vermi intestinali e tutti i microbi, che vivon sulla sua pelle e nei suoi visceri.
Anche per gli animali ogni regione del nostro pianeta ha rappresentata la propria fauna, dalle forme più alte alle più basse. E dove ti si presenta la ricca fauna dell'India tu vedi strisciare ai piedi del tigre, o della pantera e del cuon, il velenosissimo Cobra; mentre i piccoli pappagalli e gli avvoltoi sospesi ad arco rappresentano con altri infiniti uccelli la fauna ornitologica di quella terra feconda.
Gli animali come le piante si seguono secondo la loro gerarchia morfologica, per cui dai vermi, dai molluschi tu passi agli insetti, dagli invertebrati passi ai vertebrati secondo la loro scala ascendente, finché tu trovi dinanzi ai tuoi occhi il re planetario; l'uomo in tutte le sue forme preistoriche, protostoriche e moderne, trovandoti in un vero Museo d'antropologia.
Nell'anno 3000 si è già scoperto da parecchi secoli l'uomo terziario e l'antropomorfo, che per neogenesi lo aveva generato.
E subito dopo di lui ti vedi davanti agli occhi l'Adamo selvaggio e irsuto dell'epoca quaternaria, l'uomo delle caverne, l'uomo neolitico e infine tutta la lunga schiera di razze più moderne e che sono però già scomparse dalla superficie della terra; quali gli Australiani, i Maori, gli Ottentotti, i Boschimani, molti Negri, i Guarani e tante e tante altre razze, di cui per alcune però rimangon le traccie nei contemporanei del secolo XXXI.
Così nell'Africa non c'è più un solo negro puro, ma molte razze di mulatti ricordano l'antica origine. E in Malesia non più Malesi puri, ma parecchie razze malesoidi, nelle quali è entrata una ricca onda di sangue ariano. Anche la China non ha più dei veri e propri Mongoli, ma una razza nuova ibrida di Ariani, di Semiti, di Malesi e di Mongoli.
Le rapide e facili comunicazioni fra paese e paese e le profonde modificazioni dei climi avvenute per opera dell'uomo tendono ad ogni generazione a fondere indefinitamente le razze, creando un nuovo tipo, indefinitamente cosmopolita, frutto dell'incrociamento intimo e profondo di tante e tante razze, che per lunghi secoli eran rimaste isolate e disgiunte, facendosi paura reciproca e continua e distruggendosi a vicenda coi ferro, coi fuoco e più ancora col trasporto di terribili malattie infettive, che poi colla cresciuta civiltà sono quasi del tutto scomparse dalla superficie della terra.
Di molte razze preistoriche il Museo non conserva che pochi cranii e poche ossa, ma coll'induzione scientifica si sono indovinate le forme esteriori, mirabilmente riprodotte colla plastica in modo da far apparire come viventi uomini spenti da centinaia di secoli.
Quanto agli Australiani, agli Ottentotti e a tante altre razze moderne, ma pur scomparse, sono rappresentate da individui giovani, adulti e di ambo i sessi stupendamente imbalsamati. E accanto a questi e a quelli tu vedi le loro armi di pietra, le loro rozze stoviglie; tutti i poveri prodotti del loro cervello infantile.
La parte più curiosa però della sezione antropologica del grande museo zoologico di Andropoli è quella destinata a rappresentare gli uomini possibili dei pianeti.
Nell'anno 3000 fisici e astronomi sono tutti intenti a perfezionare il telescopio e si spera da un giorno all'altro di poter vedere gli abitanti di Venere, di Marte, di Mercurio e degli altri pianeti più vicini alla terra.
Ma già da alcuni secoli gli istrumenti astronomici si erano talmente perfezionati da far scorgere i mari, i monti, i fiumi e le foreste di quei mondi lontani, e su questi dati alcuni naturalisti, più ricchi di fantasia che di scienza, avevano immaginato quali potessero essere gli abitanti planetarii e li avevano fabbricati colla matita e colla plastica.
Queste ardite rappresentazioni si vedono tutte nel Museo col nome del naturalista, che le aveva sognate, e sono davvero curiose ed interessantissime.
Maria davanti a quegli esseri immaginarii era tutt'occhi, mentre Paolo, che anch'egli li vedeva per la prima volta, sorrideva e a quando a quando non poteva a meno di dare in uno scoppio di risa.
-O Maria mia, come son buffi questi angeli planetarii, come sono grotteschi, sopratutto come sono impossibili! Mi par che i naturalisti, che li hanno scoperti, dovevano conoscere ben poco l'anatomia comparata e ancor meno la biologia. Noi non possiamo immaginare che forme antropomorfe e cosi come gli antichi fondatori di teogonie non hanno saputo fabbricare i loro Dei che rivestendoli colla pelle umana, così questi bizzarri creatori di superuomini non hanno potuto uscire dal mondo umano e dal mondo animale.
-Guarda qui, questo abitante di Venere quanto è buffo! Gli hanno appiccicato due ali e questo è il sogno più antico, che ha creato gli angeli delle teogonie cristiane, delle maomettane e di tante altre religioni. L'uomo ha sempre desiderato di poter volare e attaccandosi due grandi ali di oca, di cigno o di aquila, ha fabbricato i suoi angeli. Ma questo abitante di Venere ha per di più anche un terzo occhio all'occipite, per poter vedere all'indietro, senza bisogno di voltarsi. L'unica cosa veramente geniale e che vedo qui rappresentata in questo superuomo è la separazione netta degli organi urinarii da quelli destinati alla riproduzione; fusione, che ha sempre fatto arrossire gli uomini di tutti i tempi e che parve a tutti un grande errore della natura, destinato a scomparire nel progresso morfologico degli animali superiori.
Maria arrossì senza rispondere e si mosse subito per guardare gli abitanti di Marte, di Mercurio e di Giove.
La più scapigliata fantasia aveva creato esseri mostruosi, strani, impossibili, che solo la penna dell'antico Doré avrebbe potuto rappresentare.
In tutti quei mostri però non si poteva trovare un solo organo, che già non esistesse nell'uomo o in altri animali, per cui la nuova creatura planetaria non era che un mosaico di membra diverse prese ora agli uccelli, ora ai pesci, o agli insetti o ai molluschi.
Tu vedi un superuomo coperto di penne Policrome, e che poteva quindi risparmiare il vestito.
Ne vedi un altro munito di un apparecchio elettrico, che può sprigionare correnti così formidabili da uccidere qualunque verme o animale egli volesse offendere.
In altri superuomini planetarii sono collocati or qua or là organi speciali per la sensibilità elettrica e la magnetica; ma se il fantasioso naturalista aveva saputo indovinare la funzione, non aveva però potuto crear l'organo e al suo posto si leggeva null'altro che organo dell'elettricità o organo magnetico.
Lasciando il Museo dei mostri planetarii creati dalla bizzarra fantasia di alcuni naturalisti dell'anno 3000, Paolo, ridendo per l'ultima volta, e più forte ebbe a dire:
- Oh quanti palmi di naso metteranno fuori questi sognatori, quando il telescopio ci avrà mostrati i veri abitatori degli altri pianeti!
E si diressero alla parte centrale del Museo, destinata non più ai prodotti della natura, ma a quelli dell'uomo.
Si leggono infatti sulle molte porte che danno adito a quella regione dappertutto le stesse parole: il lavoro umano.
La disposizione di questo dipartimento è davvero molto ingegnosa ed e fatta in modo da poter studiare ora una sola industria o forma di lavoro attraverso i tempi e i luoghi; ora invece tutta quanta l'industria di un solo popolo.
Chi percorre le sale, che si aprono l'una nell'altra circolarmente, studia una sola industria; chi invece le percorre dalla periferia al centro può ammirare tutte quante le forme di lavoro d'uno stesso popolo.
La passeggiata circolare è lo studio di una sola industria attraverso il tempo quella centrifuga è invece l'esame psichico di tutto un popolo.
In quella prima visita al Museo d'Andropoli i nostri viaggiatori non fecero che una rapida corsa, per averne un'idea generale, per ammirare i contorni, il profilo, direi, di quel gigantesco tesoro, che riunisce il frutto di tutti i travagli umani attraverso il tempo e lo spazio; e vi assicuro che quando se ne ritornarono a casa, erano stanchi non solo nelle gambe, ma più ancora nell'attenzíone sostenuta troppo a lungo e nel travaglio di tante sorprese e di tante emozioni.
In quel primo giorno, dopo un giro fatto attraverso tutte le industrie, fra i tanti raggi, che spiccano da quel circolo sintetico del lavoro umano, non entrarono che nella corsia destinata all'Italia e dove non ebbero luogo di arrossire, perché anche nell'anno 3000 questa terra, distesa mollemente fra due mari azzurri, quasi posta fra l'Occidente e l'Oriente, ha sempre conservato il primo posto nelle arti del bello e erede della grande civiltà greca ha avuto molte fioriture che si sono succedute le une alle altre come tante primavere.
E siccome nella prima sala, che apre la porta a tutte le cento successive, si vede rappresentato mirabilmente sopra una grande carta murale la linea, ora ascendente ora discendente delle principali forme del lavoro umano, Maria si fermò sopra una macchia nera, che sta disegnata sull'ultimo periodo del secolo XIX.
- E che cos'è, Paolo mio, quella macchia?
- E' una vergogna dell'antica arte italiana, ma che fortunatamente durò pochissimo. Sulla fine del secolo XIX vi fu un periodo di grande decadenza, specialmente nell'architettura e nella pittura. E allora gli artisti mediocri, che avevano troppa superbia per copiare l'antico, non sapendo creare nessuna nuova forma di bello, caddero nel grottesco e immemori di essere i figli di Raffaello, di Michelangelo, del Brunellesco, del Correggio e di tutta quanta una pleiade di ingegni divini fecero del brutto e dello strano un nuovo Dio, o per dir meglio un nuovo mostro dell'estetica, fondando la scuola degli impressionisti, del pointillè, dei decadenti, e tante altre mostruosità, che ora ci fanno ridere.
E figurati che in quel periodo. morboso dell'arte, anche i letterati si ammalarono dello stesso male e scrissero in un gergo così barocco, così goffo e mostruoso, da far perdere ogni senso di estetica al popolo più estetico, che dopo il greco, ha abitato il nostro pianeta. Fu una vera epidemia di prerafaellismo, di superumano, che travolse anche ingegni altissimi e potenti, come fu quello d'un abruzzese, certo Gabriele d'Annunzio, che se fosse vissuto in altri tempi, avrebbe potuto e saputo essere uno dei più grandi maestri dell'arte.
E invece non fu che un grande nevrastenico, della letteratura italiana.Paolo e Maria vollero vedere anche il Museo d'Andropoli, che è alquanto discosto dalla capitale, e si vede da lontano; posto com'è sopra l'altipiano d'una vasta collina.
E' un immenso edifizio circolare e intorno ad esso gira un portico a colonne, dove nei giorni di pioggia passeggiano spesso e volontieri i cittadini di Andropoli.
Quella passeggiata è la prediletta degli uomini di studio, che sono sicuri di trovarvi sempre qualche letterato o qualche scienziato, che vi passa qualche ora, riposandosi delle fatiche del pensiero e godendo nello stesso tempo lo splendido panorama della città posta in basso; e dei giardini sparsi qua e là, fra quartieri e quartieri dell'immensa metropoli planetaria.
E' quello un luogo poco frequentato dalle signore galanti e dai ricchi oziosi e non vi si odon che dispute scientifiche e letterarie: tanto che in Andropoli, con un'ironia che pare un elogio, si - dice di un uomo saccente o di un saputello: tu sei un peripatetico o un uomo della galleria del Museo.
La satira però non attacca quella galleria, dove gli uomini più colti della città si istruiscono a vicenda, disputando e conversando in amichevoli parlari.
E la galleria è anche bella, ornata di piante peregrine sempre in fiore, che fanno risaltar meglio le candide statue, che si innalzano, fra esse e che sono erette ai più grandi uomini di ogni tempo e che si sono resi illustri nelle scienze, nelle lettere e nelle arti.
Quella mirabile corsìa ha fatto nascere l'idea di fondare un giornale ebdomadario, La Galleria del Museo, che pubblica, sotto forma di conversazioni, le controversie letterarie e scientifiche del giorno e che si fanno veramente in quel luogo o si immaginano avvenute.
Chi ha poco tempo o poco denaro per leggere molti giornali, anche colla sola lettura della Galleria del Museo, può dire di seguire il movimento del pensiero in tutto il mondo, tenendosi al corrente dì tutte le nuove scoperte, di tutte le nuove invenzioni.
Dalla galleria si entra per varie porte nel vero Museo che riunisce in un solo centro tutti i prodotti della natura e dell'uomo.
Il Museo di storia naturale è circolare anch'esso e gira intorno all'interno della galleria, e chi faceva tutto il giro poteva ben dire di aver fatto un viaggio intorno al mondo.
Infatti, partendo da un capo si incomincia a percorrere il mondo dei minerali e delle roccie, tutti quanti rappresentati da grossi e splendidi esemplari, che portano il nome del minerale e la sua provenienza.
In quel Museo l'analisi si alterna sempre colla sintesi; per cui nel dipartimento consacrato ai minerali, dopo averli veduti raccolti insieme secondo la loro natura, si vedono poi riuniti invece secondo il paese che li ha prodotti.
Così ad esempio, dove è rappresentata l'Italia minerale e geologica, vedete un campione di tutti i suoi minerali e poi spaccati bellissimi delle Alpi, dell'Appennino e delle roccie stratificate delle catene minori.
Dai minerali si passa al Regno delle piante e anche qui analisi e sintesi si danno la mano.
I funghi, le alghe, i licheni, gli organismi. più semplici del mondo vegetale aprono la schiera e gli esseri microscopici sono riprodotti in grandi proporzioni, onde a primo colpo d'occhio se ne possa vedere la struttura.
Questo per il volgo della gente colta; chè per gli studiosi di botanica, ogni creaturina è conservata in liquido antisettico, per poterla studiar col microscopio.
Le erbe, le piante, gli alberi più colossali sono riprodotti al vero coi loro fiori, coi loro frutti e queste copie formate di materie molto diverse e incorruttibili danno la perfetta illusione del vero. In apposito scaffale poi sì conservano le piante vere, diseccate o secondo i casi conservate in liquidi antisettici per poter servire alle ricerche degli studiosi.
Ogni pianta è esposta nella storia della sua evoluzione. Si vede cioè la pianta fossile, che era o si supponeva l'avo lontano delle specie viventi e poi una accanto all'altra le forme, che hanno con esse vincolo di parentela e di discendenza; come chi vedesse l'albero genealogìco di una famiglia umana. Già da molti secoli la paleontologia non è più una scienza a sé e disgiunta dalle sue sorelle e figliuole.
Il botanico, che studia una famiglia di piante, deve necessariamente conoscere la sua progenitura e così le specie fossili, da cui esse derivano. E ciò fa il zoologo per gli animali, e in tutti i musei accanto agli animali tuttora viventi si vedono sempre i loro antenati fossili, e così con un solo sguardo si può ammirare la meravigliosa evoluzione delle forme attraverso una continuità non mai interrotta di progresso.
Paolo e Maria, percorrendo la Sezione del Museo dedicato alle piante, si fermarono a lungo dinanzi ai quadri sintetici, riproducenti la flora di una data regione.
In quei quadri le piante non sono più distribuite secondo la loro parentela morfologica, ma bensì secondo la loro patria. Cercarono subito dell'Italia e la videro rappresentata mirabilmente da una flora alpina, da una flora marittima, e da altre flore minori; quali la palustre, l'insulare e parecchie altre.
Dove è rappresentata la flora alpina, non già in pittura, ma colle piante vere mirabilmente imbalsamate, tu vedi un alberetto d'abeto messo più in su di un faggio, che alla sua volta vede ai suoi piedi un castagno.
E l'abeto ha i suoi licheni, le sue borracine e intorno a sé le felci, i funghi, le sassifraghe e tutta la minuta e mirabile microflora delle più alte regioni.
I nostri viaggiatori si fermarono lungamente davanti ad uno dei quadri rappresentante la feconda e magica flora di una foresta tropicale e dove i rami degli alberi maggiori si intralciano colle liane, colle felci arboree; portando sulle loro spalle le più vaghe orchidee, e le altre cento piante parassite, che sovrappongono la vita alla vita, i colori ai colori, formando mazzi, che nessun giardiniere riuscirà mai a riprodurre nelle sue aiuole e nelle sue serre.
Da per tutto, dove in quel museo è riprodotta al vero la flora d'una data regione, è posta in uno stereoscopio la fotografia di scene prese dal vero e che riproducono il prato, la foresta, la palude; per cui fra la rappresentazione plastica e la riproduzione pittorica ognuno può con tutta evidenza ammirare la vita vegetale di un dato paese.
Anche le scene vegetali dell'antico mondo geologico sono riprodotte nel Museo, sia, colla plastica, sia con disegni e il visitatore, così come prima poteva fare un facile viaggio nello spazio, qui lo fa nel tempo; condensando in pochi istanti le emozioni del viaggiatore e delle storico.
Dalle piante si passa nel Regno degli animali e anche qui essi sono prima distribuiti per famiglie, generi e specie e varietà, e poi raggruppati insieme nella fauna di tutte le regioni del globo.
Ogni animale ha accanto a sé i suoi antenati geologici. Non tutti però, dacchè la palentologia antica non ha saputo trovare ancora gli avi preistorici dì ogni specie, nè la corteccia dei nostro pianeta è stata tutta dissodata e messa a nudo.
Ogni animale, oltre la sua storia attraverso i secoli, ha rappresentata anche l'evoluzìone attraverso i periodi della propria vita.
E così tu vedi per esempio l'uovo dell'aquila e il suo nido e poi l'aquilotto neonato, il giovane, l'adulto e il decrepito. E ogni specie presenta le sue varietà dovute al sesso, al clima e anche le sue forme patologiche.
Un'altra cosa si vede e che negli antichi Musei dei secolo XIX non si era neppur sognato dì fare.
Ogni animale ha cioè accanto a sé i propri parassiti, che sono riprodotti colla plastica con un forte ingrandimento. E così tu accanto al gallo vedi i suoi acari, i suoi vermi intestinali e tutti i microbi, che vivon sulla sua pelle e nei suoi visceri.
Anche per gli animali ogni regione del nostro pianeta ha rappresentata la propria fauna, dalle forme più alte alle più basse. E dove ti si presenta la ricca fauna dell'India tu vedi strisciare ai piedi del tigre, o della pantera e del cuon, il velenosissimo Cobra; mentre i piccoli pappagalli e gli avvoltoi sospesi ad arco rappresentano con altri infiniti uccelli la fauna ornitologica di quella terra feconda.
Gli animali come le piante si seguono secondo la loro gerarchia morfologica, per cui dai vermi, dai molluschi tu passi agli insetti, dagli invertebrati passi ai vertebrati secondo la loro scala ascendente, finché tu trovi dinanzi ai tuoi occhi il re planetario; l'uomo in tutte le sue forme preistoriche, protostoriche e moderne, trovandoti in un vero Museo d'antropologia.
Nell'anno 3000 si è già scoperto da parecchi secoli l'uomo terziario e l'antropomorfo, che per neogenesi lo aveva generato.
E subito dopo di lui ti vedi davanti agli occhi l'Adamo selvaggio e irsuto dell'epoca quaternaria, l'uomo delle caverne, l'uomo neolitico e infine tutta la lunga schiera di razze più moderne e che sono però già scomparse dalla superficie della terra; quali gli Australiani, i Maori, gli Ottentotti, i Boschimani, molti Negri, i Guarani e tante e tante altre razze, di cui per alcune però rimangon le traccie nei contemporanei del secolo XXXI.
Così nell'Africa non c'è più un solo negro puro, ma molte razze di mulatti ricordano l'antica origine. E in Malesia non più Malesi puri, ma parecchie razze malesoidi, nelle quali è entrata una ricca onda di sangue ariano. Anche la China non ha più dei veri e propri Mongoli, ma una razza nuova ibrida di Ariani, di Semiti, di Malesi e di Mongoli.
Le rapide e facili comunicazioni fra paese e paese e le profonde modificazioni dei climi avvenute per opera dell'uomo tendono ad ogni generazione a fondere indefinitamente le razze, creando un nuovo tipo, indefinitamente cosmopolita, frutto dell'incrociamento intimo e profondo di tante e tante razze, che per lunghi secoli eran rimaste isolate e disgiunte, facendosi paura reciproca e continua e distruggendosi a vicenda coi ferro, coi fuoco e più ancora col trasporto di terribili malattie infettive, che poi colla cresciuta civiltà sono quasi del tutto scomparse dalla superficie della terra.
Di molte razze preistoriche il Museo non conserva che pochi cranii e poche ossa, ma coll'induzione scientifica si sono indovinate le forme esteriori, mirabilmente riprodotte colla plastica in modo da far apparire come viventi uomini spenti da centinaia di secoli.
Quanto agli Australiani, agli Ottentotti e a tante altre razze moderne, ma pur scomparse, sono rappresentate da individui giovani, adulti e di ambo i sessi stupendamente imbalsamati. E accanto a questi e a quelli tu vedi le loro armi di pietra, le loro rozze stoviglie; tutti i poveri prodotti del loro cervello infantile.
La parte più curiosa però della sezione antropologica del grande museo zoologico di Andropoli è quella destinata a rappresentare gli uomini possibili dei pianeti.
Nell'anno 3000 fisici e astronomi sono tutti intenti a perfezionare il telescopio e si spera da un giorno all'altro di poter vedere gli abitanti di Venere, di Marte, di Mercurio e degli altri pianeti più vicini alla terra.
Ma già da alcuni secoli gli istrumenti astronomici si erano talmente perfezionati da far scorgere i mari, i monti, i fiumi e le foreste di quei mondi lontani, e su questi dati alcuni naturalisti, più ricchi di fantasia che di scienza, avevano immaginato quali potessero essere gli abitanti planetarii e li avevano fabbricati colla matita e colla plastica.
Queste ardite rappresentazioni si vedono tutte nel Museo col nome del naturalista, che le aveva sognate, e sono davvero curiose ed interessantissime.
Maria davanti a quegli esseri immaginarii era tutt'occhi, mentre Paolo, che anch'egli li vedeva per la prima volta, sorrideva e a quando a quando non poteva a meno di dare in uno scoppio di risa.
-O Maria mia, come son buffi questi angeli planetarii, come sono grotteschi, sopratutto come sono impossibili! Mi par che i naturalisti, che li hanno scoperti, dovevano conoscere ben poco l'anatomia comparata e ancor meno la biologia. Noi non possiamo immaginare che forme antropomorfe e cosi come gli antichi fondatori di teogonie non hanno saputo fabbricare i loro Dei che rivestendoli colla pelle umana, così questi bizzarri creatori di superuomini non hanno potuto uscire dal mondo umano e dal mondo animale.
-Guarda qui, questo abitante di Venere quanto è buffo! Gli hanno appiccicato due ali e questo è il sogno più antico, che ha creato gli angeli delle teogonie cristiane, delle maomettane e di tante altre religioni. L'uomo ha sempre desiderato di poter volare e attaccandosi due grandi ali di oca, di cigno o di aquila, ha fabbricato i suoi angeli. Ma questo abitante di Venere ha per di più anche un terzo occhio all'occipite, per poter vedere all'indietro, senza bisogno di voltarsi. L'unica cosa veramente geniale e che vedo qui rappresentata in questo superuomo è la separazione netta degli organi urinarii da quelli destinati alla riproduzione; fusione, che ha sempre fatto arrossire gli uomini di tutti i tempi e che parve a tutti un grande errore della natura, destinato a scomparire nel progresso morfologico degli animali superiori.
Maria arrossì senza rispondere e si mosse subito per guardare gli abitanti di Marte, di Mercurio e di Giove.
La più scapigliata fantasia aveva creato esseri mostruosi, strani, impossibili, che solo la penna dell'antico Doré avrebbe potuto rappresentare.
In tutti quei mostri però non si poteva trovare un solo organo, che già non esistesse nell'uomo o in altri animali, per cui la nuova creatura planetaria non era che un mosaico di membra diverse prese ora agli uccelli, ora ai pesci, o agli insetti o ai molluschi.
Tu vedi un superuomo coperto di penne Policrome, e che poteva quindi risparmiare il vestito.
Ne vedi un altro munito di un apparecchio elettrico, che può sprigionare correnti così formidabili da uccidere qualunque verme o animale egli volesse offendere.
In altri superuomini planetarii sono collocati or qua or là organi speciali per la sensibilità elettrica e la magnetica; ma se il fantasioso naturalista aveva saputo indovinare la funzione, non aveva però potuto crear l'organo e al suo posto si leggeva null'altro che organo dell'elettricità o organo magnetico.
Lasciando il Museo dei mostri planetarii creati dalla bizzarra fantasia di alcuni naturalisti dell'anno 3000, Paolo, ridendo per l'ultima volta, e più forte ebbe a dire:
- Oh quanti palmi di naso metteranno fuori questi sognatori, quando il telescopio ci avrà mostrati i veri abitatori degli altri pianeti!
E si diressero alla parte centrale del Museo, destinata non più ai prodotti della natura, ma a quelli dell'uomo.
Si leggono infatti sulle molte porte che danno adito a quella regione dappertutto le stesse parole: il lavoro umano.
La disposizione di questo dipartimento è davvero molto ingegnosa ed e fatta in modo da poter studiare ora una sola industria o forma di lavoro attraverso i tempi e i luoghi; ora invece tutta quanta l'industria di un solo popolo.
Chi percorre le sale, che si aprono l'una nell'altra circolarmente, studia una sola industria; chi invece le percorre dalla periferia al centro può ammirare tutte quante le forme di lavoro d'uno stesso popolo.
La passeggiata circolare è lo studio di una sola industria attraverso il tempo quella centrifuga è invece l'esame psichico di tutto un popolo.
In quella prima visita al Museo d'Andropoli i nostri viaggiatori non fecero che una rapida corsa, per averne un'idea generale, per ammirare i contorni, il profilo, direi, di quel gigantesco tesoro, che riunisce il frutto di tutti i travagli umani attraverso il tempo e lo spazio; e vi assicuro che quando se ne ritornarono a casa, erano stanchi non solo nelle gambe, ma più ancora nell'attenzíone sostenuta troppo a lungo e nel travaglio di tante sorprese e di tante emozioni.
In quel primo giorno, dopo un giro fatto attraverso tutte le industrie, fra i tanti raggi, che spiccano da quel circolo sintetico del lavoro umano, non entrarono che nella corsia destinata all'Italia e dove non ebbero luogo di arrossire, perché anche nell'anno 3000 questa terra, distesa mollemente fra due mari azzurri, quasi posta fra l'Occidente e l'Oriente, ha sempre conservato il primo posto nelle arti del bello e erede della grande civiltà greca ha avuto molte fioriture che si sono succedute le une alle altre come tante primavere.
E siccome nella prima sala, che apre la porta a tutte le cento successive, si vede rappresentato mirabilmente sopra una grande carta murale la linea, ora ascendente ora discendente delle principali forme del lavoro umano, Maria si fermò sopra una macchia nera, che sta disegnata sull'ultimo periodo del secolo XIX.
- E che cos'è, Paolo mio, quella macchia?
- E' una vergogna dell'antica arte italiana, ma che fortunatamente durò pochissimo. Sulla fine del secolo XIX vi fu un periodo di grande decadenza, specialmente nell'architettura e nella pittura. E allora gli artisti mediocri, che avevano troppa superbia per copiare l'antico, non sapendo creare nessuna nuova forma di bello, caddero nel grottesco e immemori di essere i figli di Raffaello, di Michelangelo, del Brunellesco, del Correggio e di tutta quanta una pleiade di ingegni divini fecero del brutto e dello strano un nuovo Dio, o per dir meglio un nuovo mostro dell'estetica, fondando la scuola degli impressionisti, del pointillè, dei decadenti, e tante altre mostruosità, che ora ci fanno ridere.
E figurati che in quel periodo. morboso dell'arte, anche i letterati si ammalarono dello stesso male e scrissero in un gergo così barocco, così goffo e mostruoso, da far perdere ogni senso di estetica al popolo più estetico, che dopo il greco, ha abitato il nostro pianeta. Fu una vera epidemia di prerafaellismo, di superumano, che travolse anche ingegni altissimi e potenti, come fu quello d'un abruzzese, certo Gabriele d'Annunzio, che se fosse vissuto in altri tempi, avrebbe potuto e saputo essere uno dei più grandi maestri dell'arte.
E invece non fu che un grande nevrastenico, della letteratura italiana.

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